lunedì 13 maggio 2013

Perché è importante celebrare i 250 anni del Teatro Comunale di Bologna in Formiche 12 maggio



Perché è importante celebrare i 250 anni del Teatro Comunale di Bologna

13 - 05 - 2013Giuseppe Pennisi Perché è importante celebrare i 250 anni del Teatro Comunale di Bologna
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Domani 14 maggio, grande festa il 14 maggio per celebrare i 250 anni del Teatro Comunale di Bologna; nella famosa Sala dei Bibbiena, capolavoro architettonico a cui si sono ispirati i teatri barocchi di mezza Europa.
Due teatri dei fratelli Bibiena ancora attivi in Italia sono il Lauro Rossi di Macerata e lo Scientifico di Mantova. Grande l’influenza in Germania e Francia; la struttura dei Bibbiena permetteva ottima acustica, visibilità dai vari ordini dei palchi e macchinari per il teatro barocco. In un Bologna di 70.000 abitanti, il Teatro ne conteneva 1200; ora con regole più stringenti in materia di sicurezza ha circa mille posti. Ma Bologna ha mezzo milione di residenti. Bologna – ricordiamo – ha avuto un ruolo importante nella storia della musica in quanto considerata per anni il “teatro italiano wagneriano” per eccellenza. Fu anche il teatro dove Arturo Toscanini venne insultato, e schiaffeggiato, per non avere voluto suonare “Giovinezza” all’apertura di una serata; ciò lo decise ad emigrare negli Usa.
L’opera prescelta per la festa è Il trionfo di Clelia, la medesima messa in scena 250 anni fa. Venne composta da Christoph Willibald Gluck nel 1762, su libretto di Pietro Metastasio, su commissione per l’inaugurazione del Teatro. E’ un’opera barocca , vicina alla “tragédie lyrique” che precede di circa un lustro quella che, nelle storia della musica, viene chiamata “la riforma gluckiana” che a fine Settecento aprì la strada a quello che sarebbe stata il melodramma del secolo successivo. Con la “riforma” si semplificava al massimo l’azione e si toglievano molti orpelli rappresentata per la prima volta il 14 maggio 1763, in occasione appunto dell’inaugurazione del teatro, Il trionfo di Clelia non venne mai più ripresa fino al 2001, quando venne rappresentata nel delizioso teatro di Lugo di Romagna, ma non nella sua versione completa e originale (le parti maschili furono trasportate da soprano, mezzosoprano e contralto per baritono e tenore, alcune arie furono semplificate o accorciate, numerosi recitativi tagliati).
Quella del 14 maggio 2013 è la prima messa in scena filologica – Gluck avrebbe preferito utilizzare altre opere di Metastasio, in particolare L’Olimpiade, ma i committenti scelsero Il trionfo di Clelia, ritenendolo più adatto al pubblico per la sua maggiore spettacolarità, grazie alla presenza di scene di particolare effetto come il combattimento di Orazio su un ponte, da cui si getta nel fiume, oppure l’attraversamento del Tevere a cavallo da parte della protagonista Clelia.
Il linguaggio musicale, per quanto barocco, ha già in germe la “rivoluzione” che Gluck covava. L’orchestrazione è’ampia e raffinata orchestrazione. Le scene e i costumi furono disegnati da Antonio Galli da Bibbiena, lo stesso architetto che progettò il Teatro Allora, Il trionfo di Clelia ebbe ventotto repliche, sempre a Bologna, a quanto pare tutte con il teatro pieno. Gluck stesso concertò le prove e diresse dal continuo le prime tre rappresentazioni (come da contratto). Dopo questo exploit, l’opera venne pressoché abbandonata, forse a causa della difficoltà della messa in scena e delle parti vocali, o forse perché considerata un lavoro d’occasione.
Il ritrovamento in un monastero austriaco di una copia manoscritta, avvenuto nel 1904, passò relativamente sotto silenzio; il manoscritto, oggi al Conservatorio di Bruxelles, venne ripreso nel 1963 da Giampiero Tintori.
Il trionfo di Clelia è stato pubblicato in partitura nel 2008 dalla casa editrice Baerenreiter, nell’opera omnia di Gluck. Nel 2007 è stato ritrovato e studiato un manoscritto bolognese della partitura finora sconosciuto, da cui è stata tratta una speciale edizione.
Come mostrano le immagini, le messa in scena di Nigel Lowery ed i costumi di Monica Benini sono moderni (o “atemporali”) . Concerta Giuseppe Sigismondi de Risio. Per le voci si segue la scrittura originale.

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