Le insidie
della Francia in Mali
L’esito può essere disastroso, come
lo è stato dieci anni fa nella regione dei Grandi Laghi ed in Congo, e più
recentemente in Libia
di Giuseppe Pennisi - 14 gennaio
2013 14:53 fonte Il Velino/AGV Roma
Perché esco dai miei campi consueti
di commentare di politica economica (e di ‘chroniquer’ musicale per trattare
della nuova avventura ‘coloniale’ francese? Nei 18 anni passati in Banca
Mondiale e nei quattro passati alla FAO ho lavorato prevalentemente
sull’Estremo Oriente e sull’Africa a Sud del Sahara. Ho avuto modo di conoscere
Paesi, Capi di Stato, Ministri , accademici e soprattutto tanta gente comune.
Il Mali è stato il mio ‘battesimo’ africano: vi passai sei settimane
nell’aprile-giugno 1969 e da allora ho avuto modo di visitarlo molte altre
volte, riuscendo a masticare un po’ di Bambara, la lingua dell’etnia dominante
nel Sud. Il Mali ed i suoi confini geografici sono frutto dell’epoca coniale,
quando Gran Bretagna e Francia si divisero la zona immediatamente a sud del
Sahara in due parti, per l’appunto il Sudan francese ed il Sudan britannico.
Dopo l’indipendenza, quello ‘francese’ prese il nome di un antico impero
africano (per l’appunto il Mali) e fu une dei due Paesi dei quella che era
stata l’Africa coloniale francese a schierarsi non con l’antica metropoli ma
con il Patto di Varsavia, prima, e con la Cina , poi. Nel 1969, la Banca
Mondiale fece una prima profonda analisi economica del Paese , dopo che un
nuovo Governo (militare) aveva messo alle porte i russi e raffreddato i
rapporti con i cinesi. Nell’ambito dell’antico impero del Mali convivevano
varie etnie e forme statuali (come nel Sacro Romano Impero nel Seicento); negli
Settata ed Ottanta, nonostante il Paese fosse formalmente una Repubblica , da
Mopti a quello che ora è il Burkina Faso molto questioni venivano risolte
nell’ambito delle regole tradizionali del Regno Dogon , il cui Re (educato a
Parigi e Mosca) ho più volte incontrato. Nonostante l’influenza francese, e
l’esistenza di una bella Cattedrale a Bamako, il cristianesimo non hai fatto
troppa strada. Le popolazione era, ed è, o animista o mussulmana ; non per
nulla in Mali ci sono magnifiche Moschee (stupenda quella di Mopti, contornata
dal fiume Niger e dai suoi affluenti) e l’ormai abbandonato grande centro
universitario e culturale di Timbuct . Dissidi etnici sono sempre stati una
caratteristica della regione. Prima dell’arrivo degli europei, venivano risolti
o in modo cooperativo per problemi di sopravvivenza ecologica (si decideva
collegialmente nella transumanza quali uomini e quali bestie venivano lasciati
indietro quando il pascolo si inaridiva) oppure con guerre. Chi perdeva ,
diventava schiavo del vincitore e dal Seicento veniva portato all’isola di
Gorée, di fronte a Dakar (di fronte a Dakar), per essere venduto di solito a
mercanti portoghesi. I contrasti e le lotte tra clan ed etnie sono sempre stati
endemici come lo erano nel Sacro Impero Romano in Europa ed in India tra i
Rajput. Con lo sviluppo tecnologico, in questo terreno si alimenta
inevitabilmente il terrorismo. Mentre più voci esultano per l’intervento della
Francia in Mali, ne vedo serie insidie. L’esito può essere disastroso, come lo
è stato dieci anni fa nella regione dei Grandi Laghi (Ruanda - Burundi) ed in
Congo, e più recentemente in Libia. Anche se si giungerà ad una tregua (come in
Costa d’Avorio) sarà probabilmente di breve durata ed aggraverà i sentimenti
anti-europei ed anti-cristiani (si veda cosa sta avvenendo in Nigeria). Cosa
fare? I problemi sono millenari: meglio lasciare che i Bambara, i Dogon, i
Tuareg , i Kita, i Fulani, I Boufalabé se li risolvano tra loro come fanno da
sempre. Oppure con un intervento dell’Unione Africana . Oppure ancora con
quello delle Nazioni Unite. Un supporto armato dell’ex-metropoli coloniale
(benedetto dall’Europa) in favore dei Bambara, rischia di aggravare la
situazione in Mali e di esportare nuovo terrorismo in Europa.
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