InScena
Mehta smorza le tinte cupe del Don Carlo
di Giuseppe Pennisi
Mentre la versione scaligera è un dramma compatto e cupo contro il potere della politica e delle gerarchie ecclesiastiche, il tema di fondo dell'edizione in cinque atti è la ricerca dell'utopia: dall'incontro dell'infante di Spagna e della principessa di Francia nella foresta di Fontainebleau nel primo atto (che si svolge anni prima del resto dell'opera), al loro arrivederci nell'accorata preghiera finale. La partitura del 1886 è più ariosa di quella del 1884. A ragione della situazione finanziaria dell'ente l'opera, inizialmente concepita come un nuovo grandioso allestimento di Luca Ronconi, viene presentata in versione da concerto. Difficile capire perché non è stata rispolverata la messa in scena di Luchino Visconti, che nel dicembre 2004 proprio a Firenze ha avuto un grande successo. Questo consente però di concentrarsi sugli aspetti musicali. A 76 anni Zubin Mehta accentua i colori giovanili (l'amore tra Carlo e la principessa andata poi in sposa a suo padre, l'amicizia tra Carlo e Rodrigo) e regala un grande arazzo musicale, in contrasto con le tinte cupe della parte politico-religiosa. Tra le voci spiccano i due giovani amanti, Massimo Giordano e soprattutto Kristin Lewis, e i due bassi, Dmitry Beloselskiy e Paata Burchuladze. Di livello, come sempre, Ekaterina Gubanova. (riproduzione riservata)
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