lunedì 7 gennaio 2013

Inizia a Roma la stagione della ‘Fondazione Scelsi’ in QuotidianArte 8 gennaio


martedì 8 gennaio 2013
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I concerti sono gratuiti ma vengono ammesse solamente 40 persone
Inizia a Roma la stagione della ‘Fondazione Scelsi’
Giuseppe Pennisi
Oggi 8 gennaio ricorrono 25 anni dalla morte di Giacinto Scelsi.
Viene ricordato con l’inizio della stagione concertistica 2013 nella sua casa romana di Via di San Teodoro 8 con vista sul Foro, dove ha sede la Fondazione che porta il nome suo e di sua sorella, dopo un’introduzione di Nicola Sani, Marianna Schroeder al pianoforte eseguirà la sua Suite No 2 “Les Douze Prophètes Mineurs” e il suo “Un Adieu” del 1978, nonché una sonata di Mozart.
I concerti dalla Fondazione Scelsi sono l’appuntamento più esclusivo della musica del Novecento in Italia. Sono gratuiti ma dato che avvengono nel salotto di una casa privata, piena di ‘memorabilia’ di tutto il mondo (in particolare dell’antica Asia), vi vengono ammesse solamente 40 persone. Occorre iscriversi a "museo", all’indirizzo museo@scelsi.it per ricevere il programma e prenotarsi.
Scelsi, nato nel 1905 a La Spezia e morto a Roma nel 1988, è ancora un enigma, nonostante la sua musica abbia influenzato intere generazioni in tutto il mondo e il suo interesse per lo spiritualismo orientale sia stato precursore di movimenti sviluppatisi in Europa e negli Usa negli Anni 70.
Di origine aristocratica, Scelsi ebbe una formazione scolastica e musicale inconsueta, con precettori privati e lezioni individuali. Nel corso della sua vita ha partecipato intensamente alle tempeste artistiche e culturali del proprio tempo, legandosi a figure come Jean Cocteau, Henri Michaux, Virginia Woolf, Walter Klein e grandi interpreti quali Nikita Magaloff e Pierre Monteux.
Una delle sue prime composizioni "Rotativa", in prima mondiale nella Sala Pleyel a Parigi, diretta da Monteux, il 21 dicembre 1931, lo impose all’attenzione internazionale. Alla fine degli Anni Trenta organizzò a sue spese una serie di concerti di musica contemporanea per fare conoscere giovani musicisti italiani e stranieri, fra i quali Kodaly, Meyerowitz, Hindemith, Schoenberg, Stravinskij, Schostakovitch, Prokofief, Nielsen, Janàcek, Ibert.
In Svizzera, durante la guerra mondiale, continuò una intensa attività culturale, sia poetica sia compositiva, iniziando un lavoro di tipo teorico, fondamentale per gli sviluppi futuri della propria musica.
Dedito anche alla produzione letteraria, si è intensamente interessato alle arti visive, in particolar modo all’arte informale, che ha attivamente sostenuto attraverso la creazione della Rome-New York Art Foundation.
La sua opera è difficilmente classificabile, tesa ad esplorare e catturare un suono nuovo, al di fuori del tempo ma al tempo stesso vivo, presente, moderno; un suono da inseguire nelle sue infinite metamorfosi. “Il sogno 101”è la sua autobiografia. Un’autobiografia assolutamente non convenzionale come lo è stato il dandy per tutta la vita . La prima parte è una raccolta di scritti inediti (musicali, filosofici e mistici, nonché profili delle numerose persone con cui Scelsi è venuto in contatto); gran parte di questi lavori sono venuti alla luce riorganizzando il suo enorme archivio ed aprendolo agli studiosi. La seconda parte è un poema visionario, registrato nel 1980 su nastro ma mai pubblicato, in cui Scelsi traccia “l’autobiografia della sua prossima incarnazione”, un viaggio astratto verso l’eterno e l’immateriale dove luce, suono, forme e immaterialità acquistano una dimensione onirica. L’opera, accompagnata da un ricco e rigoroso apparato critico per contestualizzarla nell’evoluzione biografica, storica e artistica dell’avventura umana di Scelsi, ci interessa perché il suo autore, mai considerato parte dell’“intellighentsia” che ha egemonizzato l’Italia per alcuni decenni, ha rischiato di essere coperto da una coltre di oblio se una Fondazione creata per ricordarlo non tenesse aperto un museo in quella che fu la sua abitazione e organizzasse raffinati concerti nella palazzina che, ai piedi del Campidoglio, sovrasta il Foro.
La pubblicazione dell’autobiografia prova che in Italia non c’è stata per decenni solo un’“intellighenstia” alla carbonara ma anche una che gustava il Meursault bianco (per l’ateo Balzac il vino che induce al dubbio sull’esistenza di Dio) ed era considerata all’avanguardia nel resto d’Europa mentre il secolo crudele passava da una tragedia ad un’altra.




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