InScena
Mehta smorza le tinte cupe del Don
Carlo
di Giuseppe Pennisi
L'ottantesima edizione del Maggio Musicale fiorentino (che si estende sino
al 25 giugno) è iniziata con Don Carlo di Verdi, in scena sino al 12 maggio,
nella versione in cinque atti del 1886. È differente da quella, in quattro
atti, approntata per La Scala nel 1884 e di norma rappresentata in Italia.

Mentre la versione scaligera è un dramma
compatto e cupo contro il potere della politica e delle gerarchie
ecclesiastiche, il tema di fondo dell'edizione in cinque atti è la ricerca
dell'utopia: dall'incontro dell'infante di Spagna e della principessa di
Francia nella foresta di Fontainebleau nel primo atto (che si svolge anni prima
del resto dell'opera), al loro arrivederci nell'accorata preghiera finale. La
partitura del 1886 è più ariosa di quella del 1884. A ragione della situazione
finanziaria dell'ente l'opera, inizialmente concepita come un nuovo grandioso
allestimento di Luca Ronconi, viene presentata in versione da concerto.
Difficile capire perché non è stata rispolverata la messa in scena di Luchino
Visconti, che nel dicembre 2004 proprio a Firenze ha avuto un grande successo.
Questo consente però di concentrarsi sugli aspetti musicali. A 76 anni Zubin
Mehta accentua i colori giovanili (l'amore tra Carlo e la principessa andata
poi in sposa a suo padre, l'amicizia tra Carlo e Rodrigo) e regala un grande
arazzo musicale, in contrasto con le tinte cupe della parte politico-religiosa.
Tra le voci spiccano i due giovani amanti, Massimo Giordano e soprattutto
Kristin Lewis, e i due bassi, Dmitry Beloselskiy e Paata Burchuladze. Di
livello, come sempre, Ekaterina Gubanova. (riproduzione riservata)
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