martedì 4 settembre 2012

Ma per Supermario il sentiero resta stretto in Avvenire del 5 settembre


l’analisi

Ma per Supermario il sentiero resta stretto


DI GIUSEPPE PENNISI P er tentare di anticipare quelli che potranno essere gli esiti della riunione del Consiglio della Banca cen­trale europea in calendario domani è necessario va­lutare due aspetti: a) in che misura i mercati finanziari han­no già tenuto conto d’un eventuale nuovo rinvio delle de­cisioni principali (quelle in materia di acquisto e in fun­zione anti-spread); b) i margini entro cui il management della Bce può operare prima del 12 settembre, data non so­lo dell’annuncio dei primi risultati della vertenza pendente alla Corte Costituzionale tedesca ma anche delle elezioni politiche olandesi, dove i sondaggi annunciano un’affer­mazione del partito anti-euro. Il primo tema è forse di maggior rilievo rispetto al secon­do, in quanto i Governi e le istituzioni finanziarie inter­nazionali sono molto sensibili agli umori dei mercati. Si­no al fine settimana scorso, l’impressione degli analisti e dei gestori finanziari era che i mercati avessero già in gran misura «scontato» un esito sostanzialmente dilatorio del­la riunione, specialmente a ragione della posizione pale­se (e rigorosissima) presa dal presidente della Bundesbank Jens Weidmann. Nelle ultime ore, anche in seguito all’in­contro tra il presidente della Bce, Mario Draghi, e la per­tinente Commissione del Parlamento Europeo, le sensa­zioni sembrano cambiate. Dopo l’intervento a porte chiu­se di lunedì, sono cresciute le aspettative di un esito po­sitivo nel senso che almeno al­cune misure verrebbero appro­vate già domani, in attesa di un programma più ampio in ottobre (dopo l’assemblea annuale di Banca mondiale e Fondo mone­tario internazionale).

Lo dice apertamente Marie Di­ron di Ernst & Young, sino a po­co tempo fa dirigente della Bce: in caso di un rinvio, ci potrebbe essere una corsa a vendere titoli spagnoli ed italiani. Lo si bisbi­glia, con evidente preoccupazio­ne, alla Wilhehlmstrasse a Berlino, sede del ministero del­l’Economia e delle Finanze. In questa ottica, le parole su­gli obiettivi particolaristici dei mercati, pronunciate il 3 set­tembre dal cancelliere Angela Merkel, vengono lette a Francoforte come un 'assist' a Mario Draghi in quanto un’eventuale fase protratta di tensioni sui mercati è con­tro l’interesse di tutti. Di fronte a queste prospettive, cerchiamo di vedere cosa può effettivamente ottenere l’Esecutivo della Bce in que­ste ultime ore di trattativa. In primo luogo, un programma organico non può essere varato prima che gli uffici legali di Bce e di alcune banche centrali nazionali si esprimano rispetto a cosa consentono ora gli Statuti della Banca (non dopo un loro eventuale emendamento). In secondo luo­go, il contesto politico è tale da precludere decisioni a me­dio e lungo termine. In questa strada (molto stretta) quel­lo che è realistico pensare è che il Consiglio Bce autorizzi l’Esecutivo all’acquisto di titoli a breve termine (con sca­denza a non più di due o al massimo tre anni) utilizzando come pretesto la motivazione che tali acquisti (con «con­dizionalità ») spingerebbero Governi e Parlamenti ad ef­fettuare le necessarie riforme (nel caso dell’Italia in parti­colare, a varare le numerose misure applicative di rifor­me- quadro ancora in gran misura sulla carta).

Tali interventi sarebbero un argine (non molto robusto) allo spread. Cosa si intende con il termine «condiziona­lità »? Un’intesa sulle misure analoghe a quelle che si con­cludono da sempre con il Fmi (e che è stata più volte fir­mata dalla troika, da un lato, e ,dalla Grecia, dall’altro). U­na bozza circola tra le banche centrali nazionali della troika. Nei corridoi dell’Eurotower, si bisbiglia che all’Ita­lia si chiederebbe sostanzialmente un cronogramma dei decreti e di altre misure attuative delle leggi di riforma ap­provate nei mesi scorsi. Da una parte, ciò rafforzerebbe il Governo rispetto a quelle burocrazie che praticano la 'len­tocrazia' ed al Parlamento. Da un’altra, però, accentue­rebbe l’accusa, dalle opposizioni, che i tecnici nostrani sono finiti sotto tutela di altri tecnici. È ancora incerto se lo Stato «beneficiario» di tali acquisti debba formulare u­na domanda specifica.

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Lo scenario più probabile?


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