OPERA/ I 250 anni del Comunale
di Bologna
domenica 19
maggio 2013
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NEWS Musica
Sono in
questi giorni in corso a Bologna le celebrazioni dei 250 anni
dall’inaugurazione del Teatro Comunale; la famosa Sala dei Bibbiena,
capolavoro architettonico a cui si sono ispirati i teatri barocchi di mezza
Europa. Tre teatri dei fratelli Bibbiena ancora attivi in Italia sono il Lauro
Rossi di Macerata, lo Scientifico di Mantova ed il Fraschini di Pavia. Ma lo
stile architettonico lanciato 250 anni fa ha avuto un grande impatto in
Germania e Francia perché permetteva ottima acustica, visibilità dai vari
ordini dei palchi e macchinari per il teatro barocco. In una Bologna di 70.000
abitanti, il Teatro ne conteneva 1200; ora con regole più stringenti in materia
di sicurezza ha circa mille posti. Ma Bologna ha mezzo milione di residenti. In
questi due secoli e mezzo, il teatro della città felsinea è stata rimaneggiato
più volte: sono state tolte le belle barcacce all’altezza del palcoscenico, è
stata scavata la buca d’orchestra, è stato aggiunto il palco reale, è stato
rimodellato il foyer. L’acustica non è più quella del 1763 ma è sempre tra le
migliori d’Italia.
Il Comunale
di Bologna ha avuto un ruolo importante nella storia della musica in quanto
considerata per anni il “teatro italiano wagneriano” per eccellenza. Fu anche
il teatro dove Arturo Toscanini venne insultato, e schiaffeggiato, per non
avere voluto suonare “Giovinezza” all’apertura di una serata; per ciò si decise
ad emigrare negli Usa. Più di recente è uno dei rari teatri che da spazio a lavori
contempo nei. Vi ha debuttato (in Italia) Le grand Macabre di
Ligeti, Maderna vi ha presentato una storica edizione di Hyperion. Tra
poche settimane il debutto italiano di Divorzio all’Italiana di
Battistelli che da cinque anni miete successi in Francia.
Per le celebrazioni si è avuto un convegno internazionale sul futuro dei rapporti tra lirica e società civile il 13 maggio, la messa in scena de Il trionfo di Clelia, la medesima messa in scena 250 anni fa, il 14 maggio (sino al 22 maggio) e la sera del 18 maggio il conferimento degli Oscar internazionali della lirica.
Il trionfo di Clelia Venne composta da Christoph Willibald
Gluck nel 1762, su libretto di Pietro Metastasio, e su commissione
proprio per l’inaugurazione del Teatro. –Gluck avrebbe preferito
utilizzare altre opere di Metastasio, in particolare L’Olimpiade, ma i
committenti scelsero Il trionfo di Clelia, ritenendolo più adatto al pubblico
per la sua maggiore spettacolarità, grazie alla presenza di scene di
particolare effetto come il combattimento di Orazio su un ponte, da cui si
getta nel fiume, oppure l’attraversamento del Tevere a cavallo da parte della
protagonista Clelia. E’ un’opera barocca che precede di circa un lustro quella
che, nelle storia della musica, viene chiamata “la riforma gluckiana” che a
fine Settecento aprì la strada a quello che sarebbe stata il melodramma del
secolo successivo. Con la “riforma” si semplificava al massimo l’azione e si
toglievano molti orpelli. Il trionfo di Clelia non venne mai
più ripresa fino al 2001, quando venne rappresentata nel delizioso teatro di
Lugo di Romagna, ma non nella sua versione completa e originale (le parti
maschili furono trasportate da soprano, mezzosoprano e contralto per baritono e
tenore, alcune arie furono semplificate o accorciate, numerosi recitativi
tagliati). Nella edizione ora a Bologna (che si vede anche a Atene e Londra) si
utilizzano voci femminili e contro-tenori per ruoli allora affidati a castrati.
Il linguaggio musicale, per quanto barocco, ha già in germe la “rivoluzione”
che Gluck covava. L’orchestrazione è ampia e raffinata Il ritrovamento in un
monastero austriaco di una copia manoscritta, avvenuto nel 1904, passò
relativamente sotto silenzio; il manoscritto, oggi al Conservatorio di
Bruxelles, venne ripreso nel 1963 da Giampiero Tintori.Per le celebrazioni si è avuto un convegno internazionale sul futuro dei rapporti tra lirica e società civile il 13 maggio, la messa in scena de Il trionfo di Clelia, la medesima messa in scena 250 anni fa, il 14 maggio (sino al 22 maggio) e la sera del 18 maggio il conferimento degli Oscar internazionali della lirica.
Difficile
dire se per Il Trionfo di Clelia si apre una nuova stagione
teatrale in Italia ed in Europa. L’originale (balletti comprese) durerebbe
oltre sei ore. Il regista e scenografo inglese Nigel Lowery prende pretesto dal
testo metastasiano – vicenda di amori ed eroismi nella Roma sotto il giogo
etrusco – per farne una parodia dadaista di “un’opera seria” (di circa
tre ore). Nelle intenzioni del regista il tema prevalente è l’anelito di
libertà contro la tirannia, ma anche a ragione dei fantasiosi costumi di Monica
Benini prevale il sapore del grottesco. Una scelta registica innovativa ma che
parte del pubblico del 14 maggio ha trovato controversa. Il Presidente della
Fondazione Metastasio al termine della serata ha detto che il “Cesareo Poeta”
si sarebbe rivoltato nella tomba.
Di livello,
gli aspetti musicali affidati a Giuseppe Sigismondi De Risio, in particolare la
decisione di rispettare la vocalità originale. Cast giovane in cui spicca Maria
Grazia Schiavo (Clelia) alle prese con una scrittura impervia. Molto bravi
anche gli altri protagonisti Mary-Ellen Nesi (Orazio), Burcu Uyar (Larissa),
Irini Karaianni (Tarquinio) , Vassilli Kavayas (Porsenna) e Daichi Fujiiki
(Mannio). Interessante l’orchestrazione , più ricca – come si è
accennato- di quanto consueto in opere dell’epoca. Nonostante questi pregi,
arduo prevedere un nuovo viaggio di “Clelia” nei cartelloni.
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