l’analisi Il piano Draghi e quel che resta da fare all’Europa
DI GIUSEPPE PENNISI A volte, guardando da lontano con un buon cannocchiale, si vede meglio l’albero e non si ci perde tra i singoli rami o nelle foglie. Il titolo più eloquente su quella che pos¬siamo chiamare 'la riforma Draghi' è quello scelto per il lungo servizio da Francoforte di Jack Ewin e Steve Er¬langer, due giornalisti economici di razza del New York Times , rimbalzato in tutto il mondo dall’International
Herald Tribune : 'Cornered Europe, Faces its Crisis'- 'Finita in un corner, l’Europa fa fronte alla propria crisi'. Il termine calcistico fornisce una sin¬tesi efficace dei risultati del Consiglio Bce del 6 settembre.
Cerchiamo di capire, con il lessico il meno tecnico possibile, cosa è stato fatto e cosa resta da compiere. L’Euro¬zona è in un corner per un difetto ori¬ginario dell’Unione monetaria euro¬pea: entrando infatti in un soggetto del genere, uno Stato modifica la natura del proprio debito sovrano in una ma¬niera fondamentale perché non ha più controllo sulla moneta in cui è emes¬so. Quindi la gestione del debito di¬venta fragile ed i mercati finanziari pos¬sono 'accanirsi' contro questo o quel¬lo forzando un’insolvenza. È il caso di Italia e Spagna – per la Grecia le deter¬minanti sono differenti. L’astuzia del¬le misure messe in campo consiste nel non avere trasformato la Bce in un pre¬statore di ultima istanza 'generalizza¬to', come sono le banche centrali na¬zionali (ciò avrebbe richiesto una mo¬difica dei Trattati e degli Statuti) ma di averle dato funzioni analoghe nei con¬fronti di Stati in difficoltà, intenziona¬ti però a rimettere in sesto i nodi strut¬turali delle proprie economie.
Per avere accesso alle Omt ( Outright Monetary Transactions), uno 'sportel¬lo' senza limiti prefissati, occorre in via preliminare rivolgersi al Fondo salva Stati per acquisti di obbligazioni sul mercato primario, con un programma concordato di riassetto economico in¬terno. Le Omt operano invece sul mer¬cato secondario, quello oggetto di non sempre benevola attenzione da parte dei mercati. Le obbligazioni acquista¬te in base al programma Omt vengono 'sterilizzate' (in pratica accantonate dalla Bce) al fine di non creare un au¬mento della liquidità (che potrebbe a¬vere effetti inflazionistici). Inoltre, pren¬dendo a modello gli structural adjust¬ment programmes del Fondo moneta¬rio internazionale (e di cui il Fmi ha e-sperienza più che trentennale) la loro attuazione viene monitorata; se non viene attuato il programma concorda¬to saranno sospese (con grave danno per la reputazione dello lo Stato e del Governo). Se ad esempio, l’Italia chie¬desse di avere accesso allo sportello Omt, dopo essersi rivolta, al Fondo sal¬va Stati, il programma potrebbe in¬cludere una calendario puntuale per l’attuazione di decreti, regolamenti e quant’altro previsti dalle ultime norme approvate. Nell’ipotesi di un ricorso allo sportello da parte della Spagna il programma potrebbe prevedere una riorganizzazione del sistema banca¬rio. Ogni tre mesi, Bce e Fmi monito¬rerebbero la realizzazione dei pro¬grammi concordati per definire se pro¬seguire o meno sulla strada dell’Omt. In breve, la Bce non è diventata l’isti¬tuto americano di riserva federale, ma ha un meccanismo importante per contrastare le distorsioni di mercati frammentati nonostante circa tredici anni di unione monetaria.
Un meccanismo perfetto? Ci sono nu¬merosi miglioramenti tecnici che po¬trebbero essere apportati. Tuttavia, il punto centrale consiste nel fatto che, a questa nuova coesione di politica mo¬netaria, non corrisponde né un mag¬gior coordinamento delle politiche di bilancio né un progresso verso un bi¬lancio comunitario comune. Ancora u¬na dozzina di Stati devono ratificare il Fiscal Compact ed il negoziato in cor¬so sul 'bilancio europeo' tratta di co¬me ampliare dall’1,5% al 2% le risorse sotto il controllo diretto dell’UE (mi¬sura insignificante per incidere sugli aggregati macro-economici). C’è un’a-simmetria tra le due maggiori compo¬nenti dello politica economia: la mo¬neta e il bilancio pubblico. È tema su cui è urgente riflettere.
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La Bce non si è trasformata in prestatore di ultima istanza, ma avrà funzioni simili a quelle delle banche centrali nazionali per gli aiuti ai Paesi in difficoltà
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Mario Draghi
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DI GIUSEPPE PENNISI A volte, guardando da lontano con un buon cannocchiale, si vede meglio l’albero e non si ci perde tra i singoli rami o nelle foglie. Il titolo più eloquente su quella che pos¬siamo chiamare 'la riforma Draghi' è quello scelto per il lungo servizio da Francoforte di Jack Ewin e Steve Er¬langer, due giornalisti economici di razza del New York Times , rimbalzato in tutto il mondo dall’International
Herald Tribune : 'Cornered Europe, Faces its Crisis'- 'Finita in un corner, l’Europa fa fronte alla propria crisi'. Il termine calcistico fornisce una sin¬tesi efficace dei risultati del Consiglio Bce del 6 settembre.
Cerchiamo di capire, con il lessico il meno tecnico possibile, cosa è stato fatto e cosa resta da compiere. L’Euro¬zona è in un corner per un difetto ori¬ginario dell’Unione monetaria euro¬pea: entrando infatti in un soggetto del genere, uno Stato modifica la natura del proprio debito sovrano in una ma¬niera fondamentale perché non ha più controllo sulla moneta in cui è emes¬so. Quindi la gestione del debito di¬venta fragile ed i mercati finanziari pos¬sono 'accanirsi' contro questo o quel¬lo forzando un’insolvenza. È il caso di Italia e Spagna – per la Grecia le deter¬minanti sono differenti. L’astuzia del¬le misure messe in campo consiste nel non avere trasformato la Bce in un pre¬statore di ultima istanza 'generalizza¬to', come sono le banche centrali na¬zionali (ciò avrebbe richiesto una mo¬difica dei Trattati e degli Statuti) ma di averle dato funzioni analoghe nei con¬fronti di Stati in difficoltà, intenziona¬ti però a rimettere in sesto i nodi strut¬turali delle proprie economie.
Per avere accesso alle Omt ( Outright Monetary Transactions), uno 'sportel¬lo' senza limiti prefissati, occorre in via preliminare rivolgersi al Fondo salva Stati per acquisti di obbligazioni sul mercato primario, con un programma concordato di riassetto economico in¬terno. Le Omt operano invece sul mer¬cato secondario, quello oggetto di non sempre benevola attenzione da parte dei mercati. Le obbligazioni acquista¬te in base al programma Omt vengono 'sterilizzate' (in pratica accantonate dalla Bce) al fine di non creare un au¬mento della liquidità (che potrebbe a¬vere effetti inflazionistici). Inoltre, pren¬dendo a modello gli structural adjust¬ment programmes del Fondo moneta¬rio internazionale (e di cui il Fmi ha e-sperienza più che trentennale) la loro attuazione viene monitorata; se non viene attuato il programma concorda¬to saranno sospese (con grave danno per la reputazione dello lo Stato e del Governo). Se ad esempio, l’Italia chie¬desse di avere accesso allo sportello Omt, dopo essersi rivolta, al Fondo sal¬va Stati, il programma potrebbe in¬cludere una calendario puntuale per l’attuazione di decreti, regolamenti e quant’altro previsti dalle ultime norme approvate. Nell’ipotesi di un ricorso allo sportello da parte della Spagna il programma potrebbe prevedere una riorganizzazione del sistema banca¬rio. Ogni tre mesi, Bce e Fmi monito¬rerebbero la realizzazione dei pro¬grammi concordati per definire se pro¬seguire o meno sulla strada dell’Omt. In breve, la Bce non è diventata l’isti¬tuto americano di riserva federale, ma ha un meccanismo importante per contrastare le distorsioni di mercati frammentati nonostante circa tredici anni di unione monetaria.
Un meccanismo perfetto? Ci sono nu¬merosi miglioramenti tecnici che po¬trebbero essere apportati. Tuttavia, il punto centrale consiste nel fatto che, a questa nuova coesione di politica mo¬netaria, non corrisponde né un mag¬gior coordinamento delle politiche di bilancio né un progresso verso un bi¬lancio comunitario comune. Ancora u¬na dozzina di Stati devono ratificare il Fiscal Compact ed il negoziato in cor¬so sul 'bilancio europeo' tratta di co¬me ampliare dall’1,5% al 2% le risorse sotto il controllo diretto dell’UE (mi¬sura insignificante per incidere sugli aggregati macro-economici). C’è un’a-simmetria tra le due maggiori compo¬nenti dello politica economia: la mo¬neta e il bilancio pubblico. È tema su cui è urgente riflettere.
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La Bce non si è trasformata in prestatore di ultima istanza, ma avrà funzioni simili a quelle delle banche centrali nazionali per gli aiuti ai Paesi in difficoltà
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