martedì 31 ottobre 2017

L’omaggio di Palermo a Salvatore Sciarrino in Formiche 31 ottobre



L’omaggio di Palermo a Salvatore Sciarrino
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L’omaggio di Palermo a Salvatore Sciarrino
L'articolo di Giuseppe Pennisi
Salvatore Sciarrino, (nella foto), è uno dei maggiori musicisti mondiali degli ultimi cinquanta anni. È quindi naturale che in occasione dei suoi 70 anni, il Teatro della sua città, il Teatro Massimo di Palermo gli offra un omaggio di interesse internazionale. Quattro giorni che prenderanno il via mercoledì 1 novembre con l’esecuzione dell’integrale dell’opera di Sciarrino per flauto, per culminare venerdì 3 e sabato 4 novembre con la prima rappresentazione italiana dell’opera Superflumina nel nuovo allestimento del Teatro Massimo, direttore Tito Ceccherini, regia, scene e costumi Rafael R. Villalobos, Orchestra e Coro del Teatro Massimo. Un allestimento che esplora le possibilità visuali e acustiche del Massimo. L’azione si svolge anche in platea, dove sono state rimosse le poltrone, mentre il coro sta sul palcoscenico e il pubblico si affaccia dai palchi.
“Un grande omaggio a uno dei più grandi compositori del nostro tempo che qui a Palermo è nato – dice il sovrintendente Francesco Giambrone – e che ha portato il suo talento e la sua musica in tutto il mondo. E inoltre un altro segnale dell’interesse del Teatro Massimo per i nuovi linguaggi e la musica del nostro tempo”.
La donna, protagonista dell’opera, è Valentina Coladonato; un giovane/voce lontana è Riccardo Angelo Strano, un passante/un poliziotto è Salvatore Grigoli. Altoparlante femminile Antonella Infantino, altoparlante maschile Alberto Cavallotti ed Ernesto Marciante.
L’opera Superflumina (il cui titolo è tratto dal Salmo biblico 136/137 Super flumina Babylonis), composta su commissione del Nationaltheater di Mannheim nel 2010 ed eseguita per la prima volta il 20 maggio 2011 nello stesso teatro, è una riflessione sull’emarginazione e la solitudine umana ispirata al romanzo autobiografico “By Grand Central Station I sat down and wept” pubblicato nel 1945 della scrittrice canadese Elizabeth Smart, un grido di dolore e di amore riferito alla sua travagliata e contrastata relazione adulterina con il poeta inglese George Baker, da cui ebbe quattro figli.
Una donna sola (e nel romanzo, incinta) si aggira in una grande stazione attendendo un uomo mentre i passanti la scansano e la insultano e gli annunci degli altoparlanti (realmente registrati nelle stazioni tra il 2003 e il 2006) annunciano ritardi e guasti. La donna incontra un altro disperato come lei, ma i due dopo essersi avvicinati, vanno ognuno per la propria strada, e anche un poliziotto la maltratta, interrogandola senza compassione. Lei canta tre canzoni, che descrivono la ricerca del cibo nella spazzatura, il sonno tra i cartoni e le bottiglie che rotolano, i parassiti e il disprezzo che gli emarginati subiscono quotidianamente. All’alba è ancora sola, e continua a invocare l’uomo che ha atteso invano.
“La solitudine – scrive Sciarrino – non è che la superficie dell’abbandono. Esso provoca ferite ben più profonde, invisibili, di cui si son perse le tracce: il loro grido può risvegliarsi tragicamente in ciascuno di noi, in qualsiasi momento. Da sempre mendicanti e vagabondi fanno parte del paesaggio urbano, la storia della pittura anzi li ostenta in primo piano. Oggi fingiamo di non vederli eppure sono dappertutto: sulle rive delle strade, in centro o in periferia, ai giardini, che rappresentano il simbolo distillato dell’ordine cosmico, proprio quello che la semplice presenza di un essere degradato mette in discussione. La certezza della deriva, del disastro universale che questi naufraghi incarnano ai nostri occhi, è ciò che irrita di più e ne rende odioso il contatto. Non ci accusano, piuttosto azzerano la nostra umanità in quanto messaggeri della verità, della fine comune di fronte a cui siamo tutti uguali. Ecco perché non sopportiamo l’avanzare di ogni loro richiesta”.
Il regista Rafael R. Villalobos ha creato per il Teatro un allestimento “site specific”. “Durante tutto il processo di germinazione di questo progetto – spiega – mi sono sforzato di incidere l’idea che la mia proposta per Superflumina, oltre che una regia dell’opera, vuole presentare una trascrizione scenica dell’architettura musicale di Salvatore Sciarrino. Così, partendo dalla macrostruttura di questo polittico, formato da tre grandi sezioni ognuna divisa in tre parti, ho cercato di creare linguaggi differenziati per i Quadri, gli Intermezzi e le Canzoni. Ho diviso lo spazio scenico in orchestra, proskenium e skené, considerando il Poliziotto e il Passante – in realtà, una stessa persona in due momenti diversi della sua quotidianità – il corifeo di un gruppo di coreuti magrittiani che simbolizzano una società disumanizzata e sprovvista di empatia con il prossimo, in questa stazione che si trae fuori dal mondo, intesa come un non-luogo di passaggio. Intorno a tutti loro, il pubblico della sala, come giudici onnipresenti”.
Ma, prima di Superflumina, ci saranno tre giorni tutti dedicati a Sciarrino. Mercoledì novembre il teatro risuonerà dell’esecuzione integrale delle opere per flauto, un concerto che partirà dalla Sala Grande (libro I), e poi andare in Sala Onu (libro II), in Sala Stemmi (libro III), e in Sala Pompeiana (Coda). Il flauto è per Salvatore Sciarrino uno strumento fondamentale, come scrive Pietro Misuraca, docente di Storia della musica all’Università di Palermo: “Ancor più del pianoforte è il flauto, strumento fortemente collegato alla fisiologia del corpo umano e del respiro, al centro dell’indagine compositiva di Sciarrino, con una grande fioritura di opere che parte dalla tabula rasa di All’aure in una lontananza e dai sibili rarefatti di Fauno che fischia a un merlo per conferire una fisionomia nuova allo strumento, accrescerne il ruolo incantatorio e ricondurlo alla sua ancestrale, magica essenza (“Secondo le voci più antiche, Dio creò con un suono di flauto”).
Il 4 novembre alle 17.30 in Sala Grande La bocca, i piedi, il suono per 4 sassofoni contralti solisti e 100 sassofoni in movimento, in collaborazione con il Conservatorio Vincenzo Bellini di Palermo e l’associazione Amici della Musica di Palermo.
La composizione nasce nel 1997, nello stesso anno di un’opera che le è gemella, Il cerchio tagliato dei suoni, che è invece per quattro flauti solisti e 100 flauti migranti. Scrive Pietro Misuraca: “Le due coeve composizioni seguono un percorso abbastanza simile: da postazioni diametralmente opposte – col pubblico che sta al centro – i quattro solisti si ‘passano’ i suoni (facendoli muovere con una concretezza percettiva inattingibile da qualsiasi sperimentazione elettroacustica); a un certo punto innescano un movimento rotatorio che si sdoppia e progressivamente accelera, fino a un avvitamento vorticoso e simultaneo nelle due direzioni. Così come la fiumana dei flauti “migranti” interviene a un tratto, passando lentamente attraverso il pubblico e tagliando l’ambiente in diagonale, una migrazione dei cento sassofoni segna il momento centrale di La bocca, i piedi, il suono”. E così Sciarrino definisce l’ingresso dello sciame di sassofoni: “A un tratto sentiamo qualcosa risuonare fuori, in un’altra dimensione, eventi prima isolati crescono a fiumana. Sono una folla di sassofoni, un centinaio, delle varie taglie (soprani, contralti, tenori e baritoni). La fiumana preme, poi lentamente trabocca nello spazio: gli strumentisti entrano, escono e rientrano, costituendo per l’ascoltatore un flusso continuo di piedi, volti, bocche”.
(Foto © rosellina garbo)
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lunedì 30 ottobre 2017

NUOVE MUSICHE ED I 70 ANNI DI SCIARRINO PONGONO PALERMO TRA LE CAPITALI DELLA MUSICA CONTEMPORANEA in MF 26 ottobre



NUOVE MUSICHE ED I 70 ANNI DI SCIARRINO PONGONO PALERMO TRA LE CAPITALI DELLA MUSICA CONTEMPORANEA


Giuseppe Pennisi

Si è appena conclusa la rassegna Nuove musiche al  Teatro Massimo. .Dedicata alla musica contemporanea la rassegna si riconnette idealmente a quelle Settimane Internazionali Nuova Musica che videro Palermo all’avanguardia in Italia negli anni Sessanta. Palermo sta tornando ad essere una della capitali europee della musica contemporanea . In Italia la precedono solo Roma e Milano in termini di musica contemporanea effettivamente suonata dal vivo. Si tratta di città molto più grandi di Palermo in termini di estensione e popolazione. Roma, che è alla pare con Berlino e supera Londra e Parigi , fruisce non solo di due lunghi festival di musica contemporanea , ma anche delle numerosissime iniziative attuate dagli istituti di cultura che hanno sede nella Capitale.
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La rassegna è stata ampia: da  Syracuse Blues di Jacob TV, ispirato ai suoni del mercato del pesce di Siracusa, in prima esecuzione a Diacritical Marks (Segni diacritici) di Nico Muhly, un quartetto d’archi in otto brevi movimenti, composto scegliendo di concentrarsi sui dettagli, “un puntino su una lettera, una minuscola rotazione dell’archetto”. All’esilarante  Sweet Air di Davide Lang, l’espressione con cui il dentista aveva presentato al figlio di Lang il gas esilarante usato come anestetico.  Non sono mancati Alvin Curran in programma For Cornelius per pianoforte composto in memoria di Cornelius Cardew, il compositore che, come scrive Curran, “non smise mai di destare stupore” e Steve Reich che ha concluso la prima parte con  WTC 9/11 Un quartetto rielabora le registrazioni di voci legate all’attentato dell’11 settembre al World Trade Center di New York.

La seconda parte  dall’1 al 4 novembre, sarò un grande omaggio a Salvatore Sciarrino, palermitano, uno dei protagonisti del panorama musicale contemporaneo internazionale, in occasione dei suoi settant’anni. L’omaggio include la prima rappresentazione italiana dell’opera Superflumina, cui si affiancano altre manifestazioni: l’integrale delle sue composizioni per flauto, che comprende anche gli ultimi brani per lo strumento scritti dal compositore, affidata a Matteo Cesari e Manuel Zurria ed eseguita spostandosi in tutte le sale del Teatro Massimo; una lectio magistralis di Salvatore Sciarrino, introdotta dal musicologo Pietro Misuraca; l’esecuzione di La bocca, i piedi, il suono per 4 sax solisti e un ensemble di 100 sax “migranti”, dai sorprendenti effetti spaziali e sonori Sciarrino è il compositore contemporaneo italiano più  premiato. Accademico di Santa Cecilia (Roma), Accademico delle Belle Arti della Baviera e Accademico delle Arti (Berlino), Laurea honoris causa in Musicologia Università di Palermo, fra gli ultimi premi conferiti a Sciarrino vanno citati: Prince Pierre de Monaco (2003) Premio Internazionale Feltrinelli (2003) Musikpreis Salzburg (2006), premio internazionale di composizione istituito dal Land di Salisburgo. Premio Frontiere della Conoscenza per la musica (2011) della BBVA Fondation.Premio Una vita per la musica (2014) Teatro La Fenice - Associazione Rubenstein di Venezia.Leone d'oro alla carriera per la Musica - Biennale Venezia 2016.
Superflumina , un grande successo in Germania (dove ha debuttato , a Mannhen, nel 2011) è il lungo lamento notturno di una donna senza dimora, esposta al disprezzo e all’incomprensione dei pochi che incrociano il proprio percorso con il suo, nei grandi spazi di una stazione ferroviaria, pieni di esseri umani poveri di umanità.
Per Superflumina, , Sciarrino mette da parte il mondo classico e le storie fuori dal tempo e sceglie un soggetto contemporaneo, benché intriso di reminescenze letterarie. Della fonte dichiarata, il romanzo di Elisabeth Smart, c’è più di una traccia nel delirio della donna fra richiami biblici, oscenità e frammenti sconnessi di un’esistenza passata. Opera di contrasti linguistici fra lo sconnesso lirismo del monologo della donna e la scabro vocabolario del quotidiano dei suoi anonimi interlocutori quando non degli annunci di ritardi di improbabili treni Intracity o di Extracityplus. E opera di contrasti anche nel tessuto musicale, che forse non ha l’elegante compattezza di altre opere del compositore siciliano, ma che combina con sagacia drammaturgica gli elementi più caratteristici della lingua musicale sciarriniana.

Pochi sanno che Sciarrino è autodidatta (benché formatosi privatamente, per qualche tempo, con Turi Belfiore e Antonino Titone), Sciarrino ha iniziato a comporre dodicenne, tenendo il primo concerto pubblico nel 1962. Considera "apprendistato acerbo" i lavori anteriori al 1966. Ciò che caratterizza la sua musica è la volontà di indurre il fruitore a un diverso modo di ascoltare e a una nuova presa di coscienza della realtà e di sé.
Nel 1969  Salvatore Sciarrino ha lasciato la Sicilia per trasferirsi a Roma e poi, nel 1977 a Milano. Ora vive a Città di Castello  Ha pubblicato con Casa Ricordi dal 1969 al 2004. dall'anno seguente, l'esclusiva delle opere di Sciarrino è passata a  RaiTrade.Vastissima la sua discografia, comprendente oltre ottanta titoli, pubblicati da etichette internazionali e più volte segnalati e premiati A Salvatore Sciarrino il Teatro alla Scala ha commissionato la nuova opera Ti vedo, ti sento, mi perdo che andrà in scena in prima assoluta il 14 novembre 2017. Stanno per uscire due CD, per la Decca,  che si caratterizzano per una rivisitazione creativa della musica del passato, recente e lontano: di Scuarrino il passato si specchia nel presente e quest’ultimo ne restituisce un’immagine completamente nuova e inattesa attraverso il mondo sonoro di Sciarrino, capace di trasfigurare le musiche più imprevedibili di Mozart, Chopin, Liszt, fino ai classici americani della canzone del secolo scorso. Il risultato è una nuova dimensione, verrebbe quasi da dire un capovolgimento, del concetto di musica contemporanea.

L’Angelo sterminatore riceve l’Oscar mondiale della lirica in Tempi del 30 ottobre



·         Spettacolo

L’Angelo sterminatore riceve l’Oscar mondiale della lirica

ottobre 30, 2017 Giuseppe Pennisi
L’opera The Exterminating Angel by Thomas Adès ha appena avuto l’Oscar mondiale della lirica
L’opera The Exterminating Angel by Thomas Adès ha appena avuto l’Oscar mondiale della lirica. L’Opera ha debuttato al Festival di Salisburgo nel luglio 2016. E’ una coproduzione del Festival con la Royal Opera House, Covent Garden di Londra, il Metropolitan Opera di New York, e la Kongelige Opera di Copenhagen, dove le rappresentazioni inizieranno il 28 Marzo 2018. In queste settimane è stata vista in 70 Paese in diretta HD dal Metropolitan.Tra questi Paesi non è inclusa l’Italia perché il distributore ha pensato che non attirasse pubblico. Esiste un ottimo DvD delle rappresentazioni a Salisburgo.
Ho avuto la fortuna di vederla il debutto il 28 luglio 2016 The Exterminating Angel (L’Angelo Sterminatore) è la terza opera di Thomas Adès , il quale ha anche concertato l’Orchestra Sinfonica della Radio di Vienna. La regia è di Tom Cairns, autore anche del libretto; scene, costumi , luci, video e coreografia sono firmati rispettivamente da Hildegard Bechter, Jon Clark, Tal Jarden e Amir Hosseinpout. Al pari delle due opere precedenti di Adès (Powder her Face tratta da un fatto di cronaca e The Tempest da Shakespeare) è probabile che nei prossimi anni si vedrà nei maggiori teatri europei, americani ed asiatici.
L’opera presentata con un solo intervallo (a metà del secondo atto), è tratta dal film eponimo di Luis Buňuel del 1962. Inizialmente Buňuel avrebbe voluto intitolarlo Los náufragos de la Calle Providencia (‘ I Naufraghi del Viale della Provvidenza) per poi tornare al titolo, apocalittico, del romanzo di Luis Alcoriza su cui è basato. Dopo una serata al Teatro dell’Opera , un gruppo di persone appartenenti all’alta borghesia si riuniscono a cena. Quando uno dei commensali (una pianista) si mette al piano per suonare, e tutti si accorgono che si sta avvicinando l’alba, non riescono più ad uscire dalla villa. Restano reclusi , come bloccati da incantesimo(nonostante polizia, esercito ed anche religiosi tentino di tutto per dar loro una via d’uscita). Dopo qualche giorno di prigionia, alcuni di loro mostrano il peggio di loro stessi. Riescono ad uscire. Ma sarà una liberazione di breve durata. Restano ‘naufraghi’ . Una parabola, mista di realismo, surrealismo e religiosità, secondo Buňuel, della ‘condizione borghese’ intrappolata in se stessa ed incapace di comprendere il mondo.
L’opera di Vadès e Cairns è per certi aspetti, ancora più esplicita, e più dura, del film del 1962, ma soprattutto per la raffinatissima scrittura musicale, tonale e fortemente polifonica (in scena ci sono 15 personaggi), e con arie, duetti e concertati, ma anche con molto declamato. Richiede una grande orchestra con strumenti non convenzionali; ad esempio, l’introduzione è costituita da suoni di campane e per la prima volta in Adès trapela la musica elettronica (‘les ondes martelot’, un suono delicato e profondo di un ‘angelo sterminatore al tempo stesso seducente e distruttore). Lenta e quasi ossessiva nella prima parte, l’opera assume un ritmo incalzante nei due intermezzi e nella seconda parte per concludersi con un finale liberatorio (pur se sappiamo che sarà di breve durata).
The Exterminating Angel richiede 15 grandi voci. Alcuni degli interpreti (quali Anne Sofie von Otter, Charles Workman , John Tomlinson e Thomas Allen) calcano da trent’anni le scene anche italiane. Tra gli altri, tutti molto bravi anche come attori, spicca Audrey Luna, nel ruolo di Leticia , la cui aria dolcissima e trasparente della seconda parte porta alla liberazione (temporanea) dei ‘naufraghi’.

CAOS CATALOGNA/ I rischi economici dentro e fuori la Spagna



CAOS CATALOGNA/ I rischi economici dentro e fuori la Spagna
La Catalogna ha dichiarato l’indipendenza e ora, come la Spagna, rischia conseguenze negative per l’economia. E per Italia e Ue cosa cambia? GIUSEPPE PENNISI 30 ottobre 2017 Giuseppe Pennisi
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Cosa significa per l’Unione europea e per l’Italia la dichiarazione unilaterale d’indipendenza della Catalogna? L’aspetto principale non è economico, ma politico. Lo sottolinea con acume Michael Goldfard, direttore del podcast dedicato alle analisi storiche Frdh, in un lungo articolo pubblicato sul New York Times di sabato 28 ottobre. Goldfard si chiede “cosa è una Nazione nel ventunesimo secolo?”. Il referendum sul futuro della Catalogna è avvenuto poche settimane dopo quello sulla Regione irachena del Kurdistan. Esiti simili, Erbil ha dichiarato l’indipendenza e Baghdad ha inviato i carri armati. All’indomani del referendum in Catalogna, gli indipendentisti corsi hanno indicato la loro volontà di seguire una strada analoga per separarsi della Francia. Poche settimane fa, il Veneto e la Lombardia hanno votato per una maggiore autonomia, specialmente in materia tributaria. Nei cinque anni successivi al crollo del muro di Berlino, i Lander della Germania orientale sono stati lieti di farsi acquisire da quelli della Germania occidentale e di diventare sempre più simili a questi ultimi, la Cecoslovacchia si è pacificamente divisa in due Stati indipendenti nati da negoziati tra i differenti gruppi, la Jugoslavia, invece, è diventata sette Stati, dopo una lunga guerra e lo spargimento di molto sangue.
Terminate le guerre ideologiche (giunti, direbbe Francis Fukuyama, alla “fine della storia”), il concetto di Stato-Nazione creato da Francesco Primo di Francia nel Cinquecento dovrebbe essere rivisto, e con esso quello di federazione e confederazione. Solamente gli Stati Uniti d’America non hanno ancora questo problema, perché dalla fine della Guerra di secessione si considerano “una Nazione indivisibile alla guida del mondo” e sono il melting pot di varie identità. Il problema ce l’hanno in Africa, dove le frontiere tra i differenti Stati sono state tracciate da quelle che allora erano le “Grandi Potenze” coloniali. Lo hanno in Asia dove si stanno risvegliando, un po’ dappertutto, tensioni identitarie e anche tribali.
È questo il quesito principale da porsi e se lo dovrebbe porre anche e soprattutto l’Unione europea: se il concetto di “Nazione” si appanna, si appanna ancora di più quello di entità “sovranazionale” con lo spappolamento dell’edificio costruito dal Trattato di Roma in poi. Indubbiamente, i metodi possono essere ben differenti: in modo negoziato come la separazione tra Repubblica Ceca e Repubblica Slovacchia e come la Brexit (ben analizzata nel volume “Brexit: la sfida” di Daniele Capezzone e Federico Punzi, uscito in questi giorni) o con uno strappo (come gli eventi della Catalogna che tutti si augurano non arrivino alle dimensioni della dissoluzione della Jugoslavia). Tuttavia, se non si risolve il ruolo del significato di Nazione nell’era dell’integrazione politica internazionale resta monco un discorso principalmente economico del significato della possibile scissione (mi auguro negoziata) della Catalogna dal resto della Spagna.
Barcellona e la sua regione pesano per il 19% del Pil iberico. Insieme a Lombardia, al tedesco Baden-Württemberg e alla regione francese della Rhône-Alpes, la Catalogna è considerata uno dei quattro motori d’Europa. Ossia le regioni più industrializzate e più dinamiche del continente. Trainano, come locomotive, le economie dei loro Stati. Ed è questa una delle carte che il governo catalano ha giocato per giustificare il referendum sull’indipendenza: l’autosufficienza economica.
Ove non si giunga a una soluzione negoziata dopo gli avvenimenti di questi ultimi giorni, quali conseguenze potrà avere la scissione sull’economia iberica? Barcellona è la capitale industriale della Spagna. Il suo Prodotto interno lordo vale circa un quinto del totale spagnolo: 223,6 miliardi di euro nel 2016 su un totale di 1.120 miliardi. Il peso dell’export è ancora più incisivo: 65,1 milioni di euro su 254,5 milioni. In Catalogna, d’altronde, Nissan e Seat hanno insediato le loro fabbriche di automobili e settemila aziende straniere hanno aperto i loro uffici locali. E la città della Sagrada Familia è una delle mete turistiche più frequentate al mondo. A gennaio il ministro del Turismo spagnolo ha dichiarato che nel 2016 la Catalogna ha accolto 17 milioni di visitatori in una regione in cui risiedono stabilmente 7,5 milioni di persone. Nella regione di Barcellona, ad esempio, la disoccupazione è a un tasso del 13,2% (quasi la metà del resto della Spagna).
La Generalitat de Catalunya ha, però, un pesante debito, da cui sta uscendo lentamente e che potrebbe esplodere in caso di uscita dell’Ue e dall’Eurozona. Per il ministro spagnolo dell’Economia, Luis de Guindos, l’indipendenza potrebbe costare alla Catalogna un tracollo del Pil dal 25% al 30%. I risultati del referendum hanno incrementato lo spread tra i titoli di stato spagnoli a dieci anni, i Bonos, e il parametro di riferimento europeo, i Bund tedeschi. La distanza è di 119 punti base. Un documento pubblicato da Bloomberg nei giorni scorsi consiglia gli investitori di disfarsi di titoli spagnoli. Quindi, ci perdono tutti.
Di fatto, dal punto di vista economico, perderebbero entrambe. La Catalogna si ritroverebbe isolata dall’Ue e potrebbe perdere gran parte delle multinazionali. La Spagna sarebbe privata della sua economia più dinamica, con tutte le conseguenze sulla competitività internazionale e sulla tenuta dei conti pubblici. In queste ore le banche spagnole stanno perdendo quota in Borsa. A mio avviso, l’Ue (e il Governo italiano) non dovrebbero minacciare di non riconoscere la Catalogna come entità statuale, ma spingere per una soluzione negoziata come la Brexit e la scissione della Repubblica Cecoslovacca.
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