SPILLO/ Industria e politica,
lo strabismo in casa Ue
Sembra che
le industrie europee siano più in grado di unirsi rispetto al mondo politico.
L’Ue sembra soffrire quindi di un certo strabismo, segnala GIUSEPPE PENNISI
02 ottobre
2017 Giuseppe Pennisi
Lapresse
Nel
pomeriggio del 27 settembre, nella piccola ma elegante sala delle conferenze
della Konrad Adenauer Stiftung (uno maggiori think tank tedeschi), si teneva
una riunione con il direttore del Dipartimento di Politica dell’istituto,
Matthias Schäfer, venuto appositamente da Berlino. L’incontro era programmato
da tempo e si sarebbe tenuto quale che fosse stato il risultato delle elezioni
di domenica 24 settembre. Schäfer ha dipinto un quadro inquietante della
situazione politica tedesca e delle sue implicazioni sul resto dell’Unione
europea. Ramificazioni non solo economiche (ho trattato di quelle sull’economia
italiana su Avvenire del 27 settembre), ma soprattutto politiche.
Su alcune
questioni di fondo (ad esempio, quelle dell’immigrazione), il ceto politico
dell’Europa non sembra essere più in contatto con i propri cittadini. Ha
concluso, forse senza saperlo (data la differenza di età), citando il titolo di
un libro di Robert Putman di circa tre decenni fa, Making Democracy Work:
Civic Traditions in Modern Italy. In breve, saranno tempi difficili per
tutti se il ceto politico europeo non riesce a making democracy work (a
fare funzionare la democrazia). Il modello bipartitico o bipolare, che ha
caratterizzato numerosi Paesi europei dal dopoguerra, sembra stia franando un
po’ dappertutto, e la stessa idea nata in Europa di “Stato-Nazione” è in crisi,
pullulano movimenti e anche partiti contrari alla prosecuzione del processo di
integrazione europea. In questo quadro, è difficile, ove non impossibile, “fare
politica economica” e il continente ristagna, ove non peggio: tutti i maggiori
centri di analisi previsionale quantitativa sostengono che nel 2018 la crescita
nell’eurozona, ad esempio, sarà inferiore a quella sfiorata nel 2017. Un
ragionamento ineccepibile, non solo sensato.
Mentre
Schäfer faceva la sua presentazione e interloquiva con gli ospiti della Konrad
Adenauer Stiftung, nelle redazioni dei principali giornali sia cartacei, sia on
line si stavano battendo sui PC articoli, analisi e commenti sull’accordo
Fincantieri-Stx e sulla maxi alleanza Alstom-Siemens. Due intese che danno il
segno di forte vitalità nell’industria europea.
Sono passati
dodici anni da quando il “Rapport Beffa” (dal nome di un capitano d’industria
francese) delineò le linee di una politica industriale europea per
l’innovazione e la crescita. Allora, in Italia, fu oggetto dibattito solo sul
bimestrale Ideazione. Quasi non se ne parlò a livello europeo: l’agenzia
per l’innovazione, creata in Francia, opera unicamente in ambito nazionale. Un
secondo rapporto commissionato circa otto anni fa sempre dall’Eliseo (Il
“Rapport Gallois”) non ha quasi avuto riscontro a livello europeo. Un recente
lavoro di Salvatore Zecchini (ex Segretario Generale dell’Ocse) è stato
discusso in presentazioni al Cnel, alla Fondazione Einaudi e altre sedi, ma
virtualmente ignorato dai media e della politica.
Occorre
riconoscere che in via Molise (sede del ministero dello Sviluppo economico) è
stato di recente elaborato un programma e il dinamico Ministro Calenda ha
ottenuto parte del finanziamento necessario a farlo decollare. Inoltre, dal suo
scranno di Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che ha avuto
competenze specifiche in materia, ha più volte insistito sulla necessità e
urgenza di una politica industriale europea. E ancora, l’intesa Fincantieri-Stx
non sarebbe avvenuta senza la mano dei Governi dei due Paesi (e senza il
rafforzamento di quello italiano rispetto al francese dopo le elezioni tedesche
e la difficoltà di una partnership Parigi-Berlino). Tuttavia l’alleanza
Alstom-Siemens (e la nascita di un complesso ferroviario inferiore, al mondo,
soltanto rispetto a quello cinese Crrc) è una pura operazione di mercato, in
cui non sembra che i Governi abbiano messo mano.
Quindi,
rispetto a una melanconica Europa politica, sempre più lontana dai sogni dei
federalisti, vediamo i segni di un’industria europea che si raggruppa per
rispondere all’integrazione dell’economia mondiale. In ritardo, ci si accorge
che Jean Louis Beffa aveva ragione. Un’Europa strabica. Ma lo strabismo non è
sempre un difetto.
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