Unione bancaria, il doppio autogoal della Commissione europea
11 - 07 -
2013Giuseppe Pennisi
La proposta non regge sotto il
profilo politico. E ove fosse politicamente fattibile, richiederebbe un
negoziato tale da rinviare l’unione bancaria alle calende greche. L'analisi
dell'economista Giuseppe Pennisi
Questa volta, la Commissione Europea
(Ce) ha proprio fatto autogoal, sotto il profilo sia politico sia
giuridico.
La bozza di regolamento presentata
per fare avanzare la parte più difficile del negoziato sull’unione bancaria
(quella relativa alla risoluzione di crisi di istituti di credito decotti)
prevede la costituzione di una nuova agenzia (dallo strano nome di Single
Resolution Mechamism, Srm) con un organico di 300 persone e una dotazione di
70-90 miliardi di euro.
In breve, su segnalazione della
Banca centrale europea (Bce), quando un istituto (tra i 6000 sottoposti alla
vigilanza della Bce o dal sistema di vigilanza coordinato dalla Bce) sarebbe
vicino a entrare in crisi, scatterebbero i meccanismi del Srm.
Verrebbe creato un consiglio di
gestione (del genere di quelli istituiti quando un’azienda va in
amministrazione controllata) di cui farebbero ‘tutti le pertinenti parti in
causa nazionali’, la Bce e la Ce che lo presiederebbe.
Il consiglio deciderebbe cosa fare:
aprire una procedura fallimentare, vendere rami d’azienda, intervenire con
aiuti-tampone, utilizzando la propria dotazione (finanziata ovviamente dai
contribuenti degli Stati membri), o quant’altro. In caso di dissenso, tra i
componenti del consiglio, la Ce (incaricata comunque di attuarne le decisioni)
opererebbe come “primus inter pares”.
A questa bozza di regolamento,
presentata il 10 luglio, il giorno successivo il Commissario competente ha
precisato che prima di interventi comunitari (il “tampone” a cui si è fatto
cenno), gli azionisti e gli obbligazionisti “non privilegiati” dovranno fare la
loro parte, così come stabilito dall’Ecofin a fine giugno.
Sotto il profilo politico, questo
schema (di cui si sono riassunti i punti essenziali ma è da oggi disponibile in
inglese sui siti dell’Unione Europea) è un tentativo sin troppo smaccato di non
di fare avanzare l’unione bancaria (secondo la stessa Ce, l’unione sarebbe
completamente in funzione nel 2025; sic!) ma di fare riacquistare alla Ce quella
centralità che ha perso negli ultimi quindici anni (gli scandali durante le
Presidenza Santer e Prodi e il pallore della Presidenza Barroso).
E’ arduo che ciò sia possibile tanto
più che lo schema è l’opposto di quanto deciso nel vertice franco-tedesco di
giugno (limitarsi, per ora, a fare funzionare la vigilanza comune) e che
la stessa Ce è vista come una compagnia di funzionari “nominati”. Potrebbe
acquistare fulgore soltanto dopo una drastica revisione dei Trattati che
prevedesse l’elezione diretta del suo Presidente e procedure democratiche per
la nomina dei suoi componenti.
Il tentativo di diventare, con un
sotterfugio, il perno dell’Ue, o almeno dell’unione monetaria, potrebbe avere
effetti controproducenti: nella migliore delle ipotesi, un’alzata di scudi dei
28 Stati membri contro i burocrati “apolides, apatrides et
irresponsables” (come li chiamava il generale De Gaulle) e, nella
peggiore, gettare ulteriore discredito nei confronti di Barroso & Soci.
Ditta ormai di poco peso.
C’è, poi, un serio problema
giuridico. La stampa italiana mostra come una “pretesa” tedesca l’esigenza di
modificare i Trattati, almeno quello di Maastricht (con ratifiche in tutti gli
Stati membri ed in alcuni anche procedure referendarie). In effetti, la bozza
di regolamento prevede un accordo inter-governativo di cooperazione
“rafforzata”, al di fuori dei Trattati.
Difficile pensare che sia fattibile
perché il Trattato di Maastricht (così come è scritto ed è in vigore) vieta
esplicitamente operazioni di sostegno alle banche. Nel 1992, quando si trattò
di mettere in atto salvataggi del Banco di Sicilia e del Banco di Napoli, la Ce
dell’epoca, con il supporto di esimi giuristi anche italiani, affermò che
l’Italia doveva agire (come fece) prima dell’entrata in vigore del Trattato di
Maastricht.
Doppio autogoal, quindi. La proposta
non regge sotto il profilo politico. E ove fosse politicamente fattibile,
richiederebbe un negoziato tale da rinviare l’unione bancaria alle calende
greche.
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