mercoledì 5 settembre 2012

IL RACCONTO DI DUE CITTÀ in Il Velino 5 settembre

IL RACCONTO DI DUE CITTÀ

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Roma - Nel 1859 Charles Dickens pubblicò “A Tale of Two Cities”, un romanzo in cui metteva a confronto Londra e Parigi: fu un successo editoriale strepitoso con 200mila copie vendute nel primo anno dall’arrivo nelle librerie e ancora oggi nuove ristampe. È un libro che andrebbe letto da molti italiani (in parallelo con le corrispondenze dagli Stati Uniti) in questi giorni in cui la campagna elettorale per le presidenziali americane è entrata nella fase cruciale e sono in corso i prolegomeni per quella che dovrà portare al rinnovo della Camera e dei Deputati in Italia. Ho studiato e vissuto negli Usa per più di lustri e, per abitudine, il primo quotidiano che leggo ogni mattina è l’International Herald Tribune per avere un quadro dell’economia e della politica mondiale da una prospettiva internazionale. Seguo verosimilmente la campagna elettorale in corso negli Stati Uniti più di quanto non facciano molti lettori italiani, sono spesso in contatto con amici di lunga data americani e vado di tanto in tanto a Washington e a New York.Non sta certo a me commentare cosa sta avvenendo negli Usa. È tuttavia impressionante il confronto con le vicende nostrane.

In breve, e a grandi tratti, quattro anni fa Barack Obama è emerso quasi dall’oscurità (per chi non fosse davvero attento alle vicende interne del Partito Democratico o della vita politica nell’Illinois) con un programma di profondo rinnovamento: dopo quattro anni, solo parte del programma è stata attuata; il presidente uscente, da candidato naturale del Partito Democratico, chiede altri quattro anni per completarne la realizzazione ma nel frattempo lo stock di debito pubblico in senso stretto è arrivato a 16mila miliardi dollari (senza tener conto del debito previdenziale, dell’assistenza sanitaria agli anziani e di alcune gestioni fuori bilancio come le ipoteche immobiliari per i giovani), la disoccupazione viaggia verso il 9 per cento della forza di lavoro, il disavanzo dei conti con l’estero è circa 500 miliardi di dollari.

Secondo gli ultimi sondaggi, il 52 per cento degli americani voterebbe contro il proseguimento di un esperimento che solo quattro anni fa ha suscitato aspettative. Il Congresso repubblicano, appena conclusosi, ha nominato come suoi oppositori l’accoppiata Mitt Romney e Paul Ryan (nomi sino a poco tempo fa sconosciuti a gran parte degli americani e ignoti all’estero). Hanno una “piattaforma” precisa che è l’opposto di quella dei Democratici: smontare gran parte di quanto realizzato dall’amministrazione Obama, ridurre drasticamente il debito pubblico (anche con misure di finanza straordinaria), viaggiare verso uno “Stato minimo”. Anche con il cannocchiale, si ha il quadro di una società e di una politica in rapido movimento. In Italia, i prolegomeni della campagna elettorale lasciano perplessi. Non si sa ancora come verranno contati i voti (questa è l’essenza di qualsiasi legge elettorale). Si parla di alleanze (spesso estemporanee e cangianti) ma non di programmi e i nostri problemi sono almeno tanto gravi quanto quelli degli americani. Gli elementi programmatici che a volte emergono sono così labili da sembrare privi di un quadro coerente.   (ilVelino/AGV)
(Giuseppe Pennisi) 05 Settembre 2012

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