Il governo
Letta? Un vero centro-sinistra
27 - 04 - 2013Giuseppe Pennisi
La caratteristica saliente del governo Letta non è l’età mediamente molto
più bassa di quella dell’esecutivo che lo ha preceduto e neanche la maggiore
presenza di ministri di genere femminile di quanto sia di solito avvenuto in
Italia. E’ la trasformazione di una "strana maggioranza" in una
maggioranza "normale" quale quella che ci si dovrebbe aspettare in
Paese come l’Italia...
La caratteristica saliente del governo Letta non è l’età mediamente molto
più bassa di quella dell’esecutivo che lo ha preceduto e neanche la maggiore
presenza di ministri di genere femminile di quanto sia di solito avvenuto in
Italia.
E’ la trasformazione di una “strana maggioranza” in una maggioranza
“normale” quale quella che ci si dovrebbe aspettare in Paese come l’Italia.
E’ una maggioranza che potremmo chiamare di “centro-sinistra” nel solco di
una tradizione che, con poche interruzioni, ha governato l’Italia sin dal 1963.
Nel nostro Paese, non c’è la divisione netta tra “gauche” e “droite” che
caratterizza la Francia dall’epoca della rivoluzione né tra “tories” e “labour”
che colora la Gran Bretagna da quanto è nata la democrazia rappresentativa.
Il Premio Nobel Douglas C. North ha dimostrato che individui e soprattutto
società sono path dependent, seguono, quindi, un solco predeterminato
di cui essi stessi hanno segnato il tracciato. Non è stata creata una “grosse
koalition” come in Germania nel 2005 ma le ali relativamente più moderate degli
schieramenti hanno trovato un punto di congiunzione per prendere insieme le
difficili misure economiche e istituzionali che il Paese richiede senza
ulteriori indugi o rinvii.
E’ su tale solco che in un certo qual modo si ritorna dopo vent’anni di
aspri contrasti in cui l’avversario veniva demonizzato. L’aggiustamento è
difficile, specialmente il Pd che ha demonizzato i propri avversari più di
quanto abbiamo fatto altri. Al Pd, che era convinto di vincere elezioni
da cui è invece uscito “miglior perdente” guadagnando un premio di maggioranza
abnorme, sarà difficile spiegare non solo ai propri elettori ma anche a una
parte considerevoli dei propri eletti perché si è alleato con coloro che sino
all’altro ieri mostrava come “impresentabili”.
E’ il prezzo che si deve pagare per tornare a fare una politica “normale”
quale è prassi in Paesi ‘normali’. E’ un prezzo che potrà costare caro in
termini di consenso elettorale e di coesione parlamentare. E’ un prezzo
inevitabile perché nessun partito che si fregia dell’aggettivo “democratico”
tiene le proprie differenti tendenze insieme ed il proprio elettorato sulla
corda impiegando come strumento principale la demonizzazione dell’avversario.
Non un programma alternativo a quello che la controparte propone.
Un prezzo (più contenuto) verrà pagato anche dal Pdl poiché parte
dell’elettorato avrà difficoltà a comprendere la scelta effettuata. Sarà – come
si è detto – minore di quello a carico del Pd poiché il Pdl ritrova alla grande
una centralità politica dopo che per una frazione di voti e un abnorme premio
di maggioranza era parso essere il perdente delle elezioni.
La maggioranza “normale” non si trova però ad operare in Paese “normale”
non soltanto a causa della gravità della situazione economica (nonché di quella
della finanza pubblica) ma perché vent’anni di demonizzazioni dell’avversario
hanno reso l’Italia un Paese di fazioni agguerrite più di odi personali che
della normale dialettica politica.
Così come c’è stato un chiarimento tra le varie componenti del
centro-destra (che ha comportato una forte perdita di voti al Pdl) sarebbe
auspicabile un analogo chiarimento a sinistra. In effetti, la maggioranza
sarebbe davvero “normale” (e il Paese tornerebbe più velocemente ad essere
‘normale’) se quella cinquantina (o forse anche più) di parlamentari Pd che
hanno difficoltà a sostenere un Governo con “impresentabili”, formassero un
nuovo gruppo parlamentare o si unissero al Sel, riservandosi di appoggiare i
provvedimenti in linea con le loro visioni del bene comune. Scelte analoghe
sono state fatte dalla Lega e da Fratelli d’Italia ed hanno contribuito a chiarire
il quadro ed ad avvicinare un mondo della politica che si sta “normalizzando” a
quello che è un Paese che vuole diventare “normale”.
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