Opere micro,
grande lirica
DI GIUSEPPE PENNISI Q uali che siano i marchingegni di finanza pubblica per sostenere le fondazioni liriche, in Italia l’opera come forma di espressione estetica è condannata se non si attira nuovo e più giovane pubblico Mancano dati completi ma basta aggirarsi per teatri d’opera e vedere in sala, nei palchi e nei loggioni, una prevalenza (circa due terzi) di 'pantere grigie e bianche' la cui frequentazione è destinata, per ragioni naturali, a diminuire. Alcuni mesi fa uno dei maggiori trimestrali tedeschi del settore – Max & Joseph pubblicato a Monaco – ne attribuiva la responsabilità principalmente agli allestimenti e alle drammaturgie, tanto tradizionali da sembrare stantie, e di scarsa attrattiva per le nuove generazioni. Avvenire ha ricordato alcuni mesi fa come il teatro povero americano (quasi privo di finanziamento pubblico) ha rinnovato il pubblico portando in scena dramma in musica tratti da romanzi, film ed anche eventi politici recenti e molto noti.
Benjamin Britten (di cui quest’anno si celebra il centenario della morte) lo aveva preconizzato già sei decenni fa e composto, per il 'suo' teatro a Aldeburgh e per tournée, opere con organico all’osso e facilmente trasportabili. Alcuni teatri (ad esempio, il Lirico Sperimentale di Spoleto e la Filarmonica Romana) si sono in parte messi su questa strada mettendo in scena brevi 'reality opera' tratte da fatti di cronaca. Poche fondazioni l’hanno seguita anche in quanto operano in vasti teatri ottocenteschi ed hanno in gran misura chiuso strutture (come la Piccola Scala) adatte a questo scopo. Tuttavia, alcune fondazioni dispongono anche di teatri - bomboniera (ad esempio per il Maggio Fiorentino il Goldoni). Peccato che, pur avendolo coprodotto (ed in parte pagato), sia stato cancellato Written on the Skin di George Benjamin che sta trionfando in tutta Europa e che né il Maggio né altri teatri italiani abbiano rappresentato Thanks to my Eyes del milanese Oscar Bianchi, uno dei maggiori successi artistici e commerciali non solo nel Vecchio Continente ma anche in America degli ultimi tre anni. Sono a lavori a basso costo su argomenti che interessano i giovani.
Infine, in Italia soltanto Lucca, Reggio Calabria ed un festival sperimentale romano si sono interessati alle micro opere di Gerolamo Deraco che, un mese fa, ha vinto in Ungheria il premio Bartók Plusz e simultaneamente entrato nel Guinness dei Primati con TACI , che con i suoi 8 secondi è l’opera più breve al mondo, eseguita la sera della prima 17 volte (1+7=8) ogni volta con variazioni. Deraco la chiama «un minimo dramma» per voce e orchestra, presentata con regia di Aczél András, concertata da Cser Ádám e con protagonista Röser Orsolya Hajnalka. Tema, «l’illusione di spazio» e il conseguente «vuoto sociale della società contemporanea». In settembre, sarà all’Opéra National di Nizza, poi in vari teatri tedeschi, austriaci e del Nord Europa. Non figura in nessun cartellone italiano.
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Organici ridotti e attualità: così i nuovi compositori trovano successo e nuovo pubblico. Tranne in Italia
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