FINANZA/ La
"bomba" americana rilancia un "patto" Berlusconi, Monti,
Bersani?
martedì 15 gennaio 2013
InfoPhoto
Approfondisci
Chi ricorda un romanzo, allora di molto successo,
pubblicato da David Leavitt nel 1998 e intitolato While England Sleeps (Mentre
l’Inghilerra Dorme)? Non i contenuti del romanzo (un amore impossibile
negli anni della guerra di Spagna e della preparazione del secondo conflitto
mondiale), ma il suo titolo si applicano a pieno alla situazione di queste
settimane. Già il 7 gennaio, su queste pagine ho sottolineato come le
tensioni in corso tra Congresso americano e Casa Bianca rischiano di avere
implicazioni gravissime sull’Europa, soprattutto sui paesi che non avranno un
Governo (quindi, un timoniere) forte nei “giorni della verità”.
I maggiori Stati europei sono alle prese con le loro
vicende interne: Italia e Germania con elezioni (imminenti nel primo caso, non
così lontane nel secondo), la Francia con le difficoltà di fare ingoiare le
ricette del nuovo Esecutivo all’Assemblea Nazionale, la Gran Bretagna con il
dibattito se restare o meno in una traballante Unione europea, la Spagna, il
Portogallo e la Grecia con il terrore dell’insolvenza e le proteste crescenti
nei confronti dei programmi di austerità. Rispetto alla vera e propria
battaglia oltreoceano, pare che l’Europa dorma, non utilizzi neanche il cannocchiale
e non legga i rapporti dalle Ambasciate a Washington.
Eppure basta leggere le proposte che vengono fatte tra
Capitol Hill e Casa Bianca per rendersi conto che l’Esecutivo non vuole
concedere i tagli immensi richiesti dai parlamentari ai programmi di spesa in
materia di sanità e sociale. Il Congresso, dal canto suo, non accenna a fare
marcia indietro. È possibile che, per una serie di ragioni, il “tetto” al
debito e all’indebitamento venga raggiunto verso il 15-20 febbraio, un po’
prima del previsto.
La Casa Bianca sta cercando di ricorrere ai ripari con
scorciatoie. Una proposta consiste nel continuare a emettere titoli anche una
volta toccato il “tetto”: Obama, però, andrebbe contro la Costituzione (e
potrebbe trovarsi sotto accusa per “alto tradimento”). Altra idea è quella
secondo cui il Tesoro farebbe un maxi-acquisto di monete di platino ed
emetterebbe titoli garantiti da questo “tesoretto”: saremmo al livello dei film
di James Bond. Più plausibile è il rifinanziamento di parte del debito con registered
warrant senza interessi - sono stati utilizzati nel luglio scorso dalla
California sull’orlo della bancarotta -, ma inquinerebbero l’intero debito
federale. Che programmi di questa natura vengono discussi vuol dire che a
Washington si è giunti alla frutta. E che è probabile una crisi politica tra
Congresso e Casa Bianca con pertinente crisi finanziaria.
Essa si situerebbe in un contesto in cui, secondo
alcune stime, il debito, fortemente concentrato negli Usa e nell’Eurozona,
sarebbe arrivato al 340% del Pil mondiale. Uno scossone forte in America, lo
sarebbe ancora di più in Europa. Il Capo Economista di Renaissance Capital (uno
dei maggiori fondi con base a Londra), Charles Roberston , si dice convinto che
entro il 2014 la Grecia lascerà la scialuppa dell’euro e che la Spagna (dove il
tasso di disoccupazione supera il 25% e si prospettano altri due anni
d’impoverimento delle famiglie) adotterà una politica keynesiana (piaccia o non
piaccia all’Ecofin e alla Bce). Pochi hanno notato il vero e proprio caos in
Portogallo: il Capo dello Stato, Anibal Cavaco Silva, ha sottoposto la legge di
bilancio alla valutazione della Corte Costituzionale per verificare se le
misure anticrisi contenute nel testo siano conformi alla Carta, soprattutto in
tema di equità della distribuzione dei sacrifici. Il Presidente del Consiglio,
Pedro Passos Coelho, è esponente dello stesso partito di Silva.
La bomba americana avrebbe effetti su un’eurozona che
pare in via di spappolamento (nonostante le parole rassicuranti che giungono da
Bruxelles e da Francoforte). Il fragore sarebbe particolarmente forte in
un’Italia con un debito pubblico elevatissimo e priva di Governo almeno sino a
fine marzo. Cosa auspicare? Se uno dei maggiori partiti avrà una forte
maggioranza sia alla Camera, sia al Senato dovrà prendere misure drastiche di
tagli alla spesa pubblica (ormai il carico tributario è un freno alla
crescita), di incoraggiamento della produttività, di promozione dell’aumento
delle dimensioni d’impresa e di riforme dell’apparato politico-amministrativo
per ridurne il peso sull’economia. Se la maggioranza che uscirà delle urne non
sarà così forte e così compatta, si dovrà andare a un Governo di coalizione
coeso sul programma, una “Grande Coalizione” anche liberandosi di alcune correnti
interne agli attuali soggetti politici.
Se l’Europa dorme, noi non possiamo
permettercelo.
© Riproduzione Riservata.
Nessun commento:
Posta un commento