OPERA/ Il ritorno di Gaspare Spontini al Festival di Jesi
giovedì 6
settembre 2012
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Dopo tre
anni in cui l’annuale festival Pergolesi-Spontini è stato dedicato interamente
al primo dei due compositori (in occasione dei 300 anni dalla nascita e della
messa in scena dell’integrale dei suoi lavori), torna, nell’edizione in corso a
Jesi e dintorni (31 agosto-16 settembre) Gaspare Spontini, vero e proprio
Titano (nonostante le poche opere prodotte) nella storia della musica europea.
E vi torna con una novità assoluta – un’opera giovanile, La Fuga in Maschera
- che rappresentata a Napoli per il carnevale 1800 si riteneva perduta ed
è stato trovata, dopo ricerche da romanzo giallo, presso un antiquario di
Exeter in Gran Bretagna.
Spontini appartiene alla schiera degli “esuli”
che, a cavallo tra la fine del 700 e l’inizio dell’800, cercarono la loro
fortuna al di fuori dei confini degli statarelli delle Penisola, spesso in
lotta l’uno contro l’altro, ed emigrarono presso le più grandi scene e corti
europee (Parigi, Vienna, San Pietroburgo, Londra): Piccini, Salieri, Morlacchi,
Paisiello. Il loro impatto, quindi, si esplicò su tutto il teatro in musica
europeo; rappresentano l’anello di congiunzione tra la tragédie lyrique
gluckiana e post-gluckiana, da un lato, il “bel canto” neoclassico, da un
altro, e il melodramma italiano, da un altro ancora. A differenza degli altri,
nell’arco della sua lunga vita, una volta effettuata la propria svolta
artistica (con “La Vestale”), Spontini fece evolvere il proprio
linguaggio non per successiva rigenerazione (oppure per restare al passo con i
tempi) ma per consolidamento, perfezionamento e proliferazione dei germi
innovativi scoperti, mentendoli, però, sostanzialmente immutati; un’evoluzione
per molti aspetti analoga a quella di Wagner (dal “Lohengrin” in poi) che forse
anche per questa ragione tanto lo amò e lo considerò suo maestro. Con Wagner,
c’è un altro parallelo: il pessimo carattere, che lo reso straniero non solo in
Patria ma anche all’estero, in quella Parigi del Primo Impero e della
Restaurazione ed in quella Berlino di Federico dove fu molto più del musicista
di corte diventando il vero leader di scuole, partendo da lui, presero
orientamenti così differenti approdando, ad esempio, a Meyerbeer , a Berlioz ed
allo stesso Wagner.
Sono anni, ove non lustri, che i sei grandi
capolavori di Spontini non si vedono che molto raramente sui palcoscenici
di teatri che possono accogliere i vasti organici (di orchestra, cori e corpo
di ballo) da essi richiesti. Di tanto in tanto, appaiono versioni (più o meno
mutilate de “La Vestale”). Non ricordo un allestimento della sublime “Agnes von
Hohestaufen” da quello, integrale ma in traduzione italiana, del Teatro
dell’Opera di Roma del 1986; in precedenza Gui ne aveva allestito una versione
(piena di tagli nel 1954 al Maggio Fiorentino) e l’allora giovane Muti (sempre
a Firenze) nel 1970. Di “Olympie” e “Fernand Cortez” neanche a parlarne. Sino
ad ora il Festival ha allestito opere minori – “Milton” o “Julie out le pot de
fleur” del periodo francese. Ora progetta una grande coproduzione
internazionale per riproporre una delle opere “imperiali”.Nel frattempo, ci ha
fatto conoscere “La Fuga in Maschera” che si vedrà al San Carlo di Napoli (che
la coproduce il prossimo inverno).
L’opera fu rappresentata un’unica volta al
Teatro Nuovo sopra Toledo a Napoli, per la stagione di carnevale di quell’anno,
e poi scomparve nel nulla per oltre due secoli. Fino a quando, nel luglio del
2007, nel mercato antiquario londinese riapparve il manoscritto autografo, con
la bella firma in prima pagina di Gaspare Spontini. Questa la storia della
commedia per musica scritta dal compositore maiolatese nei suoi anni d’esordio,
nel travagliato periodo successivo all’avvento della Repubblica Napoletana del
1799, e pochi mesi dopo la messa in scena de “La finta filosofa” sempre a
Napoli. Dell’opera sopravvivevano solo il libretto di Giuseppe Palomba,
pubblicato in occasione della prima esecuzione, ed un’aria di Corallina,
pubblicata a stampa in una raccolta di arie italiane per canto e pianoforte.
Poi, nel 2007, l’eccezionale ritrovamento: un’importante antiquaria inglese,
Lisa Cox, mise all’asta il manoscritto autografo e il Comune di Maiolati
Spontini l’acquistò. L’importanza del ritrovamento, oltre al fatto che ci
consente di conoscere meglio il periodo giovanile del compositore, il più
oscuro della sua carriera, consiste anche nel fatto che si tratta di un
manoscritto autografo, ottimamente conservato e redatto nello stile grafico
chiaro e ordinato tipico di tutti i manoscritti spontiniani. Sotto il profilo strettamente
‘musicologico’, il lavoro è importante perché mostra come nonostante l’allor
giovane Spontini vivesse a Napoli e respirasse, quindi, Paisiello, Cimarosa ed
il resto della “scuola napoletana”, avesse un stilo molto differente da quello imperante
nella capitale delle Due Sicilie: il lavoro presenta quelle celle musicale
iterative, la melodia e la tinta orchestrale che caratterizzano le opere
“imperiali” sia francesi sia prussiane del compositore.
L’opera è una commedia in musica in due atti di circa
tre ore con un libretto piuttosto sciatto di tale Giuseppe Palomba in cui si
ripropone il tema , piuttosto trito, del padre che vuole far sposare la propria
figlia ad uomo di sue scelta. Dopo una serie di (prevedibili) inganni, si trova
una soluzione feliche per le tre coppie oggetto del copione. L’opera è firmata
nella regia da Leo Muscato, con le scene di Benito Leonori, i costumi di Giusi
Giustino e le luci di Alessandro Verazzi, per un nuovo allestimento a cura
della Fondazione Pergolesi Spontini in coproduzione con il Teatro San Carlo di
Napoli. Corrado Rovaris dirige I Virtuosi Italiani, una delle formazioni più
attive e qualificate nel panorama musicale internazionale. Nel cast, interpreti
di spicco quali Ruth Rosique (Elena), Caterina Di Tonno (Olimpia), Alessandra
Marianelli (Corallina), Clemente Daliotti (Nardullo), Filippo Morace
(Marzucco), Alessandro Spina (Nastagio), Dionigi D’Ostuni (Doralbo). La regia
vivacizza il lavoro con gags da commedia dell’arte, le scene ed i costumi
evocano i fumetti.. Rovaris tiene bene in pugno la parte musicale dello
spettacolo. Ottimi i giovani cantanti attori . Il pubblico ha applaudito
e resistito oltre tre ore in una serata caldissima.
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