FALSTAFF/
Piccola guida al capolavoro di Verdi che vedremo alla Scala
lunedì 14 gennaio 2013
Una scena del Falstaff di Verdi
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Dopo Wagner, Verdi nella stagione del doppio bicentenario,
Falstaff (in scena alla Scala dal 15 gennaio al 12 febbraio) è particolarmente
importante per vari motivi: a) è una nuova produzione, non una ripresa come
gran parte degli spettacoli verdiani nella programmazione scaligera 2012-2013;
b) il partner è la Royal Opera House (RHO) , il Covent Garden, di Londra (dove
resterà allestimento resterà in repertorio per diversi)b ); c) il lavoro
affidato a Robert Carsen (regia) e Daniel Harding (direzione musicale)
soppianta quello di Giorgio Strehler del 1981 (consegnato nel 2001 ad un bel
Dvd); d) dà una tinta nuova al capolavoro si un compositore di quasi
ottant’anni, l’originalissimo capolavoro di un Verdi divenuto nella tarda
maturità un maestro assoluto nell’arte del teatro musicale.
L’azione non è all’epoca elisabettiana, come in
Strehler, Zeffirelli ed anche nel mirabile lavoro fatto da Carlo Maria Giulini
e Richard Eyer nel 1982 (Los Angeles, Londra , Firenze) e nella tradizione in
generale . Non viene portato ad un rave party come fece Luca Ronconi a Firenze
una diecina di anni fa od in una stazione ferroviaria britannico all’inizio del
Novecento come realizzato da Herbert Wernicke a Aix en Provence ed in una
dozzina di teatri europei. Pare prendere parte dell’ispirazione dallo
spettacolo di Marco Arturo Marelli, in scena dal 2003 alla Staatsoper di
Vienna: la vicenda è portata nella Gran Bretagna pettegola degli Anni
Cinquanta. Ma non si tratta di battibecchi e scherzi nella piccola e
provinciale Windsor . Carsen vede Falstaff come una commedia sociale,
raccontata con uno sguardo molto acuto su una parte della società.
“L’intreccio – dice - non si limita al gioco delle
situazioni tragicomiche,ma arricchisce la buffa vicenda con un grande
approfondimento dell’animo umano: pensiamo alla gelosia di Ford, alla malizia
delle “comari”, all’innocenza dei giovani,ma anche alla loro astuzia.
Naturalmente vi si sviluppano temi consueti nella commedia, come la
contrapposizione dei giovani contro gli anziani, ma direi che il tratto
saliente dell’opera è proprio la sua vitalità, quell’ingordigia della vita,
quello stesso appetito che si ha per il buon cibo o per le buone bevande”.
Carsen pone l’accento su una caratteristica poco
notata del Falstaff: è un’opera molto sensuale. In effetti, eros e sensualità
che nel teatro musicale italiano dell’Ottocento era stato cacciato dalla porta
maggiore (salvo a rientrare dalla finestra in La Traviata ed in Un Ballo in
Maschera) stava diventando di nuovo proprio diventando centrale sulla scena. La
prima di Manon Lescaut di Giacomo Puccini (che trasuda eros da ogni nota)
precede di novi giorni quella del Falstaff. “Per interpretare l’opera come una
celebrazione dei sensi – sottolinea Carsen , ho voluto spesso inserire
situazioni in cui si mangia e si beve: c’è sempre il piacere del pranzare o del
cenare insieme. L’opera stessa termina con una festa. Nello spartito ci sono
spesso parti in cui ipersonaggi cantano insieme o si parlano quasi addosso: per
me anche questa caratteristica riporta all’idea di festa che io vedo
nell’opera, in cui spesso si festeggia e ci si intrattiene in allegria”.
Ambientato l’allestimento di Falstaff nel Novecento,
nell’Inghilterra degli Anni Cinquanta ha molti significati . Era un periodo in
cui esisteva un tipo di scontro di classe molto forte. In quegli anni sorgeva
la nuova middle classi. Erail momento in cui si percepisce il problema
dell’aristocrazia inglese che,dopo la Seconda Guerra Mondiale, è entrata in una
fase di declino. Era anche una fase perbenista (ma con tanta sensualità dietro
le tende): la censura costrinse a rappresentare in un club privato A View from
the Bridge (“Uno sguardo dal Ponte”) di Arthur Miller, ma i Tabloid
imperversavano con particolari piccanti sulla Corte e sulle vicende di letto
del Ministro della Difesa John Profumo.
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