MESSIAEN FA TAPPA ALLA SAGRA MALATESTIANA
La prima messa in scena del ciclo Harawi
questo weekend
Edizione completa
Roma - La riminese Sagra
Malatestiana (giunta alla 63esima edizione) è uno dei lunghi festival
dell’estate. E’ iniziata il 2 agosto con una serie di concerti dedicati a
Domenico Scarlatti, dopo cinque fortunati cicli imperniati su Bach, nel nuovo
grande Auditorium inaugurato il 28 agosto. Sfoggia una serie di grandi concerti
sinfonici (spesso portando in Romagna orchestre di fama internazionale
provenienti dal MiTo od in viaggio verso Milano e Torino), dopo un Salon
Debussy l’8 settembre, per ricordare i 150 anni dalla nascita del compositore.
Presenta la prima messa in scena del ciclo Harawi di François Massiaen (domani
15 e domenica 16 settembre), per andare poi ad una maratona pianistica ed ad
una serie di progetti musicali collaterali sino all’11 ottobre. Soffermiamoci
su Harawi anche perché verosimilmente, dopo il debutto a Rimini, si vedrà in
altre città italiane (tra cui Roma) e forse pure all’estero. Scritto nel 1945,
Harawi resta forse il testo più sconvolgente dell'intero catalogo di Messiaen:
un inedito uso della vocalità e un misterioso riaffiorare della tonalità si
assommano nell'essenzialissima dimensione drammaturgico musicale; diafane
apparizioni di personaggi senza nome contrappuntano la texuture pianistica che
ribalta la maquiloquente dimensione sinfonica wagneriana. Haraw, infatti, trae
ispirazione da Tristan und Isolde quale riletto da una tribù primitiva del Perù.
In Italia si è già ascoltato dal vivo a Venezia nel giugno 2008. A Rimini,
viene presentata la prima esecuzione scenica assoluta, una co-produzione della
Sagra Malatestiana con il collettivo teatrale romano Santasangre. Nel Perù
postcolonizzato la grande fioritura di racconti mitologici e di canti che
narrano dell'amore e della morte prende, nel suo complesso drammatico - rituale
ed espressivo, il nome di Harawi, una parola dell'antico dizionario Quechua. In
breve Harawi è un Tristan dopo Wagner, un Tristan subito dopo la Seconda guerra
mondiale, ma prima del Tristan su testo (trovato postumo) di Pound, in una
versione per il teatro giapponese No, messo in musica da Francesco Pennisi alla
fine degli Anni Novanta e rappresentato a Venezia e a Bologna. Il tema mitico
della congiunzione eterna di Eros in Thanatos, che diviene enigma fosco.
Messiaen cerca di darvi una sua risposta autentica, ma riferendosi al contesto
straniante di una cultura extraeuropea contaminata dall'Occidente. Nell'Harawi
il canto di amore e morte è effetto del sentimento di estinzione di un popolo
deprivato delle proprie espressioni linguistiche e culturali, della propria
identità. Harawi è l'anti-Tristan, non vi è enfasi ottimistica, non vi è
possibilità di facile identificazione, elemento di cui, anzi, Messiaen, compie
una critica spietata trattando parodisticamente ogni elemento desunto
dall'opera di Wagner (tecniche del leitmotiv e frammenti di testo letterario),
e immergendo gli elementi stranianti della cultura Quechua nel proprio dizionario
compositivo e concettuale, pervaso di cultura novecentista e degli influssi
della pittura e della poesia simbolista francese. L’allestimento situa la
leggenda in una grande metropoli moderna. Isotta e Tristano sono
rispettivamente sui 65 ed i 70 anni di età. Muoiono insieme. Ma insieme si
risvegliano per fare l’amore. (ilVelino/AGV)
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