E Palermo
investe su Wagner
DA PALERMO GIUSEPPE PENNISI I l Teatro Massimo di Palermo – unico in Italia a chiudere i conti in attivo da sette anni – ha deciso di celebrare il bicentenario wagneriano con un impresa da far tremare i polsi: un nuovo allestimento del Ring ( L’anello del Nibelungo), un 'prologo' e 'tre giornate' (per complessivamente 15 ore di musica) da realizzarsi in una sola stagione: due opere all’inizio dell’anno e due alla fine. Di recente, la Scala, Firenze , Venezia, Catania ed anche Bari hanno messo in scena il Ring, al passo di un’opera per anno. Al termine di un’intrapresa iniziata nel 2010, La Scala presenterà due cicli dell’intero Ring in giugno.
Grande, quindi, l’attesa per questa edizione tanto più che a Palermo il Ring mancava del 1970-71 quando venne 'importato' (sull’arco di due anni) da Ginevra. L’altra sera, quindi, 'prima' da grande occasione, con il ministro Ornaghi e numerosi critici anche stranieri. Il prologo ( L’oro del Reno) è un atto unico di due ore e mezzo: quattro scene dove si narra come gli elfi neri e gli elfi bianchi della mitologica germanica tradiscano pure le proprie regole per impadronirsi dell’anello che dà potere assoluto. Una premessa in un mondo di Dei, nani e giganti (tutti truffaldini) che apre il sentiero che porterà, nella quarta opera, al
Crepuscolo degli Dei con la promessa di un mondo migliore. Nell’accostarsi al Ring, ad alle altre opere di Wagner (compose meno di 50 ore di musica) occorre rammentare che l’autore era un luterano praticante (con qualche vena di buddismo in tarda età) e che da giovane aveva composto una cantata sull’Ultima Cena ed ha lasciato libretti di un’opera su Gesù di Nazareth e di una sulle rinunce di Budda.
L’allestimento è stato affidato a Graham Vick il quale una diecina di anni fa, a Lisbona, ha affrontato le quattro opere ambientatole in un circo e venti anni fa ne realizzato, con il musicista Jonathan Dove, un’edizione ridotta (in 9 ore) a Birmingham (riproposta in autunno a Reggio Emilia) ispirata ai mélo televisivi. Difficile aspettarsi che Vick cogliesse gli aspetti cristiani di una musica le cui battute iniziali raffigurano la creazione del mondo e di un testo in cui la volontà di potenza è il peccato originale che porta il Pantheon politeistico alla propria distruzione. Anche se l’azione è attualizzata ai giorni nostri, si ispira al teatro greco; ne L’oro del Reno più alla commedia di Aristofane che ai tragici. Molto curata la recitazione e tante idee brillanti in scena, ma si resta un po’ freddi. Vedremo Vick come dipanerà il seguito, da quando, nella seconda opera ( La Valchiria ) uomini e donne diventano protagonisti ed il contrasto con i 'vecchi Dei' (e tra questi ultimi) cresce. Sotto il profilo musicale, puntuale, ma dilatata, la concertazione del giovane promettente Pietari Inkinen con tempi lunghi, specialmente nell’ultimo quadro. I 14 solisti sono tutti buoni attori; nel gruppo femminile spiccano la Fricka di Anna Maria Chiuri e la Erda di Cerl Williams. In quello maschile il Loge di Will Hartmann. Stanco, o non in buona serata, il Wotan di Frans Hawlate.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il Massimo lancia la colossale produzione del «Ring» con la regia di Vick. Ma «L’oro del Reno» vira in commedia
Nessun commento:
Posta un commento