l’indiscrezione
Rating, Europa pronta a sollevare il caso
DI GIUSEPPE PENNISI
A ll’interno dell’Eurozona le diplomazie finanziarie internazionali stanno tentando di dare corpo a una prima bozza di accordo per quella che dovrebbe essere l’«Unione bancaria europea». Negli schemi che circolano e nella stessa proposta della Commissione europea si tratta di un nuovo assetto per la vigilanza ma non di agenzie di rating, nonostante su tali agenzie siano stati spesso puntanti i riflettori come una delle determinanti della volatilità dei mercati e di accelerazione di crisi bancarie.
È possibile che sia la Francia a sollevare il problema. Un lavoro interno alla Banca centrale del Paese (il Banque de France Working Paper No.396) utilizza un campione di 53 Stati e dati dal 1977. Si tratta in gran misura di Paesi emergenti, in quanto sino a tempi recenti gli Stati Ocse venivano ritenuti «a prova di bomba» nei confronti delle agenzie in quanto le loro obbligazioni avevano le classificazioni più elevate. Con la globalizzazione finanziaria, prima, e con la crisi in corso dal 2007, il quadro è cambiato. Tuttavia, l’analisi fornisce utili indicazioni. La prima conclusione è che occorre smitizzare la capacità tecnico-professionale delle agenzie: raramente «ci azzeccano» nel prevedere i livelli futuri di indebitamento e di debito. Tuttavia, se si analizzano , su base trimestrale, i dati, ne risulta che i loro «oracoli» hanno un forte impatto sui tassi d’interesse a cui collocare i titoli pubblici e sugli spread. In breve, hanno una reputazione che non si meritano, ma possono fare danni. Lo conferma indirettamente un lavoro più limitato in scopo della Banca d’Italia, in cui si analizzano le principali tipologie di contagio nella crisi finanziaria nell’ambito dell’eurozona, tipologie verificatasi a partire dall’ottobre 2009, quando l’insolvenza della Grecia è parsa inevitabile. La conclusione che, anche a ragione degli annunci delle agenzie di rating, Italia e Spagna hanno subito un effetto di «overshooting »: gli spread tra i loro titoli e quelli tedeschi sono aumentati in modo «anormale» e tale da non rispecchiare gli andamenti di fondo delle loro economie. Hanno provocato danni, ma non insopportabili. Daniel Gros, direttore del Ceps (Centre for European Policy Studies) rassicura che Italia e Spagna possono «convivere» con tassi del 6-7% sui titoli di Stato se riescono a mobilizzare il risparmio interno, ed a ridurre la dipendenza dall’estero per l’acquisto delle loro obbligazione. Il quadro, afferma il documento, è più complicato per la Spagna che per l’Italia: a Madrid non basta chiamare a raccolta il risparmio interno: sono anche essenziali operazioni di concambio tra debito e capitale di rischio.
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Una «revisione» delle agenzie non compare nella bozza sull’Unione bancaria. Ma la Banca centrale francese «studia» le contromisure
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