“L’oro del Reno” a Palermo
Dei, nani e giganti tra psicoanalisi e guerre stellari
“Das Rheingold” (“L’oro
del Reno”), “vigilia” de “L’Anello del Nibelungo” (in breve, il Ring) è
l’inizio di un programma ambizioso: mettere in scena a Palermo l’intera
tetralogia: la ‘prima’ è martedì 22 gennaio, apertura della stagione lirica.
Oltre la “vigilia” (un atto unico di due ore e mezzo”), il lavoro comprende tre
“giornate” , ciascuna in tre atti, per complessive 14 ore abbondanti di musica.
Dato che lo stesso Wagner interruppe il progetto per 12 anni (dubitando di
poterlo portare in porto), il programma comprende pure l’allestimento delle due
opere (“Tristano ed Isotta” e “I maestri cantori di Norimberga”) che Wagner
compose prima di riprendere in mano il terzo atto di “Siefgfried” al punto in
cui lo aveva lasciato. L’idea ha una sua logica perché con “Tristano”, Wagner
cambiò il modo di scrivere musica e ciò si tocca con mano già nell’ultima parte
del “Ring”.
La città di Palermo, già cara a tanti artisti tedeschi e a Wagner (che vi trascorse i mesi invernali fra il 1881 e il 1882), torna così a “ospitare” il compositore tedesco realizzando il suo più ampio progetto musicale e drammaturgico. È auspicabile che l'occasione del “Ring” del bicentenario al Teatro Massimo, per la sua unicità nel panorama internazionale, possa essere l'occasione per molti appassionati di visitare a Palermo negli stessi mesi in cui vi soggiornò Wagner, nutrendosi dell'energia che, allora come oggi, si sprigiona dalla terra “dove fioriscono i limoni”. Così la ricorda Goethe, in un'espressione che è l'archetipo di ogni aspettativa riposta dai viaggiatori che, dal nord, sono sbarcati in Sicilia: con il progetto “Wagner a Palermo”, il Teatro Massimo tenta di rinverdire i fasti di una Palermo in cui il turista possa coniugare la “villeggiatura”, nel senso più alto del termine, con le moderne prerogative del turismo culturale. Le possibili ricadute sull'economia della città sono evidenti, come lo è la preziosa occasione divulgativa dell'ascolto del “Ring” per tutti gli appassionati locali, da tempo desiderosi di tale opportunità. Il Teatro Massimo – che nel 1881 era in fase di costruzione (l'inaugurazione è del 1897) – ha sempre mostrato attitudine per i titoli wagneriani, con una predilezione per “Lohengrin” (già nella seconda stagione del 1898 fino ad arrivare all'ultima edizione del 2009), senza tralasciare una rarità come “Das Liebesverbot” (in prima italiana nel 1991).
Tuttavia le esecuzioni wagneriane sono diventate sempre più sporadiche negli ultimi quarant'anni: l'occasione del bicentenario della nascita è apparsa quindi ottimale per presentare una nuova produzione del “Ring”, per la prima volta a Palermo in un'unica stagione. Gli appassionati ricorderanno ancora probabilmente l'edizione divisa in due anni che si vide al Massimo nel 1970 e nel 1971, diretta da Lovro von Matacic con un allestimento proveniente dal Teatro di Ginevra. Da allora questa è la prima volta che viene presentato, a Palermo un intero “Anello” in forma scenica. In “Das Rheingold” siamo nell’era primordiale. Il mondo, creato dalla Madre della Terra, Erda, è popolato da Dei, nani e giganti. Il nano Alberico, Re dei nani Nibelunghi, tenta di sedurre le figlie del Reno, che lo scherniscono per la sua bruttezza. Carpisce, però, il loro segreto: l’oro in fondo al fiume concede potere assoluto a chi lo detiene e rinuncia all’amore. Alberico ruba l’oro. Nel contempo il Re degli Dei, Wotan, si è fatto costruire dai giganti un degno Palazzo, il Walhalla, promettendo in pagamento la bella dea della giovinezza Freia. Non vuole, però, mantenere la parola perché la partenza di Freia vorrebbe dire invecchiamento e morte degli stessi Dei. Su suggerimento dell’astuto Dio del Fuoco Loge, Wotan truffa Alberico (il quale lancia una maledizione) e si impadronisce dell’anello. Propone ai Giganti di dar loro in pagamento il tesoro del Nibelungo ma non l’anello. I Giganti chiedono anche questo (il vero strumento di potere); la maledizione scatta immediatamente. Uno dei due Giganti uccide l’altro per il possesso dell’anello. Mentre gli Dei accedono al Palazzo, Loge preconizza la fine di Wotan e congiunti e le ondine piangono la perdita di oro ed anello.
Ci sono vari modi per mettere in scena “Das Rheingold” Spesso, la complessa vicenda è stata letta come crisi della civiltà industriale (in linea con un allestimento di Patrice Chéreau del 1976 –1980 a Bayreuth) ed ad essa veniva dato un forte piglio cinematografico .In altre, la chiave di lettura intende essere una psicologia del profondo in senso junghiano, imperniata su Wotan, il quale tradisce le stesse regole da lui fatte, ma il clima è da kolossal , da “Guerre Stellari”. Vige ancora il mistero più profondo sulla lettura che ne daranno Graham Vick – regia- Richard Hudson- scene e costumi- Pietari Inkinen, direttore d’orchestra.: lo spettacolo è appositamente ispirato e concepito per gli spazi del grande teatro palermitano e le ‘prove’ sono state rigidamente chiuse.
La città di Palermo, già cara a tanti artisti tedeschi e a Wagner (che vi trascorse i mesi invernali fra il 1881 e il 1882), torna così a “ospitare” il compositore tedesco realizzando il suo più ampio progetto musicale e drammaturgico. È auspicabile che l'occasione del “Ring” del bicentenario al Teatro Massimo, per la sua unicità nel panorama internazionale, possa essere l'occasione per molti appassionati di visitare a Palermo negli stessi mesi in cui vi soggiornò Wagner, nutrendosi dell'energia che, allora come oggi, si sprigiona dalla terra “dove fioriscono i limoni”. Così la ricorda Goethe, in un'espressione che è l'archetipo di ogni aspettativa riposta dai viaggiatori che, dal nord, sono sbarcati in Sicilia: con il progetto “Wagner a Palermo”, il Teatro Massimo tenta di rinverdire i fasti di una Palermo in cui il turista possa coniugare la “villeggiatura”, nel senso più alto del termine, con le moderne prerogative del turismo culturale. Le possibili ricadute sull'economia della città sono evidenti, come lo è la preziosa occasione divulgativa dell'ascolto del “Ring” per tutti gli appassionati locali, da tempo desiderosi di tale opportunità. Il Teatro Massimo – che nel 1881 era in fase di costruzione (l'inaugurazione è del 1897) – ha sempre mostrato attitudine per i titoli wagneriani, con una predilezione per “Lohengrin” (già nella seconda stagione del 1898 fino ad arrivare all'ultima edizione del 2009), senza tralasciare una rarità come “Das Liebesverbot” (in prima italiana nel 1991).
Tuttavia le esecuzioni wagneriane sono diventate sempre più sporadiche negli ultimi quarant'anni: l'occasione del bicentenario della nascita è apparsa quindi ottimale per presentare una nuova produzione del “Ring”, per la prima volta a Palermo in un'unica stagione. Gli appassionati ricorderanno ancora probabilmente l'edizione divisa in due anni che si vide al Massimo nel 1970 e nel 1971, diretta da Lovro von Matacic con un allestimento proveniente dal Teatro di Ginevra. Da allora questa è la prima volta che viene presentato, a Palermo un intero “Anello” in forma scenica. In “Das Rheingold” siamo nell’era primordiale. Il mondo, creato dalla Madre della Terra, Erda, è popolato da Dei, nani e giganti. Il nano Alberico, Re dei nani Nibelunghi, tenta di sedurre le figlie del Reno, che lo scherniscono per la sua bruttezza. Carpisce, però, il loro segreto: l’oro in fondo al fiume concede potere assoluto a chi lo detiene e rinuncia all’amore. Alberico ruba l’oro. Nel contempo il Re degli Dei, Wotan, si è fatto costruire dai giganti un degno Palazzo, il Walhalla, promettendo in pagamento la bella dea della giovinezza Freia. Non vuole, però, mantenere la parola perché la partenza di Freia vorrebbe dire invecchiamento e morte degli stessi Dei. Su suggerimento dell’astuto Dio del Fuoco Loge, Wotan truffa Alberico (il quale lancia una maledizione) e si impadronisce dell’anello. Propone ai Giganti di dar loro in pagamento il tesoro del Nibelungo ma non l’anello. I Giganti chiedono anche questo (il vero strumento di potere); la maledizione scatta immediatamente. Uno dei due Giganti uccide l’altro per il possesso dell’anello. Mentre gli Dei accedono al Palazzo, Loge preconizza la fine di Wotan e congiunti e le ondine piangono la perdita di oro ed anello.
Ci sono vari modi per mettere in scena “Das Rheingold” Spesso, la complessa vicenda è stata letta come crisi della civiltà industriale (in linea con un allestimento di Patrice Chéreau del 1976 –1980 a Bayreuth) ed ad essa veniva dato un forte piglio cinematografico .In altre, la chiave di lettura intende essere una psicologia del profondo in senso junghiano, imperniata su Wotan, il quale tradisce le stesse regole da lui fatte, ma il clima è da kolossal , da “Guerre Stellari”. Vige ancora il mistero più profondo sulla lettura che ne daranno Graham Vick – regia- Richard Hudson- scene e costumi- Pietari Inkinen, direttore d’orchestra.: lo spettacolo è appositamente ispirato e concepito per gli spazi del grande teatro palermitano e le ‘prove’ sono state rigidamente chiuse.
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