OPERA/ Dopo
22 anni, "La Sylphide" di Bournonville torna al Teatro dell'Opera di
Roma
venerdì 31 maggio 2013
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NEWS Musica
Dopo 22 anni di assenza è tornato al Teatro dell'Opera di Roma, La
Sylphide di August Bournonville. Lo spettacolo è tanto amato dal pubblico
che il corpo di ballo e le étoiles del Teatro dell’Opera lo hanno
messo in scena, i questi anni, al Teatro Brancaccio, al Teatro
Nazionale e nella stagione estiva delle Terme di Caracalla). Non è
solo uno spettacolo breve (meno di due ore intervallo compreso) e gradevole ma La
Sylphide ha una valenza particolare nella storia del teatro in musica. Nel
1830, è il balletto che sancì la fine dei balletti grandiosi basati sulla
mitologia greco-romana: è la nascita del balletto romantico “francese”,
nonostante la partitura e la coreografia attualmente utilizzata siano di
due danesi, Hermann Severin von Løvenskjold e Erik Bruhn. Lo spettacolo
venne però ideato per Parigi dove ebbe la prima rappresentazione.
Nel 1830, anno “rivoluzionario”, venne considerato innovativo perché
trattava una vicenda (allora) contemporanea: l'amore impossibile di un uomo,
James, che rinuncia alle certezze della realtà per inseguire La Sylphide,
creatura fantastica che turba i suoi sogni. La situava, poi, tra le nebbie di
una Scozia come poteva essere immaginata dalla Parigi dell’epoca. Era, poi, un
balletto intimista, non colossale, che faceva perno su amori intricati ma
delicati. La musica di Severin von Løvenskjold, che ha lasciato oltre ad un
paio di altri balletti, un Singspiel e una Turandot (nessuno di
questi lavori è stato ripreso in tempi moderni), è delicata come un calice di
vino bianco dello Chablis. Per queste ragioni, piace ancora oggi; dal 1966 ad
oggi il Teatro dell’Opera di Roma lo ha presentato in ben dodici stagioni , tra
sala principale e sedi di più piccole dimensioni.
Il balletto nasce di Charles Nodier (autore molto noto del primo
romanticismo francese, "Trilby ou le lutin d'Argail"). Il
balletto e la sua coreografia hanno una storia complicata. Fu Adlpohe Nourrit,
allora noto tenore dell'Opéra di Parigi, a suggerire a Filippo Taglioni l'idea
di creare un balletto ispirato al racconto di Charles Nodier, dopo che egli
vide la figlia del coreografo, Maria, danzare con estrema grazia e leggiadria
in "Robert le Diable" di Jacques Meyerbeer. Il balletto
conteneva un’innovazione tanto importante da fare storia: per la prima volta la
protagonista (e le altre Sylphides) utilizzano scarpette da punta appositamente
confezionale per dare una bellezza e di una leggerezza innaturale tale da
calzare perfettamente al personaggio (e le sue amiche). Il tutù, il costume
bianco della Silfide, ha creato uno stile che ha segnato il balletto per più di
un secolo, ed è ancora oggi la divisa tipica della ballerina. Il tutù venne
disegnato dal costumista Eugène Lamy, mentre gli altri costumi erano di
Lormier. Con l'introduzione del tutù, "La Sylphide" dette
l'avvio a una serie di "ballets blancs" o balletti bianchi che
sarebbero diventati il simbolo dello stile Romantico. La coreografia ,
rappresentata per la prima volta all'Opéra di Parigi il 12 marzo 1832, è di
Filippo Taglioni, con la musica composta per il balletto da Jean
Schneitzhoeffer. Maria la danzò con Joseph Mazilier, circondata dagli
straordinari macchinari scenografici di Pierre Luc-Charles Cicéri.
Nonostante il successo strepitoso del balletto e le innumerevoli repliche
che ebbe in seguito, "La Sylphide" di Taglioni venne replicata
solo fino al 1858, con interprete Emma Livry. Pochi anni dopo la prima
rappresentazione della versione ideata da Taglioni, August Bournonville ideò
una propria versione del balletto a Copenaghen, intitolato "Sylfiden".
August, figlio e allievo di Antoine Bournonville, che dal 1792 era stato primo
ballerino, poi maestro del Balletto Reale Danese, dopo aver studiato a Parigi
con Auguste Vestris e Pierre Gardel, divenne il primo ballerino al Balletto
dell'Opera di Parigi dal 1820 al 1828, al fianco di Maria Taglioni. Ritornato
in Danimarca nel 1829 e nominato primo ballerino e coreografo del Balletto
Reale Danese, dopo aver visto "La Sylphide" a Parigi nel 1834,
creò una nuova versione del balletto, seguendo lo stesso schema e libretto di
quella di Taglioni. Bournonville utilizzò una nuova partitura musicale, quella
di Hermann Severin von Løvenskjold, e fece interpretare il ruolo della
protagonista alla sua allieva prediletta, Lucile Grahn, ma ampliò il ruolo del
protagonista, James: il 28 novembre 1836 a Copenaghen andò in scena la nuova
Sylphide. La coreografia di Bournonville, rimasta attualmente come la versione
più celebre del balletto, si distingue da quella di Taglioni, oltre che per la
musica, per l'esuberanza, la leggerezza, la bellezza formale e per il maggior
rilievo dato al ballerino maschio.
A Roma è stata presentata un’edizione davvero internazionale La versione di
Erik Bruhn è stata ripresa da Maina Gielgud, lungo direttrice dell'Australian
Ballet e del Balletto Reale Danese. Sul podio, l'esperienza e lo stile del
britannico David Garforth. Le scene sono di Michele Della Cioppa, i costumi di
Shizuko Omachi. Protagonisti: l’italiana Gaia Straccamore ed il cubano Rolando
Sarabia. Buon successo alla “prima” il 28 maggio grazie alla bravura anche
degli altri solisti e del copro di ballo. Sono in programma otto repliche
questa stagione e riprese in futuro. A Roma, La Sylphide è
ormai di repertorio.
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