giovedì 10 gennaio 2013

Superare la crisi senza morti e senza (troppi) feriti in Formiche gennaio

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OEconomicus
di Giuseppe Pennisi
Consigliere del Cnel e docente
presso l’Università europea di Roma
All’inizio di un nuovo anno che
si prospetta complesso sotto il
profilo sia politico (con tornate
elettorali) sia economico (con
un tasso di disoccupazione pari
ad oltre l’11% delle forze lavoro
e con la prospettiva di un Pil
in leggera crescita soltanto dal
secondo semestre), occorre
chiedersi se è possibile superare
la crisi senza morti e senza
(troppi) feriti. Siamo espliciti: di
feriti ce ne saranno tanti (tutti
coloro che perdono il lavoro e
il sogno di un futuro migliore).
Ci saranno anche morti, coloro
che non saranno più in grado di
tornare a un’esistenza personale e
professionale “normale”. Occorre,
però, ridurre al minimo sia i primi
sia i secondi nella consapevolezza
che non si potrà (come nel caso
di crisi precedenti) fare ricorso
all’aumento della spesa pubblica
per dare a tutti una rete di
sicurezza sociale.
In primo luogo, cerchiamo di
situare la crisi in un contesto più
vasto. Ammettiamo che si tratta
di fenomeno principalmente
europeo che proprio nel vecchio
continente ha le sue cause. In
Italia nessuno ha notato un ottimo
lavoro di Branko Milanovic della
Banca mondiale (World bank
policy research working paper
n. 6259). Lo studio è un’analisi
rigorosamente quantitativa
dell’andamento della distribuzione
del reddito dal 1988 al 2008,
venti anni caratterizzati dalla
globalizzazione. La conclusione
è che in questo arco di tempo,
per la prima volta dai tempi della
rivoluzione industriale, si è avuto
un declino delle diseguaglianze
mondiali (tra l’altro, circa un
miliardo e mezzo di persone sono
uscite dalla povertà assoluta – un
reddito pro-capite di meno di due
dollari al giorno). Tale tendenza
(un netto miglioramento rispetto
a quanto avvenuto, in tema di
distribuzione del reddito dal 1830
o giù di lì) continuerà – avverte
Milanovic – unicamente se i Paesi
a reddito intermedio proseguiranno
sul solco della convergenza
come hanno fatto specialmente
negli ultimi vent’anni e se verrà
ripensato lo Stato sociale nei Paesi
che ancora oggi si considerano
“ricchi”.
Non so se Milanovic ha letto un
breve saggio del 1930 e un libro
collettaneo appena arrivato in
libreria. In un discorso pronunciato
a Madrid nel 1930 sul tema
“prospettive per i nostri nipoti”,
John M. Keynes anticipava che,
in Europa (e nord America), il
progresso tecnologico sarebbe
stato tale che nella seconda metà
del secolo sarebbero mediamente
bastate tre ore di lavoro al giorno
“per soddisfare quel piccolo
Adamo che è in ciascuno di noi”,
ossia le esigenze di sopravvivenza.
Però, l’uomo e la donna non
possono vivere ed essere
contenti – sosteneva Keynes –
impegnandosi solo per tre ore
al giorno. Inoltre, il progresso
tecnologico avrebbe portato ad
un allungamento della vita umana
e, dunque, a maggiori esigenze
connesse al terzo tema. Keynes
non preconizzava un aumento della
spesa pubblica di parte corrente
per quello che chiamiamo lo Stato
sociale. Preconizzava, invece,
che il “tempo liberato” (da otto
a tre ore al giorno per il “piccolo
Adamo”) sarebbe stato dedicato
ad attività ad alto contenuto
sociale e culturale per arricchire la
comunità che ci circonda e, con
essa, ciascuno di noi.
Come farlo viene dettagliato
in molti lavori recenti sullo
Stato sociale di mercato, sulla
sussidiarietà, sulla Big society e
su quello che viene chiamato il
Terzo settore. Tra i tanti ho trovato
particolarmente stimolante il libro
collettaneo curato da Lorenza
Violini e Giorgio Vittadini La sfida
del cambiamento: superare la
crisi senza sacrificare nessuno.
Il volume è particolarmente
importante perché contiene sia
alcuni saggi a carattere teorico
(soprattutto sociologici) sia
proposte politiche ed operative –
per il “caso Italia” in materia di
valorizzazione aziendale, servizi
pubblici locali, politiche della
famiglia, servizi sociali, sanità,
supporto all’impiego. Potrà essere
di grande utilità a chi, dopo
le elezioni, avrà il compito di
governare l’Italia. Sempre che trovi
il tempo per leggerlo e meditarlo.
Superare la crisi senza
morti e senza (troppi) feriti

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