FINANZA/ Gli effetti
collaterali del caos Bankitalia sui mercati
Oggi i
mercati potrebbero dare primi segni concreti delle reazioni del mondo
finanziario internazionale al caso aperto su Bankitalia, dice GIUSEPPE PENNISI 23
ottobre 2017 Giuseppe Pennisi
Ignazio Visco e Pier Carlo Padoan
(Lapresse)
Oggi i
mercati potrebbero dare primi segni concreti delle reazioni del mondo
finanziario internazionale a quanto avvenuto la settimana scorsa in materia di
nomine ai vertici della Banca d'Italia. Una decina di giorni fa, prima che
scoppiasse il "pasticciaccio brutto su palazzo Koch", si era espressa
Moody's in modo poco lusinghiero: il rating sui nostri titoli di Stato restava
un BBA2 e l'outlook era negativo. Si dovranno ora esprimere Fitch,
Standard & Poor's e Dagong. Dopo le vicende degli ultimi giorni c'è poco da
stare allegri.
Le notizie
che filtrano dalle agenzie è che il gruppo dirigente del partito di maggioranza
relativa (e quindi il Presidente del Consiglio) non è affidabile. Non si è mai
visto in nessun Paese occidentale che a pochi giorni dal rinnovo o meno del
Governatore della banca centrale, in spregio alle procedure e alle leggi
vigenti, il partito che esprime il Presidente del Consiglio presenti una
mozione sostanzialmente di sfiducia nei confronti dell'istituto di emissione e
di vigilanza (sul sistema bancario) e ne chieda apertamente la testa del
Governatore.
Le procedure
di nomina della Banca centrale nazionale variano da Paese a Paese. In alcuni si
adottano procedure concorsuali internazionali. In altri la proposta al Capo dello
Stato viene fatta dal Premier o Cancelliere d'intesa con il ministro
dell'Economia e delle Finanze. In altri ancora la proposta dell'Esecutivo deve
essere avallata da un ramo del Parlamento (di solito il Senato). Nel nostro
Paese, la procedura è semplice e chiara: sentito il Consiglio Superiore della
Banca d'Italia (che spesso esprime una rosa di candidati), il Presidente del
Consiglio sceglie e sulla base di una delibera del Consiglio dei Ministri fa
una proposta al Capo dello Stato il quale decreta l'incarico. Il Parlamento è
stato tenuto fuori per impedire che la nomina di chi ha la responsabilità della
stabilità finanziaria sia frutto di negoziati e compromessi politici o peggio
ancora di risse tra partiti, movimenti, gruppi e gruppuscoli. Il danno maggiore
sarebbe alla stabilità finanziaria; quindi ai risparmiatori e a tutti gli
italiani.
La mozione
presentata dal Ps (non è chiaro se da tutto il partito o solo da una parte)
pone, invece, il Parlamento al centro della procedura. E lo fa in modo goffo.
Un alto funzionario della Banca centrale europea nota che adesso ci sarà una
forte instabilità sia che venga rinominato l'attuale Governatore, sia che il
Presidente del Consiglio ne scelga un altro. Lo stesso funzionario fa notare
che è la seconda volta che l'ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi prende
impegni e non li rispetta. La prima è stato quando ha giurato di lasciare la
politica in caso al referendum sulla riforma costituzionale gli italiani
avessero risposto No". La conclusione - termina - è che l'uomo è "del
tutto inaffidabile".
Quello
dell'inaffidabilità dell'ex Presidente del Consiglio italiano è un coretto a
cappella delle cancellerie diplomatiche e dei Ministeri dell'Economia non solo
dell'eurozona, ma anche dei maggiori Paesi asiatici. Molti la pensano come l'ex
Ministro delle Finanze Vincenzo Visco, il quale ha scritto in sito web ad
abbonamento: "Se non fossimo in Italia, Paese proclive alla demagogia, che
esprime una classe dirigente politica mediocre, poco consapevole, e facilmente
influenzabile dagli umori diffusi nella opinione pubblica e dagli
interessi di consorterie di varia natura, la vicenda della Banca d'Italia
apparirebbe surreale, dal momento che la doppia, gravissima crisi
economica che ha investito l'Italia negli ultimi 10 anni più di ogni altro
Paese (Grecia esclusa), ha prodotto il fallimento solo di pochissime banche
medie o molto piccole, eventi trascurabili rispetto a quanto accaduto negli
Usa, in Inghilterra, in Irlanda, in Germania, in Francia, in Spagna, in Portogallo,
a Cipro…, dove a peraltro a nessuno è venuto in mente di
prendersela con i vigilanti".
"In
verità - prosegue Visco -, da questo punto di vista, alla Banca d'Italia e ai
suoi Governatori presenti e passati dovremmo erigere un monumento. Si dice che
si è vigilato male perché il credito veniva erogato e concesso secondo criteri
clientelari e di favore, ma così dicendo si ignora la natura della vigilanza
bancaria che in base al diritto vigente (e giustamente) può essere esercitata
solo ex post, dopo, cioè, che gli effetti di una cattiva gestione si
sono materializzati in concreto. In altre parole, la Banca d'Italia non poteva
in punto di diritto, e non doveva in base ad una corretta interpretazione del
funzionamento di un'economia di mercato, sindacare i criteri con cui le banche
erogavano il credito e che sono stati alla base di alcuni fallimenti; le
responsabilità dei banchieri e dei vigilanti sono e vanno tenute separate. Si
può anche dire che se non vi fosse stata la seconda grave crisi economica,
nessuna delle banche coinvolte sarebbe fallita, e i banchieri avrebbero potuto
continuare i loro traffici e le loro malversazioni del tutto
impunemente. È la gravità della crisi ad aver fatto 'saltare il tappo', e
la Banca d'Italia non poteva farci niente. Siamo quindi in presenza di un
attacco gratuito contro l'unica Istituzione italiana che sembra ancora in grado
di reggere all'urto dei tempi attuali".
Sono parole
da sottoscrivere in attesa che chi ha dato la patente di
"inaffidabilità" all'Italia faccia il passo indietro annunciato e si
ritiri a vita privata.
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