Messiaen,
l’amore che non muore
DA RIMINI
GIUSEPPE PENNISI
a Sagra Malatestiana (che si concluiderà a Rimini l’11 ottobre) è una delle rare manifestazioni che si è ricordata del ventennale delle morte di Olivier Messiaen, compositore cattolico, allievo di Dupré, Emmanuel e Dukas, ma anche maestro di Boulez e Stockhausen. Riconosciuto universalmente come grande teorico e grande didatta, ha saputo declinare le innovazioni musicali del Novecento (dodecafonia, atonalità, elettronica) L in un impianto classico che ha un «lungo sguardo di contemplazione mistica» (nella sua terminologia). ma riesce ad essere accattivante per il pubblico. Messiaen è poco eseguito in Italia anche a ragione dei temi che tratta. La Sagra presenta, in forma scenica, la prima, in ordine cronologico, delle sue tre composizioni ispirate al mito di Tristano ed Isotta: Harawi-Chant d’Amour et de Mort,
un ciclo di lieder per soprano e pianoforte tratte dalla tradizione quechua, un’etnia peruviana (Messiaen è stato, tra l’altro, grande studioso di musica etnica e della vocalità degli uccelli). È più compatto ed essenziale degli due lavori di Messiaen sul mito celtico (la Turangalila-Symphonie per grande orchestra , pianoforte e martenot , la tastiera per il telegrafo, e Cinq Rechant per coro a cappella). In Italia, Harawi era stata eseguita in un campiello veneziano nel 2008.
L’allestimento scenico è affidato al collettivo teatrale romano Santasangre che coproduce l’iniziativa per portarla in varie città in Italia ed all’estero. Il pianista (Lucio Perotti) e il soprano (Matelda Viola) restano nel retroscena, mentre nel palcoscenico quattro attorimimi (Maria Teresa Bax, Marcello Sambati, Antonello Compagnoni, Monica Galli) danno vita all’azione. Le canzoni di Messiaen (autore anche del testo) hanno pochi riferimenti a Wagner ; riguardano l’eternità dell’amore umano come «un riflesso, un pallido riflesso ma pur sempre un riflesso dell’amore divino» (come l’autore scrisse nel 1983). La rappresentazione scenica ricorda in certi momenti l’atmosfera del mito celtico (brume e nebbie) ma attualizza la vicenda (le proiezioni si riferiscono a un vasto quartiere popolare di un agglomerato urbano odierno): il grande amore è tra due anziani (lei sui 65 anni, lui sui 70) che muoiono insieme e continuano ad amarsi dopo la fine dell’esistenza terrena.
Non ci sono filtri magici, re traditi, finti amici intriganti e via discorrendo. Solo una giovane ginnasta (la rigenerazione tramite la gioventù?) e una falconiera che lancia un falco simbolo di libertà. La trascendenza mistica è più nel lavoro dello splendido pianista e del bravissimo soprano che nell’interessante azione scenica, condotta con maestria per tenere tensione e attenzione per la durata dello spettacolo (poco più di un’ora).
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Alla Sagra Malatestiana di Rimini un suggestivo allestimento scenico di «Harawi», l’opera del compositore francese ispirata al mito di Tristano
«Harawi» nella messinscena di Santasangre
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