giovedì 27 aprile 2017

L'amico americano per l'opera italiana in Formiche mesione maggio



L’AMICO AMERICANO PER L’OPERA ITALIANA
Beckmesser

Il teatro lirico italiano è non da oggi in affanno. Ci sono proteste e scioperi nei confronti ‘legge Bray’ che avrebbe risolvere i problemi ma il cui esito probabile sarà la retrocessione di alcune fondazioni liriche a teatri di tradizione. C’è , però, chi segue strade nuove . Come il Teatro lirico della piccola Cagliari (150.000) abitanti, ora guidata da Claudio Orazi il quale che ha portato un vento di innovazione allo Sferisterio di Macerata ed all’Arena di Verona (come documentato nel suo libro Lo Sguardo Riflesso Zecchini Editore, 2017). Ora da Cagliari ha lanciato un’alleanza organica con alcuni teatri d’opera americani. Non sono mancate collaborazioni della Scala e del Teatro dell’Opera di Roma ma si è trattato soprattutto di noleggio di spettacoli.
‘Con il debutto newyorkese della Campana sommersa di Ottorino Respighi, avvenuto al Metropolitan Theatre il 24 novembre 1928 sotto la direzione di Tullio Serafin, -ci ricorda Orazi-  l’opera italiana negli Stati Uniti, ormai al culmine della popolarità, compiva un secolo di storia. ‘
‘ Una storia precorsa – aggiunge- dall’intensa seminagione culturale di Lorenzo Da Ponte, culminata nel 1825 con l’assegnazione della prima cattedra di Letteratura Italiana in un’università americana, l’allora Columbia College. Da quegli scranni, non meno che dalla sua libreria italiana a Broadway, egli insegnò agli americani ad amare l’opera, ben sapendo «quali e quanti vantaggi ne ricaverebbe la nostra letteratura, e quanto si diffonderebbe la nostra ‘
Il successo, culminato con una recita fuori programma del Don Giovanni, fu tale da spingere Da Ponte stesso a tornare in scena: prima come librettista, con la quarta e ultima versione dell’Ape musicale, rappresentata al Park Theatre il 20 aprile 1830; poi come impresario, con la fondazione in Church Street dell’Italian Opera House, inaugurata nel 1833 con un allestimento della Gazza ladra dell’amato Rossini. Il messaggio culturale, forte e chiaro, puntava fin dall’inizio a radicarsi nell’identità statunitense, a partire dalla scelta dei luoghi: già ottant’anni prima che Giacomo Puccini portasse al Metropolitan un’opera di soggetto americano con La fanciulla del West (10 dicembre 1910),
L’ape musicale), La fanciulla del West e La campana sommersa costituiscono le tre ideali campate di questo grande ponte  gettato tra Italia e Stati Uniti quasi due secoli fa. Accomunarle in un unico disegno produttivo significa ripercorrerne consapevolmente le tappe nella prospettiva di un’opportuna celebrazione. Non meno importanti, in tal senso, sono le affinità elettive che legano comunque i tre autori, soprattutto per il tramite di Respighi: tempratosi, da un lato, nel segno del recupero dell’antico e ,dall’altro, in quel gusto per l’orchestrazione che gli guadagnò la stima e l’amicizia di Puccini. Il quale subito dopo il trionfo della Fanciulla del West accarezzò l’idea di mettere in musica un dramma (Hanneles Himmalfahrt) di Gerhart Hauptmann, lo stesso autore – e qui il cerchio si chiude – della Campana sommersa.
L’accordo di cooperazioni si fonda su queste radici storiche .E’ stato inaugurato alla New York City Opera (31 marzo - 1, 4, 5 aprile 2017) dove sarà rappresentata La campana sommersa di Ottorino Respighi, una nuova produzione del Teatro Lirico di Cagliari Il 23, 27, 29 aprile 2017 debutterà all’Opera Carolina di Charlotte, La fanciulla del West di Giacomo Puccini, una nuova coproduzione internazionale tra Teatro Lirico di Cagliari, Opera Carolina, New York City Opera e Teatro del Giglio di Lucca. Andrà anche a Lucca e Pisa.
Nell'estate 2017 debutterà a Cagliari e nei diversi siti archeologici della Sardegna la terza nuova produzione internazionale: L'ape musicale di Lorenzo Da Ponte che si vedrà a New York ed altre città USA.

Protezionismo: chi semina vento

Nell’ultimo rapporto sull’economia
internazionale, l’Ocse
sottolinea che il protezionismo
è il pericolo maggiore che oggi
corre l’economia mondiale: un
grafico presente nel documento
mostra che circa il 10% dei
posti di lavoro negli Usa dipendono
dal commercio globale;
in Italia e nel Regno Unito
quella cifra supera il 20% e in
Germania si avvicina al 30%.
In caso di una nuova ondata
di protezionismo, perderemo
tutti – chi più chi meno. Eppure,
dall’aprile 1995, il mondo si è
dato un corpo giuridico per evitare
nuove ondate protezionistiche
e meccanismi istituzionali
per farli rispettare. L’Organizzazione
mondiale del commercio
(Omc), a cui aderiscono circa
170 Paesi – a cui se ne aggiunge
un’altra ventina con ruolo
di osservatori – è il cardine
del sistema. Nell’istituire e
disciplinare il mercato globale,
l’Omc ha ridotto la ragion
d’essere dell’Unione europea in
numerose materie attinenti il
commercio. Dagli Ogm al made
in, dagli aiuti di Stato alla tutela
della salute: il mercato si fonda
sulle regole Omc. La stessa Ue è,
del resto, un membro Omc con
funzioni limitate: non ha diritto
di voto, non paga i contributi, è
portavoce degli Stati membri se
concordano ciò che deve dire, è
socio aggregato senza dignità e
rango statuali. Anzi, alcuni Stati
Ue hanno persino fatto ricorso
all’Omc senza il canale Ue; in
un caso, la Danimarca si è persino
rivolta all’Omc contro quella
Ue di cui è Stato membro.
Circa un mese fa, gli Stati
Uniti hanno annunciato che, se
alcuni Stati – principalmente
dell’Ue – non si mettono in
regola, specialmente in materia,
applicherà dazi di ritorsione
nei loro confronti. In punta
di diritto, non è una richiesta
pretestuosa: diversi Stati Ue
sono stati condannati nelle sedi
giurisdizionali dell’Omc nel
non lontano 2009: per evitare
i dazi di ritorsione è stato
aperto un negoziato che non ha
portato a nulla. Quindi, gli Usa
hanno annunciato di applicare
le misure loro autorizzate dal
diritto internazionale. Chi vuole
saperne di più, legga il saggio
di Dario Ciccarelli che, per
quattro anni, ha rappresentato
l’Italia ai tavoli Omc, Il Trattato
Istitutivo dell’Omc e lo status
giuridico dell’Unione Europea
dal 15 aprile 1995, apparso nel
fascicolo gennaio-aprile 2014
della Rivista della cooperazione
giuridica internazionale; oppure
si rivolga a studi legali ginevrini
specializzati in queste materie
come Byrne-Sutton Bollen
Kern; oppure, ancora, consulti
scritti di Giuseppe Tesauro e
Sabino Cassese. Senza dubbio,
il presidente degli Stati Uniti,
Donald Trump, è quantomeno
pittoresco nel fare dichiarazioni
e annunciare provvedimenti.
E la stampa italiana ha creato,
sull’annuncio di The Donald in
materia di dazi, un elemento di
distrazione di massa dai problemi
nostri e dell’Ue. Nessuno si è
chiesto perché l’Italia, la Francia
o la Germania non siano corse
all’Omc per fare un ricorso o
aprire un contenzioso. L’Ue non
poteva farlo perché non è uno
Stato e perché, comunque, le
avrebbero risposto che l’Omc
era già andata a sentenza nel
2009 e che se le parti non avevano
raggiunto un accordo, era
naturale che i dazi di ritorsione
autorizzati nel 2009 venissero
applicati. Non si intende
difendere l’amministrazione
Trump, che già nella campagna
elettorale nel 2016 ha specificato
che lo slogan “America
first” contiene un’ampia dose di
protezionismo. Nell’attaccare,
a torto o a ragione, la politica
commerciale di Washington,
si sarebbe dovuto scegliere un
caso migliore. Si sarebbe evitata
la gaffe, ricordato all’Ue quali
sono i suoi limiti e non attizzato
il fuoco protezionista che in
Europa è sempre acceso, come
dimostrato dalla rottura del
negoziato transatlantico sul
commercio e gli investimenti,
nonostante siano i consumatori
e i produttori europei a rimetterci
di più.
Ma chi semina vento, raccoglie
tempesta.
*Presidente della commissione
Informazione del Cnel
e del comitato scientifico
del Centro studi impresa lavoro
di Giuseppe Pennisi*
Protezionismo: chi semina vento…
OECONOMICUS
51

La Berlin Staatsoper ricorda i 25 anni di Capaci in Tempi del 27 aprile



La Berlin Staatsoper ricorda i 25 anni di Capaci

aprile 27, 2017 Giuseppe Pennisi
È un’opera di teatro musicale, dedicata a perpetuare e trasmettere la memoria di Giovanni Falcone attraverso il linguaggio della musica e del teatro



Per il mondo musicale la ricorrenza è passata in cavalleria. Non per il maggior teatro tedesco, la Staatsoper di Berlino, dove a 25 anni e pochi giorni dalla strage di Capaci, va in scena, il 28 maggio, la prima de “Il tempo sospeso del volo”. È un’opera di teatro musicale, dedicata a perpetuare e trasmettere la memoria di Giovanni Falcone attraverso il linguaggio della musica e del teatro. Una prima versione dell’opera è andata in scena il 10 ottobre 2007 a Reggio Emilia, accolta con emozione dagli spettatori e della critica per la sua capacità di evocare una figura centrale per il nostro paese; il pubblico, reso parte integrante dello spettacolo dalla scenografia che ricorda l’aereo dell’ultimo volo del giudice, è stato profondamente coinvolto e spinto a ricostruire la propria memoria dei fatti. Il lavoro è stato aggiornato e ri-orchestrato per il debutto a Berlino
La musica di Nicola Sani prevede, oltre all’organico strumentale, 3 cantanti, 2 attori, coro femminile, oltre ad un sistema di diffusione multicanale e di live-electronics; il libretto di Franco Ripa di Meana è interamente costruito da materiale d’archivio, montato secondo una drammaturgia serrata, antiretorica e non sentimentale.
È il venticinquesimo anniversario (23 maggio 1992) della strage di Capaci, nella quale persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: riprendere oggi a Berlino “Il Tempo sospeso del volo” significa sottolineare che il teatro musicale può farci riflettere sulla storia recente, aiutando la costruzione di una possibile memoria collettiva.
In questa prospettiva è stata realizzata questa nuova versione dell’opera, che antepone al titolo originale il nome di “Falcone”, più adatta a circuitare con facilità.
La produzione della Staatsoper di Berlino è completamente nuova, interamente in lingua tedesca (il libretto di Franco Ripa di Meana, basato su documenti della cronaca del tempo è stato tradotto), con una nuova strumentazione e con un cast tedesco, per favorire la migliore comprensione del testo, molto importante per la ricezione di questo lavoro, presso il pubblico tedesco. La regia è stata affidata a Benjamin Korn, profondo conoscitore delle vicende politiche italiane. Egli stesso è una figura molto conosciuta in Germania, non soltanto come regista teatrale, ma anche come opinionista sulle questioni politiche e sociali. Ad interpretare la figura di Giovanni Falcone è Andreas Macco, uno dei bassi più interessanti della nuova generazione. Dirige David Coleman, uno dei migliori conoscitori della musica d’oggi.
L’Istituto Italiano di Cultura di Berlino ha dedicato, il 23 aprile, a questo importante evento un incontro dibattito che ha avuto luogo il 23 aprile, con esponenti del mondo culturale e del giornalismo politico.
Lo spettacolo prevede no spazio comune per gli esecutori e per il pubblico: al centro di questo spazio, le due poltrone d’aereo dell’ultimo volo di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo Falcone. Gli spettatori, come i protagonisti, avranno della vicenda una visione frammentaria, spesso duplice; grazie ad un impianto scenico molto coinvolgente, che simula al tempo stesso lo spazio di un aereo e l’aula di un tribunale, saranno letteralmente inghiottiti dall’azione. I musicisti e il coro – presenti ma non partecipi dell’azione – assieme alla diffusione acustica ed elettronica a dieci canali, daranno vita a un ambiente sonoro anch’esso sospeso, come sospesi nello spazio saranno i cantanti, gli attori e il pubblico. Nell’ambiente adatto e riconfigurabile della Werkstatt (il palcoscenico della Staatsoper dedicato all’opera contemporanea) le parole del libretto, parole già pronunciate nel passato, avranno una nuova vita, una definizione immediata che le renderà parole di teatro.
Foto di Gianmarco Bresadola

ZEMLINSKY-MAHLER in Musica maggio



Roma, Accademia Nazionale di Santa Cecilia
ZEMLINSKY-MAHLER Sinfonietta Op.23- Sinfonia n.1 in re minore Il Titano Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia – Direttore Vladimir Jurowski
L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha organizzato il 30 ed il 31 marzo un convegno internazionale sulla seconda scuola di Vienna. Un’iniziativa importante realizzata in collaborazione con la Società Italiana di Musicologia , Institut für Musikwissenschaft und Interpretationsforschung, l’Università di Roma Tor Vergata,la Biennale e la Fondazione  Luigi Nono di Venezia, il Conservatorio Verdi di Milano ed il Conservatorio ‘A.Casella’ de L’Aquila. Il convegno è intitolato ‘Vienna  1884 .1834’ E’ stata un’iniziativa particolarmente significativa in una città dove il pubblico della musica colta si divide in due gruppi : i tradizionalisti per i quali la musica ‘grande’ termina a metà ottocento e gli innovatori che seguono solo l’avanguardia- con la conseguenza che la musica del periodo tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento viene poco eseguita e, quindi, ancor meno, frequentata. Il convegno si inquadra nella strategia del nuovo Sovraintendente di preparare e rinnovare il pubblico.
Quasi in contemporanea con il convegno, nella stagione in abbonamento, si è tenuto dal 31 marzo al primo aprile un concerto , diretto da Vladimir Jurowski con la Sinfonietta Op.23- di Zemlinski nella prima parte e la Sinfonia n.1 in re minore Il Titano nella seconda. I due lavori abbracciano il periodo ed il clima della ‘Vienna 1884-1934’ I rigoristi potrebbero dire che si tratta di composizioni essenzialmente tonali e che , quindi, escludono la musica atonale e la dodecafonia , da numerosi musicologi considerate come il maggior apporto agli stili musicali della Vienna dei primi decenni del Novecento storico. Tuttavia, questi generi mal si adattano alla Sala Santa Cecilia concepita per la sinfonica con grande organico e sono comunque spesso presenti nella stagione cameristica dell’Accademia e in altri programmi di ‘Musica per Roma’ al Parco della Musica.
E’ , invece, importante notare che si tratta quasi di due prime assolute, almeno per Roma. La Sinfonietta Op.23- di Zemlinski non stata eseguita nei concerti dell’Accademia prima del 30 marzo 2017 e la versione iniziale e completa della Sinfonia No 1 Il Titano, pur eseguita una trentina di volte nelle stagioni sinfoniche dell’Accademia, unicamente nel 1979 era stata presentata nella versione iniziale con il secondo movimento (andante) chiamato Blumine.Questo movimento era stato eseguito nelle tre prime esecuzioni della sinfonia a Budapest, Amburgo e Weimar ma non era piaciuto al pubblico perché troppo avanti rispetto ai gusti di fine Ottocento. Mahler stesso aveva deciso, a malincuore, di tagliare gli otto minuti , pur se li considerava ‘ la mia composizione più ardita’.

La  Sinfonietta è del 1934 . Segna la fine della ‘seconda scuola di Vienna’. Sembra imparentata con l’austero mondo neoclassico di Paul Hindemith e di Kurt Weill nonché di Igor Stravinskij , compagno di esilio americano di Zemlinski. Non è affatto un lavoro arido e la lettura che ne da Vladimir Jurowski è eccellente, piena di ritmo e di vigore, specialmente nel secondo movimento (Ballade). Il pubblico ha reagito con applausi molto calorosi. E’ possibile che la  Sinfonietta venga ripresa nelle stagioni sinfoniche dell’Accademia.
La Sinfonia No 1 Il Titano di Mahler è stata recensita più volte in questa rivista, tanto in esecuzioni dal vivo quanto in registrazioni discografiche. Per me è stato quasi naturale raffrontarla con l’ultima esecuzione dal vivo ascoltata nell’aprile 2016 al Festival Le Printemps des Arts a Monte-Carlo. Daniel Harding dirigeva l' Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo e la prima parte del concerto era dedicata all’adagio dell’incompiuta Decima Sinfonia. Harding giustappose i due brani . Nell’adagio della incompiuta Decima , composto quando Mahler sapeva che la sua avventura terrena stava per terminare, entrò nei misteri della vita e della morte. Interpretò invece la Prima Sinfonia (composta ventisette anni prima) come una visione gioiosa della vita con richiami a una notissima canzonetta per bambini ed una vera esplosione di speranza nel finale.
Differente la lettura di Jurowski . Condivide con Harding il braccio largo e l’aspetto atletico. La sua interpretazione è altamente drammatica . Ha tratto il meglio dall’orchestra , specialmente in termini di dinamismo e ha dimostrato una perfetta comprensione di questa difficile partitura. Si è meritato dieci minuti di ovazioni.

Se si cominciasse ad apprezzare la musica sin dalla nascita in Musica maggio



Se si cominciasse ad apprezzare la musica sin dalla nascita
Giuseppe Pennisi
Bastano poche cifre dagli ultimi annuari SIAE per capire quanto profonda sia in Italia la crisi della musica in generale e della lirica in particolare . In termini di rappresentazioni la lirica copre circa il 3% del comparto ‘teatro’ (ossia poco più del teatro per burattini e per marionette) ma conta per quasi la metà della spesa al botteghino ed ha un decimo del pubblico totale. Nonostante circa la metà del Fondo Unico per lo Spettacolo sia dedicata alle 12 fondazioni lirica ed all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, e nonostante i piani straordinari di risanamento straordinari (come la Legge Bray), alcune fondazioni sembrano essere permanentemente in crisi, tormentate dalla difficoltà di far quadrare i conti, scioperi e soprattutto perdita di pubblico. Non esiste infatti nella patria della lirica  un pubblico specificamente formato all’ascolto della musica colta: a fronte dei 9 italiani su 100 che nel 2013 andavano all’opera o ad  un concerto, più del doppio (19) andava a teatro, ancora qualcuno in più (21) si recava in un sito archeologico e circsa il triplo (26) andava a una mostra o in un museo. A rincarare la dose è il dato proveniente dalla fruizione culturale su internet, dove tra i vari settori di navigazione possibili (monumenti e siti archeologici, musei e mostre, teatro, cinema, ecc.), nel 2013 quello lirico - sinfonico contava l’afflusso meno significativo: 9,5 persone su 100.
Negli ultimi tre anni , la situazione è peggiorata. Alla stessa Scala si vedono spesso file vuote e l’Opera di Firenze non regge più di tre repliche per opera (sovente a sala semi-deserta). Un’inchiesta della consorella Classic Voice mostra che alcune fondazioni hanno risposto aumentando i prezzi dei biglietti nella convinzione di attirare pubblico scelto anche dall’estero. Oggi , secondo l’inchiesta, La Scala è il teatro più caro d’Europa, ma ha perso pubblico pagante. La domanda è fortemente elastica ai prezzi, specialmente in una crisi dell’economia reale che dura da cinque anni.
Vanno meglio i ‘circuiti’ dei teatri di tradizione, due -quattro repliche per ogni produzione  (di cui una per gli studenti) in ciascuna città, dove la rappresentazione è spesso un evento che affolla il teatro. Un ‘circuito ‘ di quattro – otto fa un bel pacchetto di repliche.
Vanno benissimo i ‘circuiti’ e le opere per ragazzi: quello orchestrato dallo As.Li.Co con fulcro a Como presenta, questa stagione, un adattamento del Barbiere di Siviglia per tre fasce di età (in co-produzione con il Gran Teatro Liceo di Barcellona): unicamente in Italia ha in programma 140 repliche. Altri spettacoli lirici, come Mila, Maya ed il Giro del Mondo  di Franceschini, sono stati co-prodotti con ‘circuiti’ tedeschi e francesi superando le 200 repliche. In tal modo , non solo si ammortizzano i costi, ma –questo è l’aspetto più importante – si preparano le nuove generazioni a sostituire un pubblico sempre più anziano. E’leva sui cui contare.
Nei Paesi di cultura austro-tedesca e negli Stati Uniti lo hanno capito prima di noi. Non solo c’è una linea specifica di produzione di opere per bambini a ragazzi (si pensi a Britten, a Menotti, a Henze , a Humperdinck) ma in quasi tutte le scuole secondarie ci sono teatrini per mettere in scena opere (o commedie musicali) per ragazzi ed in alcune anche per bambini. Ho vissuto tre lustri a Washington; nel periodo natalizio, l’opera di Menotti Amahl and the Night Visitors veniva rappresentata, in periodo natalizio, in  almeno in due teatri (con differenti produzioni) e vi andavo con i figli (la bambina alle elementari ed il bambino ancora all’asilo) che si appassionavano alla vicenda, alla musica, alle scene ed ai costumi.
Le opere di un compositore italiano Pierangelo Valtinoni che si è specializzato in questo filone si sono viste in Italia per una ventina di repliche; la sua più nota Pinocchio ha girato il mondo con 160 repliche;un’altra La Regina della Neve è in repertorio alla Komische Oper di Berlino ed una terza Il Mago di Oz è stata commissiona dalla Operhaus di Zurigo.
Opera Education sostiene con non è mai troppo presto. E’ al terzo anno un programma – a Roma gestito con l’Accademia Filarmonica Romana- di ‘concerti’ per piccoli dai 0 ai tre anni : Opera Baby, un’esperienza musicale visiva e tattile al tempo stesso. Alla Sala Casella, i bambini ciascuno con un genitore si accomodano su un grande tappeto e prendono conoscenza di strumenti e di canto.