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L'Accademia nazionale di Santa Cecilia apre anche ai giovani: i concerti in
programma
giovedì 6 dicembre 2012
Il direttore d’orchestra Sakari Oramo
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L’Accademia nazionale di Santa Cecilia ha numerosi
programmi per invogliare i giovani ad interessarsi alla musica “colta”, dai family
concerts della domenica mattina (che attirano anche i più piccoli e in cui
spesso il docente è Antonio Pappano in persona) a serie speciali di concerti
per ragazzi e rappresentazioni dell’Opera Studio. Di alcune di queste attività
abbiamo avuto modo di riferire.
Particolarmente importanti sono i concerti nel
programma di abbonamento della stagione sinfonica che, pur se diretti al
pubblico “adulto” (in gran misura con i capelli di grigi) che da decenni
rinnova la propria adesione includono parti insolite e molto attraenti per i
giovani. Gli “abbonati” alla sinfonica dell’Accademia sono tradizionalisti – a
differenza di quelli che seguono l’Orchestra Sinfonica di Roma – e, quindi,
occorre “infiltrare” chicche per le nuove generazioni in cartelloni spesso
conservatori.
Particolarmente interessante il concerto del primo
dicembre (si replica sino al 4 dicembre) con cui ha debuttato a Roma il
direttore d’orchestra finlandese Sakari Oramo, noto principalmente nei Paesi
nordici, in Gran Bretagna, in Germania e negli Usa. Il programma includeva,
nella seconda parte, la quinta sinfonia di Jean Sibelius (come può mancare
Sibelius se dirige un finlandese?), interessante composizione tardo romantica
divisa in tre invece che nei consueti quattro tempi e densa di richiami
naturalistico descrittivi. Oramo l’ha diretta con grande competenza.
L’attrattiva del concerto è, però, in brani raramente
eseguiti in Italia: la Variations Symphoniques di Witold Lutoslawki, il Concerto
in fa minore di Reinhold Glière e La Machine de l’être di John Zorn.
Se il lavoro del 1939 del compositore polacco risente della cultura francese
del Novecento storico ed è essenzialmente un esempio di virtuosismo elegante,
l’accostamento dei lavori di Glière del 1943 e di Zorn del 2000 ha del geniale
perché mostra molti punti di contatto tra il compositore sovietico (Premio
Stalin nel 1946, 1948 e 1950) e il jazzista americano appassionato dei film di
Godard.
L’ucraino Glière (classe 1875) di madre polacca e padre
di lontane origine belghe, non era affatto giovane quanto compose il concerto.
Legato all’ortodossia comunista, il suo lavoro – al pari ad esempio delle
composizioni jazz di Dmitri Šostakovi –è un segno di quanta innovazione ci
fosse pur nell’ambito del rigore stalinista ed in anni in cui la Seconda Guerra
Mondiale era in corso. E’ “un concerto” per modo di dire in quanto diviso in
due movimenti per un totale di circa un quarto d’ora: un soprano di coloratura
(Anu Komsi) non dialoga con l’orchestra ma ne è parte integrante in quanto
canta note impervie prive di parole. Dopo un attacco quasi post-wagneriano si
fa in ammiccamenti ed ironia , a richiami all’operetta ed ai balletti futuristi
ed anche a qualche cenno di jazz. E’ , invece, jazz vero e proprio il breve
pezzo di Zorn; anche qui l’orchestra ha tra i suoi elementi un soprano di
coloratura con acrobazie vocali spericolate. Ambedue i lavori si prestano a
improvvisazioni.
In breve anche a Mosca c’era un settantenne che
operava un po’ alla John Cage e pure a New York la lezione di Cage si avverte
ancora.
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