Il teatro di regia al ROF. Che è il Rossini Opera Festival
Quattro opere, di Gioacchino Rossini naturalmente, andate in scena lo scorso agosto. Tutte contrassegnate da scelte stilistiche e registiche spigliate e sperimentale. Per dimostrare che l’opera non è un presepe. Come non dovrebbe esserlo l’Italia
Il Rossini Opera Festival ha gli anni di
Cristo: 33. Nelle prime edizioni, le messe in scena erano piuttosto
tradizionali, come da aspettarsi in una manifestazione ai primi passi.
Dal 1984, anno di svolta per il ROF, che attirò un grande interesse
internazionale per la riscoperta e la produzione de Il Viaggio a Reims (“cantata
scenica” che si riteneva fosse andata perduta), è invece l’unico
festival estivo di teatro in musica dove prevale il “teatro di regia”.
Ciò non è solo una scelta del sovrintendente Gianfranco Mariotti, il
quale dichiara di favorire regie innovative purché non tradiscano un
senso musicale rigorosamente filologico. La determinante principale è il
pubblico, fortemente fidelizzato, per circa la metà non italiano
(sempre importante la componente giapponese) e abituato, quindi, a
“teatro di regia” nei loro Paesi.
Il ROF ha così contribuito a lanciare registi giovani come Damiano Micheletto o a fare conoscere in Italia registi ignoti nel nostro Paese sino a una dozzina di anni fa come Graham Vick, ed è oggi tra i più presenti nei cartelloni dei teatri della Penisola. Quindi è utile esaminare il ROF 2012 (10-23 agosto) non solamente sotto il profilo musicale, ma anche sotto quello drammaturgico.
I titoli presentati sono stati quattro: Ciro in Babilonia, Matilde di Shabran, Il Signor Bruschino e Il Viaggio a Reims. Quest’ultimo in un’edizione che, da circa tre lustri, viene ripresa ogni anno per due rappresentazioni in cui cantano, recitano e danzano i giovani dell’Accademia Rossiniana. È uno spettacolo molto rodato di Emilio Sagi (visto anche in altri teatri): ha pochi elementi scenici, costumi essenziali (intimo bianco nel primo atto e smoking e abiti lunghi nel secondo) e un andamento spigliato. Anche se ogni anno viene ritoccato, deve essere considerato alla stregua di un saggio di fine corso con una regia divertente, ma senza troppe pretese (i giovani cantanti sono sovente ai primi rudimenti di recitazione). L’orchestra sinfonica G. Rossini è un ensemble giovane concertato dall’altrettanto giovane Piero Lombardi.
Il ROF ha così contribuito a lanciare registi giovani come Damiano Micheletto o a fare conoscere in Italia registi ignoti nel nostro Paese sino a una dozzina di anni fa come Graham Vick, ed è oggi tra i più presenti nei cartelloni dei teatri della Penisola. Quindi è utile esaminare il ROF 2012 (10-23 agosto) non solamente sotto il profilo musicale, ma anche sotto quello drammaturgico.
I titoli presentati sono stati quattro: Ciro in Babilonia, Matilde di Shabran, Il Signor Bruschino e Il Viaggio a Reims. Quest’ultimo in un’edizione che, da circa tre lustri, viene ripresa ogni anno per due rappresentazioni in cui cantano, recitano e danzano i giovani dell’Accademia Rossiniana. È uno spettacolo molto rodato di Emilio Sagi (visto anche in altri teatri): ha pochi elementi scenici, costumi essenziali (intimo bianco nel primo atto e smoking e abiti lunghi nel secondo) e un andamento spigliato. Anche se ogni anno viene ritoccato, deve essere considerato alla stregua di un saggio di fine corso con una regia divertente, ma senza troppe pretese (i giovani cantanti sono sovente ai primi rudimenti di recitazione). L’orchestra sinfonica G. Rossini è un ensemble giovane concertato dall’altrettanto giovane Piero Lombardi.
Nel soffermarsi sugli altri, vale la pena iniziare con Matilde di Shabran, sia
in quanto affidata a un team molto noto (Mario Martone, Sergio
Tramonti, Ursula Patzak) sia perché dal 2004 è la terza volta che
l’opera viene proposta in questo allestimento. In effetti, una prima
edizione del lavoro fu messa in scena al ROF da Pier’Alli
nel 1998; fu l’occasione per far apprezzare l’opera, praticamente
dimenticata dalla fine dell’Ottocento, e per lanciare a livello
internazionale l’allora giovanissimo tenore di agilità Juan Diego Flórez. Non venne ripresa perché la drammaturgia soddisfò soltanto in parte il pubblico: Matilde di Shabran è
un’“opera semi-seria”, genere sparito attorno al 1830, con un primo
atto della durata di circa due ore e un quarto e un secondo della durata
di quasi un’ora e un quarto (dimensioni wagneriane). Pier’Alli cercava
di cogliere lo spirito dell’epoca.
La regia di Mario Martone, invece, pone l’accento sugli aspetti più squisitamente comici di un lavoro in cui, come in una nota commedia di George Bernard Shaw, un giovane che si ritiene un superuomo non vuole cadere in trappola (le nozze) mentre ben due donne se lo contendono per portarlo a letto del prete. La scena unica è una doppia scala a chiocciola. Lo spettacolo ha avuto un’evoluzione: dopo il ROF 2004 è stato portato a Londra (al Covent Garden) nel 2008 ed è tornato al ROF 2012 in una sala e su un palcoscenico più grandi di quelli della versione di otto anni fa. Martone lo ha reso ancora più svelto e comico, anche perché Flórez è diventato un attore più scaltro e la deuteragonista è l’attraente Olga Peretyatko. Anche il direttore d’orchestra (il 33enne Michele Mariotti, marito della Peretyatko) conferisce alla partitura un ritmo più brillante di quello del 2004 (Pesaro) e del 2008 (Londra) da Riccardo Frizza. Mariotti concertava la brava orchestra del Teatro Comunale di Bologna mentre, a Pesaro, Frizza era alle prese con la poco convincente orchestra regionale della Galizia.
La regia di Mario Martone, invece, pone l’accento sugli aspetti più squisitamente comici di un lavoro in cui, come in una nota commedia di George Bernard Shaw, un giovane che si ritiene un superuomo non vuole cadere in trappola (le nozze) mentre ben due donne se lo contendono per portarlo a letto del prete. La scena unica è una doppia scala a chiocciola. Lo spettacolo ha avuto un’evoluzione: dopo il ROF 2004 è stato portato a Londra (al Covent Garden) nel 2008 ed è tornato al ROF 2012 in una sala e su un palcoscenico più grandi di quelli della versione di otto anni fa. Martone lo ha reso ancora più svelto e comico, anche perché Flórez è diventato un attore più scaltro e la deuteragonista è l’attraente Olga Peretyatko. Anche il direttore d’orchestra (il 33enne Michele Mariotti, marito della Peretyatko) conferisce alla partitura un ritmo più brillante di quello del 2004 (Pesaro) e del 2008 (Londra) da Riccardo Frizza. Mariotti concertava la brava orchestra del Teatro Comunale di Bologna mentre, a Pesaro, Frizza era alle prese con la poco convincente orchestra regionale della Galizia.
Ciro in Babilonia è un oratorio biblico
composto frettolosamente da un Rossini ventenne. Ha girato dal 1812 al
1850 circa. È sparito anche a ragione dell’improbabile libretto. I
tentativi di riprese in tempi moderni non hanno avuto grandi esiti. La
produzione del ROF 2012 è a mezzadria con il Caramoor Festival nei pressi di New York. Occorre dare atto a Davide Livermore
di avere avuto un’idea brillante: utilizzare il mal congegnato libretto
come scenografia di un film biblico dell’epoca del muto nel 1915 o giù
di lì in cui il coro partecipa e come spettatore e come attore. Costumi
in bianco e nero, scene color gravure, spezzoni o echi di film (l’episodio babilonese di Intolerance di Griffith nel primo atto, la scena del sacrificio umano di Cabiria di
Pastrone nel secondo). Il gioco funziona ed è pieno di ironia
(necessaria per digerire il libretto e anche parte della musica).
Occorre chiedersi se non sia troppo lungo protrarlo per tre ore e mezzo
(intervallo compreso). Ottimo il cast internazionale e Will Crutchfield alla guida dell’orchestra del Teatro Comunale di Bologna.
Il Signor Bruschino è una delle cinque farse in
un atto composte da Rossini tra i 18 ed i 21 anni, quasi tutte attorno
al tema dei giovani innamorati che fanno fessi i loro vecchi tutori. È
la terza edizione proposta dal ROF. Questa volta ci si è rivolti al
giovane collettivo toscano Teatro Sotterraneo per la
regia e agli studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Urbino. Siamo
in un parco di divertimenti a tema (Rossiniland) oggigiorno e turisti
assistono alla messa in scena della farsa (o alla sua prova generale).
Il gioco regge bene per i 90 minuti dello spettacolo, l’orchestra
sinfonica G. Rossini guidata del 29enne Daniele Rustioni funziona ma, senza dubbio, i due “buffi” nella parte dei “vecchi” cantano e recitano meglio dei promettenti innamorati.
Giuseppe Pennisi
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