La globalizzazione a macchia di leopardo
La frenata dei Brics
La fine di un'illusione
Giuseppe Pennisi
- See more
at:
http://www.lindro.it/economia/2013-07-30/94448-la-frenata-dei-brics#sthash.URMeM2M7.dpuf
In questo scorcio di estate 2013, grande preoccupazione si avverte a
proposito della ‘frenata’ in corso nel gruppo di Paesi chiamato Brics (Brasile,
Russia, India, Cina). Il settimanale 'The Economist' ha dedicato al tema
la copertina, l’editoriale ed un’inchiesta nel numero del 27 luglio-2 agosto. A
mio avviso, si tratta della fine di un’illusione che molti avevano in
appropriatamente nutrito. Andiamo con ordine.
Il ruolo dei Brics nella crisi in corso dal 2007. La teoria economica (in particolare
quella elaborata da H. Minsky) aveva anticipato, con la teorizzazione
della “grande moderazione”, che la fase di crescita relativamente contenuta
dell’economia mondiale, bassa inflazione e bassi tassi d’interesse reali e
monetari sarebbe sfociata in una nuova grande crisi, successiva a quelle degli
anni '80 (America Latina , in particolare) e gli anni '90 (Russia, Brasile,
Asia) e molto più vasta e profonda: avrebbe portato ad una crescita molto
rapida di liquidità. Seguii lo stesso ragionamento - è antipatico citare sé
stessi, ma lo faceva Rossini con grande frequenza - in un breve saggio
pubblicato nel 1999; nel 2004 individuai nei Brics (in articoli giornalistici)
una delle componenti delle tensioni finanziarie già allora in atto. Questo
punto è stato sviluppato magistralmente, ed in modo divulgativo, da Martin
Wolf nel libro Fixing Global Finance, Forum on Constructive
Capitalism. In breve, negli anni della “grande moderazione”, lo squilibrio dei
conti con l’estero degli Usa ha avuto l’effetto di aumentare a dismisura i
saldi attivi dei Paesi colpiti dalle crisi degli anni '90 (tra cui, in primo
luogo, Brasile, Russia e Sud Est Asiatico). Il Brasile e la Russia, tra l’altro,
sono stati molto abili nel gestire la loro politica economica internazionale
utilizzando la strumentazione della “teoria delle opzioni reali”: un documento
della Banca Mondiale e del Banco Interamericano per lo Sviluppo analizza, ad
esempio, come il Brasile abbia impiegato con acume le strategia e le stesse
equazioni proposte in A. Dixit e R.S. Pindyck Investment under
Uncertainty , Princeton University Press e come ciò abbia messo a
repentaglio l’Argentina. Tali saldi attivi sono stati in gran misura collocati
in titoli americani, gonfiando la liquidità interna Usa e ponendosi tra le
componenti principali della crisi subprime. E’ difficile fare
congetture sugli effetti delle recenti decisioni della Banca popolare di Cina
in materia di tasso di cambio dello yuan sui saldi e sulla liquidità (anche in
quanto la Cina, come altri Paesi, ha di recente mutato strategia ed il proprio
attivo viene in parte incanalato tramite un fondo sovrano, che partecipa al
Long Term Investors Club, LTIC).
I Brics e la globalizzazione parziale. Il mondo è in una fase di
“globalizzazione parziale” , analoga a quella del 1870-1914. Come allora, è una
“globalizzazione a macchia di leopardo” promossa dalla tecnologia (allora,
elettricità e trasporti; oggi, le tecnologie dell’informazione e della
comunicazione). Allora (ci sono analisi di livello, ad esempio di Jeffrey
Williamson), ci fu l’ascesa di Paese feudali (Germania e Giappone) tramite
l’industrializzazione tardiva ma accelerata. Anche allora la trasformazione
della struttura economica non venne accompagnata da un analogo sviluppo
istituzionale, come dimostrato da D.C. North nel libro "Istituzioni,
Sviluppo Istituzionale, Andamento dell’Economia" (Il Mulino), che gli
valse il Premio Nobel 1991. L’esito furono due guerre mondiali. North utilizza
ampiamente la teoria dei giochi a più livelli ed i paradigmi dell’economia dei
costi di transazione (R. Putman, F. Del Monte , F. Barca ed io stesso
abbiamo utilizzato il metodo North per l’analisi dei problemi del Mezzogiorno
d’Italia). Sulla Cina Amy Chua, dell’Università di Yale - ora americana ma
d’ascendenza cinese - è giunta a conclusioni simili. Esistono monografie su
Cina, Brasile e Russia che arrivano a risultati simili. Pur non disponendo di
dati analoghi (e di una strumentazione econometrica) , credo che il nostro
studio debba focalizzare su questo punto.
I Brics e la exit strategy dalla crisi Il G20 appena tenuto a Mosca è
un’ulteriore dimostrazione che il ruolo dei Brics come motore per uscire dalla
crisi non può essere che marginale a causa non solo del loro peso ancora
limitato nell’economia mondiale ma soprattutto delle loro contraddizioni
interne (ammesse dallo stesso Marcelo Neri, a lungo consigliere
economico dell’allora Presidente del Brasile, Lula). Ai G20 , in breve, i Brics
sono poco più che comprimari. Il dialogo è essenzialmente tra Usa e Ue e sul
ruolo della seconda nel trainare fuori dalla crisi l’economia mondiale,
nonostante, secondo le stime effettuata da Angus Maddison prima di
morire, a parità di potere d’acquisto il Pil della Cina sfiorerebbe l’80% di
quello degli Stati Uniti.
I Brics nel lungo termine dell’economia mondiale. Si entra in pure congetture: come
ricordato in precedenza, per dare una assetto istituzionale “moderno” a
Germania e Giappone è stata necessario il “secolo breve” con le sue due guerre
mondiali. Le mie conoscenze dirette di Brasile, Russia e Cina mi inducono a
ritenere che i problemi sono molto più complessi di quelli che dovettero
affrontare Germania e Giappone all’inizio del XIX Secolo: al di fuori di pochi
poli di sviluppo si è ancora ad economia, e società, primitive come quelle
dell’Africa Sub-Sahariana; i processi decisionali sono quanto meno poco
trasparenti; le funzioni di benessere sociale perseguite dalle classi dirigenti
oscure e difficili da decifrare; la corruzione è diffusissima ed i costi di
transazione ( blocco primario allo sviluppo) elevatissimi, le discriminazioni
(principalmente razziali) sono fortissime. Inoltre, India e Cina hanno un serio
vincolo al proprio sviluppo: la scarsa disponibilità di risorse idriche. La
Cina, inoltre, è l’unico Paese al mondo con una lingua scritta ma non parlata –
altro severo vincolo allo sviluppo. In materia c’’è molta letteratura. I nodo
essenziale è la tecnologia, il vero motore, ancora una volta, della
globalizzazione. Mentre nel 1870-1910, i Paesi di tarda industrializzazione
svilupparono tecnologie “proprie” (siderurgia, chimica, impiantistica,
strumentazione di precisione), i Brics perseguono una strategia di “efficienza
adattiva” nell’adattare tecnologia altrui alla propria vasta disponibilità di
lavoro ed ai propri bassi salari e bassa protezione sociale. E’ una strategia
che ha limiti ben precisi come dimostrò Sir Arthur Lewis nell’articolo del 1954
che gli fruttò il Premio Nobel.
- See more at:
http://www.lindro.it/economia/2013-07-30/94448-la-frenata-dei-brics#sthash.URMeM2M7.dpuf
Nessun commento:
Posta un commento