Da chi si deve guardare il “buon soldato Letta”
05 - 05 -
2013Giuseppe Pennisi
Secondo il sondaggista Nando Pagnoncelli, Parlamento ed opinione pubblica
danno ai nuovi Governi tra i sei ed i nove mese di ‘luna di miele’; Monti ed i
suoi ‘tecnici’ ne hanno avuto una più breve perché hanno portato la pressione
tributaria al massimo storico e – a torto od a ragione – sono parsi saccenti.
La ‘luna di miele’ accordata a Enrico Letto pare ancora più breve; già adesso
c’è lite furiosa sulle nomine di Vice Ministri e di Sottosegretari, nonché su
aspetti qualificanti del programma (cuneo tributario, Imu, pagamento dei debiti
delle pubbliche amministrazioni alle imprese, negoziazione dell’interpretazione
del Fiscal Compact con le autorità europee, e con i nostri partner
dell’eurozona).
Le mosse di Berlusconi
La dottrina dominante (per utilizzare il linguaggio dei Consiglieri di
Stato sempre più intendi a promuoversi ed ad aumentarsi stipendi e prebende) è
che il ‘buon soldato Letta’ (di cui nessuno mette in dubbio sincerità ed
impegno) è che si deve guardare soprattutto da un Cavaliere pronto a spegnere
la luce quando la sondaggista Alessandra Ghisleri (che pare azzeccarci di più
di Pagnoncelli) gli sussurra ‘Victoria Certa’ (il motto di Samora Machel,
Leader di quel Frelimo che portò il Mozambico all’indipendenza). Altri dicono
che deve fare attenzione ai rissosi ex-post-neocomunisti sempre in lite tra
loro e sempre timorosi di avere qualche avversario a sinistra.
Letta dovrebbe andare a Londra a vedere A Mousetrap (‘Una trappola per
topi”) al St Martin’s Theater dove lo si replica da 61 anni (cambiando,
naturalmente, gli attori e rispolverando scene e costumi, rigorosamente inizio
Anni Cinquanta). L’assassino – il whodunnit per dire in slang ‘who has done it”
, ossia chi ha commesso il delitto- è sempre il meno sospetto, un proprio
simile, qualcuno di casa.
Letta è un buon democristiano. Ed è dai democristiani che deve guardarsi.
Non però da quelli come Franceschini e Follini. Ma da quelli che lo sono sino
al midollo (quale che sia il partito che votano). Coloro che credono che i
problemi si risolvono da soli e che , quindi, basta prendere tempo per essere a
cavallo.
Letta si guardi dalla Bce
I democristiani da cui deve guardarsi sono quelli che si annidano nella
Banca centrale europea e nella lentocrazia (secondo i maligni della Ragioneria
Generale dello Stato). Il Governo da lui presieduto non avrà successo se non
rilancerà la crescita. La crescita la fanno le imprese non i burocrati ed i
parlamentari. Le imprese non possono operare (e sono spesso costrette a
chiudere) perché, secondo calcoli dell’Economist Intelligence Unit che
dovrebbero essere a lui noti, le piccole e medie italiane (l’80% circa dell’occupazione
industriale) pagano ben 50 miliardi di euro l’anno di differenziale di un costo
del denaro rispetto alle loro controparti francesi. In aggiunta, non si sa bene
quanto e come 40 miliardi di euro di crediti con la pubblica amministrazione
(meno delle metà dei 90 in essere).
Austerità e crescita
Veniamo al primo nodo. E’ possibile che
nel suo recente viaggio a Parigi, Berlino e Bruxelles abbia portato il saggio
Does High Public Debt Consistently Stifle Economic Growth? A Critique of
Reinhart and Rogoff’ pubblicato poco tempo fa da Thomas Herndon, Micheal Ash, e
Robert Pollin della Università del Massachussetts a Ahmerst. Nel lavoro si
confuta quel ‘teorema di Reinhart e Rogoff’ in base al quale se lo stock di
debito pubblico supera il 90% del Pil, la crescita ‘potenziale’ subisce un
freno pari ad un punto percentuale del Pil. E’ la base per ottenere un rinvio
per raggiungere l’equilibrio strutturale di bilancio (già concesso a Spagna e
Francia) e più tempo per ridurre lo stock di debito. Servirebbe a poco se non
portasse simultaneamente a Mario Draghi il paper Inside the Black Box :
The Credit Channel of Monetary Policy Transmission pubblicato da Ben Bernanke e
Mark Gertler pubblicato nell’autunno 1995 sul Journal of Economic Transmission:
Draghi comprenderebbe quali misure devono essere prese dalla Bce per evitare la
penalizzazione di cui soffrono le imprese italiane. Verrebbe posto di fronte
alle responsabilità dell’istituto di cui l’Italia gli ha assicurato la
presidenza.
I suggerimenti della Cdp e l’esempio spagnolo
Veniamo al secondo. Un lavoro di Franco
Bassanini e Marcello Messori mostra come
(seguendo un percorso già adottato in Spagna) si possa risolvere il problema
dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese senza
aggravare il deficit e lo stock di debito pubblica. Chieda alle
lentocrazie perché non viene adottato o che critiche hanno da fare.
Se non prende queste due misure morrà (politicamente) da democristiano ma
non di morte naturale.
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