I numeri dello spettacolo
Musica ed economia • Alcune riflessioni sui dati economici diffusi dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Siae e dell’Economist Intelligence Unit in materia di musica dal vivo
Quasi
contemporaneamente, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (Mibac),
la Società Italiana degli Autori e degli Editori (Siae) e l’Economist
Intelligence Unit (Eiu) hanno pubblicato dati sul teatro in musica dal vivo.
Non si tratta di dati omogenei: quelli del Mibac sono racchiusi in una
paginetta relativa al 2012 (diffusa nel febbraio di quest’anno) e si
riferiscono all’intero comparto dello spettacolo dal vivo da cui enucleare le
statistiche sul teatro musicale. La Siae arriva sempre con un po’ di ritardo;
quindi, l’ultimo annuario riguarda il 2010 ma sono stati anche pubblicati
raffronti tra l’andamento dello spettacolo dal vivo nel primo semestre 2011 e
nel primo semestre 2010. Il lavoro Eiu (riassunto sul settimanale The
Economist del 4-10 maggio) riguarda un solo comparto del teatro in
musica: il musical in alcune delle sue molteplici accezioni. Ne approfondisce
più gli aspetti commerciali e gestionali che quelli artistici.
Dai numeri tuttavia si possono trarre spunti per
alcune riflessioni. Iniziamo da quelli Mibac. Nonostante il sostegno dato dal
Fondo unico per lo spettacolo alla lirica, alla musica ed alla danza (290
milioni di euro su un totale Fus di 360 milioni di euro), il settore sta
complessivamente facendo retromarcia (i tagli del Fus hanno probabilmente influito):
3.500 rappresentazioni liriche, 14.000 concerti di musica leggera, 6.800 di
danza rispetto a 81.000 di teatro di prosa. Due milioni di spettatori paganti
per la lirica, 3.4 milioni per la concertistica, 2 milioni per il balletto
rispetto a 14.2 milioni per la prosa. Raffronti con altre forme di spettacolo
(ad esempio il cinema) sarebbero impietosi.
I dati Siae confermano tutto sommato questo
quadro. Per quanto riguarda i dati 2010, la spesa al botteghino per l’acquisto
di biglietti e abbonamenti ha superato i 2,370 miliardi con un aumento del
3,97% rispetto al 2009 grazie ai risultati conseguiti soprattutto dal comparto
cinema, mostre e teatro. In flessione invece il volume d’affari (-3,14%). Il
cinema è il settore che ha fatto registrare i migliori risultati con segni
positivi in tutti gli indicatori, dal numero di spettacoli (+43,26%) e
biglietti venduti (+10,39) alla spesa al botteghino (+16,37%), spesa del
pubblico (+14,33%) e volume di affari (+16,22%). Nel complesso stabile
l’attività teatrale, mentre in ascesa è il settore delle mostre ed esposizioni
con un volume d’affari cresciuto del 28,01% rispetto al 2009. Invece,
l’attività concertistica che comprende sia la musica popolare che quella
classica, a fronte di una maggiore offerta di spettacoli, ha fatto registrare
un calo degli altri indicatori (-3,47% negli ingressi, -3,6% nella spesa al
botteghino e -4,63% nella spesa del pubblico). Raffrontando il primo semestre
del 2011 con lo stesso periodo nel 2010, il comparto delle attività teatrali (prosa
e musica) è caratterizzato da forti flessioni: spesa al botteghino (-5,68%);
spesa del pubblico (-7,97%); volume d’affari (-6,60%) e ingressi (-1,24%). In
aumento solo l’offerta di spettacoli (+1,79%). In questo comparto, l’unico
settore che mostra un andamento generalmente positivo è la lirica (spettacoli
+4,84%; ingressi +12,68%; spesa al botteghino +11,18%; spesa del pubblico
+11,27% e volume d’affari +11,27%). I concerti hanno visto diminuire il
loro pubblico (ingressi -6,48%) e questa flessione ha inciso sulla spesa al
botteghino (-2,75%), sulla più generale spesa del pubblico (-5,41%) e sul
volume d’affari (-0,68%). Anche in questo settore è aumentata solo l’offerta di
spettacoli (+17,13%). Senza dubbio, la crisi economica e finanziaria in corso dal
2007 (e che incide sui portafogli delle famiglie) è una determinante
importante. Difficile dire da cosa dipenda l’andamento anomalo della
lirica; vi hanno probabilmente influito gli appelli (tra cui quello di Riccardo
Muti al Teatro dell’Opera di Roma alla presenza del Capo dello Stato) per
evitare che, nel comparto, si spegnessero le luci.
Molto differente il quadro dai dati Eiu. Il
teatro musicale di stile anglosassone è vivo e prospero come non mai e si sta
espandendo in tutto il mondo. Senza tener conto dei diritti cinematografici e
televisivi, al solo botteghino, dal 1986 la rock opera The Phantom of the
Opera ha incassato 6 miliardi di dollari, The King Lion (debutto nel
1997) 5 miliardi di dollari, uno spettacolo a basso costo come Cats (1981)
3 miliardi di dollari, un altro low cost del 1999, Mamma
Mia!, 2 miliardi di dollari, Miss Saigon, un
adattamento di Madama Butterfly (1991) 1,5 miliardi di dollari. E via
discorrendo. L’Estremo Oriente sta entrando nel giro: è partito da Seul un revival
di Dreamgirls che arriverà in Europa ed in America. Sta per
debuttare Shangai, Shangai che dovrebbe essere cantato (arie,
concertati, recitativi) in cinese ed andare per il mondo con sottotitoli.
Si può facilmente ironizzare sostenendo che
questi titoli hanno poco o nulla a che vedere con la musica colta. Non
solamente il teatro in musica di marca anglosassone è spesso il modo più
efficiente e più efficace per avvicinare nuovo pubblico alla musa bizzarra
ed altera ma negli Stati Uniti ed altri Paesi, nei quali l’opera e la
concertistica non ricevono quasi alcun sussidio pubblico, prosperano ed
innovano. Numerosi teatri d’opera tedeschi (il cui pubblico è tutt’altro che
incolto) hanno nel loro repertorio lavori come A Streetcar Named Desire di
André Previn, A View from the Bridge di William Bolcon, A Postcard
from Morocco di Dominik Argento, Dead Man Walking di Jake Heggie, Willie
Starl di Carlisle Floyd, Sophie’s Choice di Nicholas Maw. Solo due
di questi lavori si sono visti in Italia. In effetti, mentre da noi a parte
qualche raro caso e per volontà di poche istituzioni la produzione di nuove
opere liriche appassisce, negli Stati Uniti è in pieno sviluppo: nel 2010 (anno
di crisi) ci sono state 12 prime mondiali tra cui lavori tratti da romanzi come
Il Giardino dei Finzi Contini e Il Postino. Grande attesa già
adesso per La Ciociara commissionata a Marco Tutino per l’inaugurazione
della nuova stagione della San Francisco Opera (2014-15).
Chi scrive ha vissuto oltre tre lustri a
Washington senza mai annoiarsi ad una nuova opera americana (se ne vedevano ed
ascoltavano un paio l’anno). Non solo, nei teatri commerciali americani accanto
a nuove opere di compositori statunitensi si potevano ascoltare capolavori da
noi quasi abbandonati come Il Volo di Notte di Dallapiccola. I deludenti
dati Siae e Mibac e l’analisi dell’Eiu ci impongono quanto meno ad aprire un
dibattito, magari proprio sul Corriere Musicale.
© Riproduzione riservata
Nessun commento:
Posta un commento