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giovedì 9 maggio 2013
L’Europa monetaria vista da Bini Smaghi in Formiche del 9 maggio
L’Europa monetaria vista da Bini Smaghi
09 - 05 - 2013
Giuseppe Pennisi
Le due visioni dell’Europa, una espressa nel Trattato di Lisbona e l'altra nel Fiscal Compact, convivono ma non bene. Sono come due coniugi che si tradiscono ma che, per ragioni sociali e familiari, ‘fanno finta’ di andare d’amore e d’accordo. Il libro di Lorenzo Bini Smaghi e il commento di Giuseppe Pennisi.
Le politiche di austerità, con cui l’Ue risponde alla crisi, innescano movimenti populistici e sono un rischio per le democrazie. Se n’è discusso il 7 maggio alla presentazione, organizzata dallo IAI, di
‘Morire di austerità. Democrazie europee con le spalle al muro’
, un libro di Lorenzo Bini Smaghi. Presenti, con l’autore, Giuliano Amato, Ivan Lo Bello e Gaetano Quagliariello in un’affollata sala di incontri a Piazza Montecitorio.
I seminari sull’economia sociale di mercato
Il giorno seguente, quasi alla stessa ora, ed a pochi metri di distanza, a Palazzo Baldassini, si è conclusa una serie di seminari sull’economia sociale di mercato, organizzata dalla sede romana della Fondazione Konrad Adenauer, dall’Università Lateranense e dall’Istituto Luigi Sturzo (dove ha avuto luogo l’ultimo incontro della serie) sul tema della “dimensione europea dell’economia sociale di mercato”. Due eventi molto diversi: il primo traboccante di politici (e aspiranti tali), di barracuda esperti, di alti burocrati, di curiosi e di chi-va-dove-ci-si-deve-fare-vedere. Tavole rotonde “accademiche” hanno caratterizzato i secondi; quindi, un pubblico di studiosi e di studenti.
I fondamenti del Trattato di Lisbona
Il nesso parrebbe labile (infatti, solo un paio dei partecipanti al primo incontro erano presenti al secondo). Purtroppo, coloro che vogliono in qualche modo “salvare” o “rafforzare” l’euro o “portare più Europa” nelle nostre economie e società, non sanno (per pura ignoranza ‘zingarelliana’ ) che il Trattato di Lisbona (ossia la base attuale della costruzione europea) pone l’economia sociale di mercato come elemento caratterizzante a cui deve tendere l’Unione Europea, Ue. Quindi, senza esplorare cosa vuole dire e cosa implica oggi l’economia sociale di mercato, qualsiasi discussione sul futuro dell’Europa e dell’unione monetaria che si è data resta monca, ove non oscura.
I limiti dell’Unione Monetaria
Occorre dare atto al saggio di Bini Smaghi (190 snelle paginette in capitoli generalmente brevi) di riconoscere i limiti ed i difetti della costruzione dell’unione monetaria, specialmente di non avere previsto (nonostante numerosi avvertimenti da parte di economisti di vari Paesi e di differenti tendenze o scuole) crisi “asimmetriche” come quella scatenatesi attorno al 2008 ed ancora in corso.
L’elemento dell’unificazione tedesca
A mio avviso, il saggio non tiene adeguatamente conto dell’elemento “esogeno” e, per molti aspetti, “imprevedibile” dell’unificazione tedesca: ha forzato i tempi di un’unione monetaria che forse, ove fosse stata costituita, sarebbe stata meglio congegnata. Se l’unificazione tedesca non si fosse verificata in tempi più brevi da quanto da molti atteso e se la Germania non avesse dato la priorità a ricongiungersi con i propri “fratelli separati” (ponendo il resto dell’Ue di fronte alla prospettiva di pagarne parte del costo in termini di aumento dei tassi d’interesse reali), gli accordi europei dei cambi avrebbero verosimilmente consentito a lungo lo sviluppo del mercato unico delle merce e dei servizi e consentito un’unione monetaria pensata con più cura quando le condizioni sarebbero state mature. Inoltre, in vari capitoli (in particolare dal decimo al quattordicesimo), si enfatizzano i danni di un eventuale scioglimento dell’unione (senza fare riferimento ai casi, numerosi, dove e quando ciò è avvenuto a costi contenuti né alle proposte sul tappeto per limitarne le pene). Il messaggio di fondo è un appello agli Stati di fare riforme incisive ed ai Governi ad avare ‘visioni di lungo periodo’ (nonostante le scadenze elettorali). Non soltanto, al pari di Don Abbondio, “chi non ha visioni di lungo periodo, non se le può dare”, ma in che modo le prospettive tracciate nel saggio sono in linea con quell’‘economia sociale di mercato’ posta al centro dell’Ue?
Il modello elvetico
Francesco Forte, Flavio Felice e Clemente Forte hanno appena pubblicato, per i tipi di Rubettino, la prima antologia in italiano sull’economia sociale di mercato (L’Economia Sociale di Mercato ed i suoi Nemici , pp. 470). Non solo molte tematiche sono distanti da quelle oggi affrontate in materia di integrazione europea (è cambiato il contesto storico), ma proprio nel seminario dell’8 maggio Michael Wohlgenmuth, dell’Istituto Walter Eucken, ha tenuto a ricordare che Wilhelm Röpke fu il Consigliere di Konrad Adenauer che consigliò contro la firma dei trattati (Ceca, Euratom, Mercato Comune Europeo, ossia il Trattato di Roma) poiché, al pari ad esempio di Alfred Müller-Armack e numerosi altri ‘padri fondatori’ dell’‘economia sociale di mercato ‘riteneva che l’approccio’ funzionalista’ avrebbe portato ad un’Europa burocratico dirigista. A loro avviso, il processo d’integrazione europea avrebbe, invece, dovuto ispirarsi alla Confederazione Elvetica con un forte decentramento in cui i singoli Stati si ispirano ai principi del libero mercato con una rigorosa selezione dell’intervento pubblico per i più deboli e dell’investimento pubblico (da farsi in base a serie analisi dei costi e dei benefici economici).
I contrasti tra Fiscal Compact e Trattato di Lisbona
Questo due visioni dell’Europa – una nel Trattato di Lisbona ed una nel
Fiscal Compact
– convivono ma non bene. Sono come due coniugi che si tradiscono ma che, per ragioni sociali e familiari, ‘ fanno finta’ di andare d’amore e d’accordo. Václav Havel, scrittore, leader intellettuale e politico, per due mandati Presidente della Repubblica Cèca, lo ha sostenuto più volte. In Italia, Antonio Martino è l’unico politico che gli prestato ascolto.
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