Musica dal
Principato
30 - 04 - 2013Giuseppe Pennisi
In questi giorni, inizia in Italia la stagione dei festival estivi: il 2
maggio si leva il sipario su un Maggio musicale fiorentino che, giunto alla
76esima edizione, è commissariato (a ragione della grave situazione di
bilancio) e presenta il verdiano Don Carlo in forma di concerto, senza scene,
regia e costumi (il drammaturgo sarebbe dovuto essere Luca Ronconi) e
naturalmente senza corpo di ballo. In effetti, soltanto i quattro festival
(Torre del Lago, Pesaro, Ravenna, Spoleto) considerati, per legge, di rilievo
internazionale possono fare questa estate sogni tranquilli.
Ad aprire in Europa (a pochi chilometri dall’Italia) la stagione è stato
l’ormai trentennale Printemps des arts de Monte-Carlo (La primavera delle arti
di Montecarlo), che attrae pubblico da tutto il mondo. È una rassegna di
cameristica e sinfonica che si svolge nei fine settimana (anche per rendere più
facile l’arrivo di spettatori da Parigi, Bruxelles, Milano, Torino, Ginevra).
Non è strettamente un tema, ma ogni modulo, quindi ogni weekend, ha un suo
argomento. Quest’anno il festival si è aperto e chiuso con Le portrait
Beethoven, un omaggio a uno dei più grandi compositori della storia della
musica, alternando lavori notissimi (come la Sonata a Kreutzer) ad altri meno
eseguiti (i trii con pianoforte e le variazioni per violoncello). Il resto del
festival è in gran misura dedicato a due compositori dell’Europa centrale ed
orientale (Bartók e Stravinsky) messi a confronto con musiche di terre molto
lontane (la Cambogia e l’Africa). Ci sono ragioni puntuali come il centenario
della prima esecuzione del Sacre du printemps di Stravinsky e l’approssimarsi
di quello del Principe di legno di Bartók. Ma ci sono nessi più profondi:
Bartók fu uno dei primi compositori a interessarsi sistematicamente come
studioso alla musica etnica e proprio con il Sacre Stravinsky portò in
occidente la musica russa. Cosa c’è di meglio di confrontarli con la musica e le
danze dell’impero cambogiano Khmer e con le danze e sinfonie congolesi, oltre
che con quella che il nazismo bollò come “musica degenerata”?
La manifestazione ha chiaramente successo e già attira numerosi italiani.
Le ragioni sono molteplici e possono essere utili come insegnamento. I prezzi
dei biglietti sono contenuti: dai 23 euro (per gran parte degli spettacoli) ai
48 euro per il concerto dell’orchestra del Mariinsky diretta da Gergiev,
vengono offerti svariati “pacchetti” di abbonamento. Il budget complessivo
della manifestazione è circa un milione e mezzo di euro, ma circa un terzo (la
proporzione varia da anno in anno ma in questo 2013 di crisi è stata abbastanza
generosa) proviene da sponsor e “mecenati” privati. A ciò contribuiscono gli
sgravi tributari: a fronte di una detrazione d’imposta del 19% (quale prevista
in Italia), si giunge al 25% (e nella vicina Francia ad una deduzione anche del
60%). La varietà artistica (in Italia caratteristica di Ravenna) e la
concentrazione nei fine settimana agevola l’afflusso di pubblico.
Il vostro chroniquer ha passato a Montecarlo il fine settimana dedicato
alla Cambogia. Una vera rarità perché è la prima tournée di orchestra e corpo
di ballo “reale” al completo dal 1906. Ha scoperto una scrittura vocale (tramandata
oralmente sino a trent’anni fa) a tessitura molto alta (caratteristica di
compositori contemporanei come Eotvos e Ligeti), le partiture appoggiate a
poche tonalità su cui vengono inserite miriadi di micro-variazioni e numerose
variazioni (tra cui quelli che potrebbero essere chiamati “pezzi di bravura”).
Il balletto (circa due ore con intervallo) ha il “fa” come tonalità dominante
su cui si inseriscono, oltre alle micro- variazioni e alle improvvisazioni
(contenute), circa duecento temi melodici. La danza è stilizzata: gambe
leggermente aperte ad arcate, curatissimo il gioco di mani e di dita. Magnifici
i costumi che, anche al fine di agevolare i movimenti, non hanno né bottoni né
cinture lampo, ma vengono cuciti sui danzatori prima dello spettacolo.
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