DATAGATE/ C’è uno spionaggio più grave del "Grande Fratello"
americano
giovedì 4 luglio 2013
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NEWS Esteri
Grande agitazione sul datagate
(il furto, da parte di un dipendente dei servizi segreti americani, di dati
riservati che riguardano non solo gli Usa ma anche il resto del mondo, tra cui
gli alleati degli Stati Uniti). Ci sono indubbiamente severi aspetti di diritto
penale, all’attenzione della magistrature competenti e degli Stati con i quali
gli Usa hanno accordi. Tra tanto clamore cerchiamo di delineare cause, effetti
e rimedi del “caso”.
Cause - La determinante è essenzialmente
la tecnologia. In un bel libro di una ventina di anni fa, Luigi Fenizi ha
dimostrato come il Novecento è stato il secolo “crudele” del terrore di massa
(gulag, campi di concentramento, stermini) a ragione della tecnologia: per
millenni, la crudeltà si è estrinsecata nei confronti di singoli individui, nel
Novecento è stato possibile, con la tecnologia, estenderla a interi gruppi
sociali o etnici. Analogamente, nel XXI secolo, la tecnologia - specialmente
quella dell’informazione e della comunicazione - rende fattibile la fine della
“privacy” o lo spionaggio di massa.
In passato, tutti gli Stati
disponevano di servizi segreti, e di spie, che si arrabattavano come potevamo,
spesso utilizzando i buchi delle serrature come loro strumento più avanzato.
Oggi con l’Ict si può monitorare tutto. Ci sono Stati particolarmente ben
organizzati nell’Intelligence (specialmente gli Stati Uniti dopo Pearl Harbour),
altri meno. In Europa, il Cambridge Circus britannico e le Deuxième Bureau
francese hanno una buona reputazione di efficienza ed efficacia, mentre i
servizi italiani e spagnoli ne hanno, a torto o a ragione, una pessima - in
particolare in materia di impiego delle tecnologie. Non ci si deve sorprendere
che gli alleati si spiino l’un l’altro; lo si è sempre fatto da che mondo e
mondo - così come mogli e mariti sospettosi hanno sempre spiato i comportamenti
dei coniugi.
Effetti - ndubbiamente grave il comportamento
della “spia infedele” che minaccia di diffondere a mezzo mondo (a suo dire, a
fin di bene) i dettagli del suo lavoro. Tuttavia, le implicazioni del datagate
vanno drasticamente ridimensionate. Negli anni Settanta, in America, fece
scalpore il fatto che, segretamente, alla Casa Bianca si registrassero (senza
che gli interlocutori lo sapessero) tutte le conversazioni del Presidente Nixon
(il quale intendeva utilizzare i nastri per una sua autobiografia). I nastri
diventarono elemento determinate del “caso Watergate” perché si pensava di
ottenere da essi la prova che Nixon era al corrente dell’incursione fraudolenta
negli uffici del comitato elettorale del suo avversario e che, quindi, avesse
mentito al Congresso degli Stati Uniti e al popolo americano.
Si trattava, in essenza, di poche
conversazioni. Oggi gli ascoltatori/spie vengono travolti da miriadi di
conversazioni e spezzoni di conversazioni. È molto difficile che sappiano
individuare quelle a loro utili ai fini del loro mandato. Molto più insidioso -
ma nessuno ne parla - lo spionaggio industriale, ben mirato alla ricerca di
innovazioni che possono essere brevettate. Le nuove tecnologie consentono non
solo un approccio di massa, ma soprattutto una migliore definizione di
obiettivi e traguardi.
Rimedi - A un problema tecnologico si
rimedia, in primo luogo, con strumenti tecnologici. Chi tratta di questioni
delicate dovrebbe conversare con i propri interlocutori al riparo di filtri e
schermi. I ficcanaso si stancherebbero di ascoltare liti di condominio,
questioni di letto e simili. Necessari, poi, sia un maggiore e migliore
addestramento dei “servizi”, sia una più attenta vigilanza degli organi
(politici, giudiziari, parlamentari) sui loro obiettivi e strumenti. Non
risolverebbero il problema, ma ne ridurrebbero l’entità.
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