OPERA/ Tristano, Isotta e il silenzio della metropoli
lunedì 17
settembre 2012
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Per gran
parte degli italiani - ed ancor più degli stranieri - la Rimini estiva è quella
immortalata dai film di Fellini e, negli ultimi anni, utilizzata come scenario
di commedie all’italiana spesso piuttosto volgari. Pochi sanno che è la sede di
uno dei più lunghi e più importanti festival musicali dell’estate: la Sagra
Malatestiana, ospitata inizialmente nel rinascimentale Tempio Malatestiano (che
contiene non più di settecento spettatori) ma gradualmente trasferita in varie
chiese, nelle rovine del Complesso Agostiniano bombardato durante la secondo
guerra mondiale e dal 28 agosto di quest’anno in un nuovo grande auditorio
polifunzionale. La Sagra Malatestiana è giunta alla 63esima edizione. Questa
estate-autunno è iniziata il 2 agosto con una serie di concerti dedicati a
Domenico Scarlatti (dopo cinque fortunati cicli, negli anni precedente,
imperniati su Bach). Nel nuovo Auditorium , sfoggia una serie di grandi
concerti sinfonici (spesso portando in Romagna orchestre di fama internazionale
provenienti dal MiTo od in viaggio verso Milano e Torino), dopo un Salon
Debussy l’8 settembre, per ricordare i 150 anni dalla nascita del compositore.
Tra gli “eventi collaterali” (che si estendono sino all’11 ottobre) ha
presentato il 15 ed il 16 la prima messa in scena del ciclo Harawi
di François Messiaen. Sono ormai diversi anni che la Sagra rappresenta in forma
scenica lavori originariamente non concepiti per teatri e palcoscenici. E’ un
modo interessante di offrire ‘opere da camera’ spesso a basso costo e tali di
poter andare in tournée. Harawi si vedrà in varie altre città
italiane, tra cui Roma nell’ambito del Roma Europa Festival e Bassano del
Grappa nel quadro della rassegna annuale dell’opera da camera.
Harawi, sottotitolato Chant d’Amour
et de Mort è una delle tre composizioni di Messiaen, ispirate al mito di
Tristano ed Isotta. Normalmente quando si pensa all’antica leggenda celtica si
amore oltre la morte, si va con la mente all’opera di Richard Wagner, senza
dubbio il più importante lavoro musicale ispirato alla vicenda (fortemente
semplificata) nonché germe della musica atonale contemporanea.
Sin dal Medio Evo, tuttavia, il mito ispira la
musica, da una “estampie” (composizione strumentale per danza) chiamata Il
Lamento di Tristano” che risale all’inizio del Rinascimento. In epoca
romantica, prima di Wagner, la cui opera debuttò a Monaco nel 1865, Herman Kruz
compose una serie di lieder intitolati Tristan und Isolde . In tempi
recenti, lo svizzero Frank Martin presentò nel 1942 un oratorio Il Vino
Speziato tratto dalla vicenda dei due sfortunati amanti, Hans Werner Henze
un poema sinfonico nel 1973, Armin Schible un’opera La Follia di Tristano, nel
1995 Francesco Pennisi compose, su commissione della Biennale, un Tristan su
un libretto di Ezra Pound redatto secondo i canoni del Teatro No
giapponese. Non manca un’”opera celtic pop” Tristano e Isotta, storia
d’amore, di patria e d’onore” di Stefano Fucili, Francesco Gazzè ed Enzo
Vecchiarelli, che è stata messa in scena dal Tristano e Isotta Ensemble, con
regia di Fabrizio Bartolucci. Numerosi, poi, i balletti , tra cui uno (del
1944) con scene e costumi di Salvador Dalí.
Senza entrare nelle altre due versioni del mito
che hanno ispirato Messiaen, grande esperto di musica etnica e di canto degli
uccelli che integrava in partiture quasi neoclassiche, soffermiamoci su Harawi presentato
al Teatro degli Atti nel Complesso Agostiniano, in coproduzione il collettivo
teatrale romano Santasangre. Nel Perù postcolonizzato la grande fioritura di
racconti mitologici e di canti che narrano dell'amore e della morte prende, nel
suo complesso drammatico - rituale ed espressivo, il nome di Harawi,
una parola dell'antico dizionario Quechua. Nella tradizione Quechua , il tema
mitico della congiunzione eterna di Eros in Thanatos diventa un enigma fosco.
Compositore cattolico, Messiaen gli da una risposta serena riferendosi al
contesto straniante di una cultura extraeuropea contaminata dall'Occidente:
"un grande amore come quello tra Tristano e Isotta è un riflesso, ancorché
un pallido riflesso dell’amore divino”.
Lo spettacolo è un lavoro essenziale: pianoforte
(Lucio Perotti) e soprano (Matelda Viola), a cui i Santasangre aggiungono
quattro attori-mimi che non parlano (Maria Teresa Bax, Marcello Sambati,
Antonello Compagnoni, Monica Galli). Nelle letture consuete di Harawi il
canto di amore e morte è effetto del sentimento di estinzione di un popolo
deprivato delle proprie espressioni linguistiche e culturali, della propria
identità. Harawi è l'anti-Tristan, non vi è enfasi
ottimistica, non vi è possibilità di facile identificazione, elemento di cui,
anzi, Messiaen, compie una critica spietata trattando parodisticamente ogni
elemento desunto dall'opera di Wagner (tecniche del leitmotiv e frammenti di
testo letterario), e immergendo gli elementi stranianti della cultura Quechua
nel proprio dizionario compositivo e concettuale, pervaso di cultura
novecentista e degli influssi della pittura e della poesia simbolista francese.
L’allestimento del gruppo Santasangre (Diana Arbib, Luca Brinchi, Dario
Salvagnini, Roberto Zanardo) situa la leggenda in una grande metropoli moderna.
Isotta e Tristano sono rispettivamente sui 65 ed i 70 anni di età. Muoiono
insieme. Ma insieme si risvegliano per fare l’amore. Un amore eterno nel nome
di Dio. Ciò da grande attualità ad un mito millenario.
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