giovedì 27 dicembre 2012

Rivalutare Minkus in Formiche del 27 dicembre



Rivalutare Minkus
27 - 12 - 2012Giuseppe Pennisi Rivalutare Minkus
Il Don Chisciotte al Teatro dell’Opera di Roma sino al 5 gennaio è una buona occasione per rivalutare Aloisus Ludwig Minkus ed i compositori tardo romantici eclettici e in gran misura apolidi che, nella seconda metà dell’Ottocento, si dedicarono alla musica per balletto, allora molto di moda non solo in Francia e nella Russia zarista, ma anche in Italia.
Si pensi che, alcuni anni fa, un libro che ripercorreva la storia del Teatro alla Scala sottolineava, con acume, come nel periodo in cui il melodramma cercava nuove forme e nuovi stili (per passare da quello “verdiano” al “grand opéra padano” al verismo ed, infine, al teatro in musica della “generazione dell’Ottanta”), il teatro milanese era una fucina d’innovazione più per la danza che per l’opera: non per nulla le “prime” dei maggiori esponenti della “generazione degli Ottanta” avvennero non nella città lombarda ma a Roma ed a Torino (i cui teatri accoglievano allora a braccia aperte le novità).
Ma torniamo a Aloisus Ludwig Minkus il cui Don Chisciotte è in scena a Roma, dove nell’ottobre 2011 è stato messo in scena l’altro dei suoi balletti più noti e più rappresentati La Bayadère. Minkus è ritenuto un musicista dozzinale, perché-specialmente nel suo lungo periodo in Russia, circa quanta anni, compose numerosi balletti per i Teatri Imperiali di Mosca e San Pietroburgo. Tali balletti sono arrivati in occidente dopo la defezione di Rudolf Nureyev, all’aeroporto, di Le Bouget a Parigi nel 1961.
L’informazione e la comunicazione erano merce rara nella seconda metà dell’Ottocento. Tra la Russia e l’Occidente lo divenne ancora di più dopo la rivoluzione del 1917. Inoltre, a differenza dei balletti tardo romantico francesi od italiani (modellati sui gusti della borghesia del periodo dell’industrializzazione), si trattava di lavori per Teatri Imperiali che richiedevano ballerini addestrati sin da bambini ed acrobatici, numerosi personaggi minori e grandi corpi di ballo, oltre ad una scenotecnica molto elaborata. Tuttavia, i balletti di Minkus, pur se concepiti per l’aristocrazia ed il “terzo stato” in piccionaia, sono rimasti in repertorio nella Russia sovietica. Non solo erano “apolitici” e “favolistici” e facevano godere gli occhi, ma anche le tanto disprezzate partiture, affidate a specialisti di balletto (con poche eccezioni, quali i tre lavori di  Pëtr Il’ic Cajkovskij per questo genere di spettacolo dal vivo) avevano qualità.
Se si scava nella musica di Minkus ci si accorge che il suo eclettismo non è banale. Minkus, nato in quella parte dell’Impero Austroungarico che è oggi nella Repubblica Cèca, si trasferì, da bambino a Vienna con la famiglia, ma tranne qualche breve periodo (giovanile) a Parigi, lavorò principalmente nei Teatri Imperiali russi, inizialmente come direttore d’orchestra, poi alla guida di un Teatro d’Opera Italiana ed infine quasi esclusivamente nel balletto. Le partiture per la danza richiedono accorgimenti particolari perché devono essere fatte su misura per ballerini e corpo di ballo. Devono, poi, essere orecchiabili. Devono, infine, essere gradevoli per il grande pubblico.
Le due più note partiture di Minkus – per l’appunto  Don Chisciotte e La Bayadère – corrispondono a questi requisiti ma, soprattutto, mostrano una Spagna ed un Rajastan (dove il compositore non era mai andato come d’altronde Bizet non visitò Siviglia prima di comporre Carmen) quali percepite con il cannocchiale da un austriaco (non mancano i tempi di valzer) per il pubblico della Russia imperiale. C’è un eclettismo studiato meticolosamente e spesso intriso di nostalgia per quella Vienna dove Minkus torno a circa 70 anni per morirvi poverissimo perché, nel contempo, il governo rivoluzionario gli aveva tolto la pensione guadagnata lavorando per decenni in Russia.

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