Ecco perché
sono urgenti il taglio del debito e la spending review
22 - 07 - 2013Giuseppe Pennisi
La notizia che lo stock del debito
pubblico ha toccato il 130% del Pil
sarebbe stata, in altri tempi, interpretata come uno dei quei lanci di agenzia
che fanno tremare il mondo (dei mercati finanziari). Invece, a metà giornata, Piazza
Affari era segnalata come una delle Borse in maggior salita in Europa (dopo
gli scossoni dei giorni scorsi), i titoli bancari andavano particolarmente
bene, l’obbligazionario europeo sostanzialmente stabile in seguito ai dati sul
miglioramento della situazione in Portogallo, ed ovviamente posizione di attesa
in merito a Rcs, Unicredit e Bpm.
Come mai i mercati sono rimasti di gesso? Le ragioni di fondo sono state
illustrate su Formiche.net del 19 luglio: lo stock di debito
relativamente al Pil è solamente uno e non necessariamente il più rilevante tra
gli indicatori a cui guardano i mercati. A loro volta, i mercati non sono “gli
gnomi di Zurigo” di nixoniana memoria, ma milioni e milioni di persone i cui
movimenti, a volte, si neutralizzano. In questi giorni, ad esempio, l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni di
Francia e Spagna dà più preoccupazione del debito pubblico italiano,
la cui gestione potrebbe essere relativamente facile ove politiche pubbliche
dal lato della domanda e dal lato dell’offerta le consentissero di ripartire. Purtroppo – ed è questo il nodo centrale – è difficile
concepire ed atture politiche di domanda mantenendo il saldo contabile della
finanza pubblica entro il 3% del Pil.
Ciò vuol dire che i mercati possono restare di gesso solo temporaneamente e
che non c’è alcun motivo di compiacersi della loro scarsa fibrillazione
rispetto all’andamento del debito pubblico. Il Governo farebbe bene a
riprendere in mano due eredità dell’ultimo scorcio della passata legislatura:
a) lo studio di Astrid sui
modi e le maniere per ridurre lo stock di debito con operazioni straordinarie,
ma compatibili con il buon funzionamento del mercato (e senza terrorizzare gli
operatori, come avverrebbe con una patrimoniale); b) la spending review,
dando un ruolo centrale alla Ragioneria Generale dello Stato ed al gruppo di
dirigenti scelti per questo scopo in seguito a un concorso pubblico europeo. Il
Parlamento, dal canto suo, dovrebbe avviare le procedure per l’istituzione ed
il funzionamento dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (quel che ne dica il
sito Noise from Amerika sarebbe pur sempre una barriera, non certo a prova di
bomba, al “mercato delle vacche” a base di emendamenti.
I tempi sono stretti. Occorre varare la duplice operazione in tempo per
quel “fatidico” 31 agosto entro cui ci si è impegnati a risolvere i problemi
dell’Imu, Iva e tante altre cose. “Imu, Ive e tante altre cose” sono il
vero “sottostante” a cui guardano i mercati.
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