Ormai siamo
quasi considerati un "non Stato" o un "non Paese". Il caso
del viaggio in Europa (non in Italia) del segretario al Tesoro Usa e dei documenti
programmatici da inviare alla Commissione europea
Dato che il
marito (mio zio) aveva dilapidato il (cospicuo) patrimonio (ivi compresa quanto
portato in dote dalla moglie), mia zia Maria si era trasferita da un lussuoso
attico ai Parioli a un modesto quartino all’Appio Latino. Quando qualche
parente andava in visita, lo accoglieva dicendo mestamente: Dove siamo
finiti?
Cosa c’entra
questo ricordo di “cronaca familiare” con la politica economica di cui il
vostro chroniqueur si diletta a scrivere? Ci azzecca,
ci azzecca!, avrebbe detto Antonio Di Pietro. E questa volta avrebbe
avuto ragione.
Lew snobba l’Italia
Ormai siamo quasi considerati un “non Stato” o un “non Paese”. Il Segretario al Tesoro Usa, Jacob J. Lew, si è recato in Europa per 48 ore (8-9 aprile) per spingere le autorità europee sulla via della crescita. Ha avuto incontri con la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea, e discussioni a Parigi e Berlino con i governi di Francia e Germania. In Italia (che si vanta di essere il terzo Stato o Paese più importante dell’eurozona e la seconda potenza industriale dell’area dell’euro) non ha fatto neanche uno scalo tecnico.
Ormai siamo quasi considerati un “non Stato” o un “non Paese”. Il Segretario al Tesoro Usa, Jacob J. Lew, si è recato in Europa per 48 ore (8-9 aprile) per spingere le autorità europee sulla via della crescita. Ha avuto incontri con la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea, e discussioni a Parigi e Berlino con i governi di Francia e Germania. In Italia (che si vanta di essere il terzo Stato o Paese più importante dell’eurozona e la seconda potenza industriale dell’area dell’euro) non ha fatto neanche uno scalo tecnico.
In effetti
con chi avrebbe parlato? L’esecutivo in carica, pur non sfiduciato né dal
Parlamento eletto un mese e mezzo fa né dal precedente, è dimissionario da
circa cinque mesi ed è tecnicamente in funzione unicamente “per l’ordinaria
amministrazione”. Del “governo per il cambiamento” c’è traccia unicamente nei
discorsi del segretario del Pd, Pierluigi Bersani (PLB) cui fa da contrappunto
il Movimento Cinque Stelle (M5V) con il coro del Verdi, il coro a
Dio a suon di pernacchie.
Bersani e Grillo visti da Washington
Dato che
Bersani non si sente umiliato, questa sceneggiata, secondo Washington, potrebbe
durare a lungo per il sollazzo, forse, degli italiani, senza meritare però il
prezioso tempo dei componenti dell’esecutivo americano. Tanto più che
Amministrazione Usa e business community degli Stati Uniti
fanno delicatamente capire che a loro non dispiacerebbero “larghe intese” in
grado di affrontare i nodi strutturali dell’Italia e, al tempo stesso, mostrano
crescente attenzione per il Movimento 5 Stelle (M5S), dato che considerano
logoro e arrivato al capolinea il gruppo dirigente dei partiti tradizionali (Pd
in prima fila, dato che insiste tanto per qualcosa che non può avere:
“grillini” pronti a mettersi all’incanto). Con il cannocchiale dalle sponte del
Potomac, puntato verso il Tevere, l’ideale sarebbero intese così larghe da
includere il M5S i cui parlamentari sono giovani, poliglotti e ben istruiti.
I rapporti Italia-Bruxelles
Dove sono finiti! viene
detto anche a Bruxelles. Entro il 15 aprile, devono arrivare alle istituzioni
europee il Documento di Economia e Finanza (Def) ed il Programma Nazionale
delle Riforme (Pnr), il primo delinea le misure per restare nei limiti
del Fiscal Compound ma anche attuare una politica di sostegno
alla crescita. Il secondo deve indicare “le riforme” per i prossimi cinque
anni. I due documenti verranno approvati dal Consiglio dei Ministri nostrano
entro il fine settimana e recapitati a Bruxelles, ma un autorevole ministro ha
già detto che il prossimo governo (se e quando ci sarà) potrebbe inviarne
altri.
La questione del Programma nazionale delle riforme
In effetti,
il PNR riguarda riforme, delle due l’una: o il Governo “per il cambiamento” è
già in carica (il cui leader si vanta di avere sorretto interamente sulle
proprie spalle il governo precedente, quello ora destinato all’’ordinaria
amministrazione’) o non si capisce cosa venga a fare un altro esecutivo se
l’attuale ha già predisposto un piano quinquennale di riforme e presentato agli
altri 26 dell’Unione Europea. Vista da Rue de la Loi di Bruxelles, mentre gli
indicatori economici italiani parlano di recessione ancora grave, aumento della
disoccupazione ed espansione dell’area delle povertà, c’è chi si è impegnato
nella commedia dell’arte senza rendersi conto che il suo bacino elettorale ha
toccato, in termini di voti, il minimo storico dal 1961.
Tra lazzi,
frizzi e forse anche il ritorno della sedute spiritiche, a Washington ci
si impipa di noi ed a Bruxelles si ride. Dove siamo finiti!
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