OPERA/ La
creazione "romana" di Wagner approda per la prima volta nella
capitale
sabato 4 maggio 2013
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NEWS Musica
Un vero evento, di portata internazionale, è la presentazione a Roma, per
la prima volta in versione originale (e non nella pessima traduzione di Arrigo
Boito) di Rienzi, l’ultimo dei tribuni di Richard Wagner. Non solamente
è, credo, la seconda volta che viene rappresentata a Roma: la prima fu nel
lontano 1969 in un’edizione non solo ridotta ma in cui il ruolo di uno dei
personaggi centrali, Adriano Colonna, scritto per il “soprano anfibio” (in
grado, quindi, di raggiungere un registro da contralto) Wilehlmine
Schröder-Devrient, veniva affidato a un tenore lirico, spostando il registro di
un paio di ottava. Un’operazione analoga era stata fatta alla Scala nel 1964
nel lussuoso allestimento di Nicola Benois con l’allora giovane Raina
Kabaivanska nel ruolo di Irene (la sorella del protagonista) e Gianfranco
Cecchele in quello di Adriano Colonna. Il lavoro è così poco noto in Italia che
la recente Guida al Teatro d’Opera curata da Aldo Nicastro per la
Zecchini Editore non ha una voce su di esso.
Questa opera giovanile di Wagner ha per argomento la storia di Cola di
Rienzo, tribuno del popolo che nella prima metà del Trecento, si contrappose al
potere dei nobili della città con il sogno di ripristinare la Repubblica sul
modello dell’Antica Roma e, in seguito a una congiura dell’aristocrazia,
tragicamente deposto dallo stesso popolo che voleva guidare a una nuova
stagione di prosperità e di democrazia. Wagner aveva 27 anni quando lesse il
romanzo di Edward Bulwer-Lytton (uno dei campioni delle narrativa romantica
britannica) da cui è tratta l’opera. A quell’epoca, soprattutto era imbevuto
dalle letture di Bakunin che lo portarono ad essere uno dei leader della
rivoluzione di Dresda per cui subì una condanna a morte ed un lungo esilio
dalle terre tedesche. Sotto il profilo della poetica musicale, allora i suoi
“maestri” erano Bellini, Donizetti e Auber; quindi, il “bel canto” italiano e
il “grand opéra” francese. Wagner vivente, l’opera ebbe grande successo
(duecento repliche solo a Dresda tra il 1842 ed il 1908) in tutta la Germania,
arrivò al Metropolitan nel 1878 e a Londra nel 1879. Venne, però, “ripudiata”
dal suo autore che non permise che venisse rappresentata a Bayreuth in quanto
la considerava frutto di uno stile vecchio che poco si adattava al musik
drama verso cui andò da Der fliegende Holländer in poi. In effetti,
dal 1910 quasi sparì dai palcoscenici od apparve in edizioni mutilate e
rimaneggiate.
E una mera leggenda metropolitana (ripresa da alcune testate in questi
giorni) che fosse l’opera di Wagner favorita da Hitler (che ne avrebbe
custodito gelosamente il manoscritto nel bunker dove si suicidò) perché il
compositore aveva poca considerazione per questo suo lavoro e, come si è detto,
le versioni che giravano nell’Ottocento erano profondamente alterate: dopo la
prima a Dresda, che secondo l’autobiografia di Wagner, sarebbe durata oltre sei
ore,venne spesso rappresentata in due sere (Il Trionfo di Rienzi e La
Caduta di Rienzi) o si eliminarono varie parti, specialmente il lungo
balletto che prende gran parte del secondo dei cinque atti. La leggenda
metropolitana è stata aggravata dal fatto che un allestimento del 2010 alla
Deutsche Oper di Berlino presenta una versione mutilata del lavoro,
ambientandolo in epoca fascista (la regia è di Philipp Stölzl con Thorsten Kerl
mascherato come Benito Mussolini ne Il Grande Dittatore di Charlie
Chaplin). Viene spesso mostrata nei canali specializzati della televisione
anche italiana.
In effetti, dopo decenni di oblio, l’edizione filologica della partitura è
stata ripresa a Dresda (ne esiste una registrazione integrale; la versione è
quella che trionfò nel 1842) da Heinrich Hollreiser nel 1975 e a Monaco ( senza
balletti) nel 1983 da Wolfgang Sawallisch. Ebbi la fortuna di ascoltare dal
vivo l’edizione diretta da Eve Queller nel 1980-81 a New York ed a Washington;
anche in questo caso i balletti erano tagliati. L’orchestra era rafforzata non
solo da “aggiunti” ma anche dalla banda della Guardia Costiera dello Stato di
New York. Soprattutto Eve Queller (ancora oggi è spesso direttore ospite del
Festival pucciniano a Torre del Lago) aveva la chiave interpretativa giusta: è
un grande lavoro di un ventottenne rivoluzionario dalla testa calda che si
ispira ai modelli di maggior successo in quegli anni ma ha già , in alcuni
momenti, il germe della “rivoluzione musicale” che avrebbe attuato. Rienzi è
un’opera di rara esecuzione, totalmente “romana” nel soggetto ma nel contempo
anticipatrice della rivoluzione musicale dell’autore del Parsifal.
A Roma sul podio ci sarà un direttore in sintonia con la complessità della
musica wagneriana, Stefan Soltesz (applaudito a Roma nel 2010 per Elektra di
Richard Strauss). Regia, scene e costumi sono firmati da Hugo de Ana, che nel
suo allestimento si sofferma sul profondo legame dell’opera con la storia e i
simboli della città eterna.“L’opera è di enorme complessità e offre grandi
possibilità ad un regista –spiega de Ana – Vorrei che il pubblico
potesse arrivare a vederla come l’opera romana per eccellenza […]. Quest’opera
potrebbe diventare un simbolo della città eterna, che in tante fasi della sua
storia e attraverso i secoli, ha vissuto delle agitazioni rivoluzionarie, disordini
e sommosse, sotto diversi governanti: tribuni, imperatori o dittatori”.
I movimenti mimici sono di Leda Lojodice, il maestro d’armi è Renzo
Musumeci Greco. Maestro del Coro dell’Opera di Roma, è Roberto Gabbiani. Nel
cast: Cola di Rienzo è Andreas Schager (Carsten Suess 16) Irene sorella di
Rienzi, è Manuela Uhl (Carola Glaser 16), Stefano Colonna è Roman Astakhov,
Adriano è interpretato da Adriano è interpretato da Angela Denoke (Chariklia
Mavropoulou 16). Rienzi, dopo la prima del 9 maggio, alle 19 viene
replicato al Teatro dell’Opera domenica 12 (16.30), martedì 14 (19.00), giovedì
16 (19.00), sabato 18 maggio (18.00).
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