MANOVRA E POLITICA/ Italia, ecco il nuovo buco in arrivo nel 2018
Presto il Parlamento discuterà la Legge di bilancio, che
probabilmente conterrà misure che non aiuteranno la finanza pubblica
italiana, spiega GIUSEPPE PENNISI
09 ottobre 2017
Giuseppe Pennisi
Pier Carlo Padoan (Lapresse)
Presto il Parlamento discuterà la Legge
di bilancio (peraltro non ancora finalizzata anche se il relativo ddl
dovrebbe essere approvato dal Governo e inviato alla Commissione europa
prima del termine della settimana iniziata). Il contesto è poco
favorevole. Per esprimersi in termini educati. Sotto il profilo
puramente politico (che lasciamo analizzare ad altri) sembra di essere
un clima simile a quello descritto ne L’Imperio di Federico De Roberto (autore del più noto I Viceré). L’Imperio,
peraltro mai completato, descrive la Montecitorio (allora i Senatori
erano di nomina regia) del trasformismo. Oggi la stessa legge elettorale
viene “ritoccata” per rendere possibili le alleanze più strane tra
partiti di una certa consistenza e ‘“cespugli” al fine, sin troppo
palese, di limitare il probabile successo del Movimento Cinque Stelle.
Sotto il profilo economico, piovono cattive notizie (controcorrenti alla
buone notizie del Documento di economia e finanza), ma nessuno sembra
darsene conto. Solo due quotidiani hanno ripreso, tra le notizie
“brevi”, il comunicato di Moody’s del 6 ottobre secondo cui il rating
dell’Italia resta a Baa2 ( l’equivalente di un 6--) e l’outlook
“negativo”. Nelle prossime settimane usciranno le valutazioni delle
altre maggiori società di rating . È auspicabile che Governo e
Parlamento facciano una riflessione prima di varare una Legge di
bilancio basata su ipotesi eccessivamente ottimistiche.
Sempre il 6 ottobre, ma a tarda ora, i 20
principali istituti di analisi econometrica e previsioni (tutti privati,
nessuno italiano) hanno pubblicato il loro aggiornamento mensile. Per
l’eurozona in generale, e per l’Italia in particolare, c’è poco da stare
allegri: le previsioni non sono di un rafforzamento della crescita, ma
di un rallentamento del ciclo economico. Per l’area dell’euro, il
rallentamento sarebbe leggero (la media dei 20 istituti vede uno
scivolamento da una crescita del 2% nel 2017 a una dell’1,8% nel 2018).
Più marcata per l’Italia, dall’1,3-1,4% nel 2017 all’1,1% nel 2018. Per
l’anno prossimo il Def prevede una crescita dell’1,5%, ossia quasi un
terzo di più della media delle stime dei principali istituti
internazionali, con inevitabili seri riflessi sulla finanza pubblica.
In questo quadro, si è ormai accantonata
quella spending review che avrebbe dovuto comportare risparmi
significati alla finanza pubblica. Invece, nei corridoi di Montecitorio e
di Palazzo Chigi, si parla di misure o nel ddl di Bilancio o negli
emendamenti che implicano aumenti di spesa: nuova immissione di precari
nella scuola, revisione dell’attuale legislazione pensionistica per
facilitare pensionamenti anticipati (c’è anche chi propone di
ripristinare le “pensioni di anzianità”), redditi di inserimento o di
cittadinanza, incentivi e bonus di qua e di là.
Il Governo che verrà formato dopo le
elezioni si troverà, con un debito pubblico travolgente, ad azzerare,
ancora una volta in via amministrativa, quel po’ di investimenti
pubblici per i quali esistono progetti immediatamente cantierabili. Con
disavanzo netto delle pubbliche amministrazioni ben superiore a quanto
concordato con le autorità europee e con un debito pubblico in forte
ascesa non solo per il prevedibile aumento dei tassi d’interesse. A che
tassi si dovranno vendere le nostre obbligazioni per rifinanziarlo?
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