Legge di bilancio, i conti
dell’Italia e quelli di Bruxelles
Bruxelles ha
rumoreggiato sulla bozza di legge di bilancio giuntale da Roma. Peraltro, il
testo, come si legge ogni giorno sui giornali e sul web, è in fase di
rimaneggiamento in una direzione che potrebbe fare aumentare ulteriormente il
differenziale tra entrate ed uscite. Non solo perché siamo nel mezzo di una
campagna elettorale che spinge i partiti (specialmente quelli al governo che
hanno la potestà di farlo) ad elargire regali e regalini elettorali. Bruxelles
stima in 1,7 miliardi di euro il differenziale di deficit tra quanto
concordato con Roma prima della stesura della legge ed il testo inviato alla
Commissione Europea. Credo che la Commissione abbia inforcato occhiali benevoli
e che tra qualche settimana il divario risulterà molto maggiore.
L’impianto
della legge quale inviata a Bruxelles ed al Parlamento si basa su un
rafforzamento della crescita dell’economia reale ed un aumento del Pil
dell’1,5%, mentre i 20 principali istituti di analisi econometrica (tutti
privati, nessuno italiano) nel loro aggiornamento non stimato un rafforzamento
della crescita, ma un rallentamento del ciclo economico, le cui determinanti
originano dall’Estremo Oriente e dagli Stati Uniti (e su di esse l’Europa non
ha alcun controllo). Non ci siamo agganciati alla crescita quando iniziava,
oggi siamo alla prese con il declino di chi ci circonda.
Per l’area
dell’euro, il rallentamento sarebbe leggero (la media dei venti istituti vede
uno scivolamento da una crescita del 2% nel 2017 a una dell’1,8% nel 2018). Più
marcato per l’Italia, dall’1,3-1,4% nel 2017 all’1,1% nel 2018. Conversazioni
informali con alcuni degli istituti suggeriscono che il prossimo aggiornamento
potrebbe essere meno ottimista data la situazione in Europa. La settimana che
inizia il 31 aprile gli istituti presenteranno una nuova tornata di
previsione. È inconcepibile pensare che gli ‘avvenimenti’ in Catalogna non
avranno effetti negativi sul resto d’Europa. Tanto più che già la Corsica ha
accesso una fiaccola indipendentista. Inoltre gli esiti dei referendum in
Veneto e Lombardia sono una chiara richiesta di differente ripartizione del
gettito tributario ed un chiaro avvertimento di opposizione netta a nuovi
aumenti della pressione tributaria e contributiva.
Se non
cambia drasticamente la legge di bilancio in discussione, la manovra prevista
in 19,8 miliari di euro potrebbe aumentare sino a toccare circa 30 miliardi di
euro, sfiorando, in termini assoluti e senza contare gli effetti dell’inflazione,
la ‘manovra Amato’ dell’estate 1992. Cifra inaccettabile per un governo che,
secondo gli accordi europei, avrebbe dovuto raggiungere il pareggio strutturale
di bilancio nel 2014 (in base al Fiscal Compact). Quindi, è essenziale
rivedere, in pochi giorni, le poste di entrate ed uscite.
A fine 2014
il governo annunciò che quella sarebbe stata “l’ultima finanziaria”, nel senso
che i conti pubblici erano ormai rimessi a posto, si poteva pensare a spese
come gli “80 euro” per i bassi redditi o i 500 per i diciottenni, mentre il
debito pubblico era sul retto sentiero. Mai un annuncio fu tanto miope.
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