OPERA/ Con
la Traviata il San Carlo di Napoli lancia la sfida alla Scala
giovedì 6 dicembre 2012
Un momento della Traviata
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Dopo una lunga fase di serie difficoltà, il magnifico
Teatro San Carlo di Napoli ha da poco più di un anno un nuovo
Sovrintendente, Susanna Purchia, e un nuovo Direttore Musicale, Nicola
Luisotti, a cui si è appena aggiunto un nuovo Direttore Artistico, Vincenzo De
Vivo. La squadra sta rilanciando il teatro con una programmazione densa di
co-produzioni (elemento essenziale per contenere i costi) ed equilibrata tra
novità/riscoperte del passato e opere note al grande pubblico, nonché
un’accurata sinergia con il più piccolo elegantissimo Teatro di Corte, dedicato
principalmente ad opere del Settecento “napoletano”. Alle attività principali
della lirica e alla sinfonica, viene affiancato un programma per preparare le
nuove generazioni alla “musica colta”. I primi segnali sono positivi: aumento
degli abbonamenti e delle alzate di sipario (che nel 2009, per la lirica,
avevano raggiunto il punto di svolta inferiore di appena 25 per la lirica). Si
sta risvegliando interesse non solo in Campania ma in tutta Italia e anche la
stampa internazionale sta riscoprendo il San Carlo.
L’opera inaugurale della stagione 2012-2013
(bicentenario della nascita sia di Verdi sia di Wagner) è Traviata a cui
il teatro ha dedicato la serata inaugurale del 5 dicembre – preceduta da una
serata di beneficienza il 2 dicembre. Wagner arriverà in primavera con L’Olandese
Volante. La scelta ha il sapore di una sfida alla Scala che il 7 dicembre
2013 con Traviata diretta da Daniele Gatti celebrerà Sant’Ambrogio, la
fine dell’anno verdiano-wagneriano e l’inizio della stagione 2014-2015.
Sotto molti aspetti lo è perché il San Carlo
(addobbato ieri sera con il lusso previsto per le serate di gala e con numerosi
componenti del Governo distribuiti nei palchi centrali ) ha fatto davvero le
cose in grande. Il nuovo allestimento, coprodotto con il Petruzzelli di Bari, è
firmato dal pluripremiato regista cinematografico Ferzan Özpetek, ha le scene
di Dante Ferretti e costumi di Alessandro Lai. Soprattutto la direzione
musicale è affidata al trentatreenne Michele Mariottti, una delle migliori
bacchette di cui dispone oggi l’Italia ed appena reduce da una serie di
applauditissime recite di Carmen al Metropolitan di New York. Di
Ferzan Özpetek mi deluse il suo debutto nella lirica in Aida a Firenze.
E’, senza dubbio, uno degli aspetti di maggior impatto mediatico. Nelle scorse
settimane ha rilasciato numerose interviste sulla sua lettura di Traviata in
chiave “proustiana”. Traviata non necessita di essere ambientata nella
Parigi del 1850 o giù di lì. L’opera è stata ambientata nei più diversi
contesti; già negli Anni Cinquanta Visconti la situò in un contesto di fine
ottocento, più di recente la si è vista tra i grattacieli di New York
(Stoccolma), in un beauty farm, sotto il ponte dell’Alma (Berlino),
durante una ripesa cinematografica dell’opera ai giorni nostri
(Aix-en-Provence). In effetti, ha contenuti drammatici universali (confronto
tra padri e figli, amore carnale e soprattutto il perdono cristiano quale
avvertiti da un “ateo dubbioso” come Giuseppe Verdi).
L’ambientazione proustiana è accurata, ma la Parigi
di Özpetek e di Ferretti assomiglia alla Napoli di Scarfoglio o a una
decadente Istanbul, dati i colori mediterranei degli esterni, le numerose
comparse in abiti ottomani e le mezze lune presenti in due dei tre atti. C’è profumo
di lussuria (e di oppio) nel primo atto, ma il rapporto genitore-figli resta
quasi a margine, la carnalità della relazione tra il giovane provinciale
Alfredo e la coetanea ma molto più esperta Violetta non si avverte e il perdono
resta fuori scena. Senza dubbio, regia, scene e costumi piaceranno a molti
spettatori ma lasciano perplesso chi cerca il significato più intimo di Traviata. Lo
spettacolo, comunque, ha appena iniziato un lungo viaggio e, mantenendo
l’impianto scenico, correzioni di tiro ed aggiustamenti possono essere
effettuati.
Ciò nonostante, la sfida viene lanciata da Michele
Mariotti al suo collega Daniele Gatti che tra un anno dirigerà l’opera alla
Scala. Lo posso scrivere sine ira ni studio perché cinque anni
fa sono stato l’unico commentatore italiano a criticare aspramente il debutto
di Mariotti con Simon Boccanegra a Bologna, partitura
affrontata troppo presto date le caratteristiche del dramma e della scrittura
verdiana nel 1881. Lo ho visto crescere affrontando l’orchestrazione più
smagliante di Mozart (Idomeneo) e uno dei capolavori assoluti del
Novecento “storico” (Il Prigioniero di Dallapiccola). E’ diventato
uno dei migliori direttori d’orchestra a livello internazionale. Per
l’inaugurazione della stagione del San Carlo dirige una Traviata integrale
(priva dei soliti ‘tagli’ di tradizione, quali al secondo atto le cabalette del
tenore e del baritono e a terzo un passaggio d’Addio del Passato) Mariotti
ha trovato piena sintonia con l’orchestra ottenendone, anche grazie
all’acustica del teatro, splendide sonorità (specialmente di violoncelli
e fagotti che danno la tinta appropriata alla tragicità di un lavoro imperniato
sull’ amore paterno e sul perdono).
Nel cast primeggiano tre protagonisti di grande
esperienza: la Violetta di Carmen Giannattasio passa agevolmente dalla
coloratura del primo atto alla “mezza voce” del duetto con Germont padre nel
secondo prima di esplodere in Amami Alfredo. Saimur Pirgu è un
Alfredo dal timbro chiaro e dall’acuto generoso. Vladimir Stoyanov, un Germont
padre struggente specialmente nel soffertoDi Provenza il mare, il
suol. La dialettica tra padri e figli, l’amore non solo sentimentale
ma anche carnale e soprattutto il perdono – ciò che manca alla regia- arriva
dalla buca al palcoscenico. Vale un viaggio a Napoli o più tardi a Bari.
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