PRIMA ALLA SCALA/ L’anello
mancante del "Lohengrin" scaligero
sabato 8
dicembre 2012
Un momento del Lohengrin
Approfondisci
Il “Lohengrin” che ha inaugurato la stagione
2012-2013 del Teatro alla Scala si basa una lettura innovativa, e provocatoria,
annunciata da Ronny Dietrich (drammaturgo) e Claus Guth (regista) in interviste
e conferenze stampa nelle settimane che hanno preceduto la prima dello
spettacolo. Credo sia utile approfondire un anello mancante a cui altri
commentatori daranno meno attenzione : i contenuti cristiani del lavoro del
tutto ignorati nell’interpretazione psico-analitica di Ronny Dietrich e
Claus Guth. Pur se noto sperperatore di denari altrui e seduttore di donne
anche esse altrui, Richard Wagner era a modo suo un luterano religioso e
praticante. Pur nelle profonde differenze delle singole opere c’è un filo che
lega Der fliegende Holländer, Tannhäuser, Lohengrin e Parsifal (scritte
e composte in un arco di circa quaranta anni, dal 1843 al 1882), tre prima di
cominciare a redigere anche il primo testo del Ring e la quarta dopo
il completamento del grande opus e con il presentimento della fine
dell’avventura terrena. Tutte e quattro giustappongono la religione
dell’Occidente, specialmente quelle dei “vecchi Dei germanici” con il
cristianesimo, visto (nel contesto storico dei libretti dei quattro lavori)
come veicolo di modernizzazione anche politica e sociale.
Wagner è sempre stato un convinto e praticamente uomo di Chiesa (in questo senso va letto anche il suo saggio anti-semita scritto proprio quando l’unico direttore d’orchestra a cui affidava il suo ultimo lavoro era Hermann Levi, di stirpe e religione ebrea e a volte giovane compagno di letto della più matura moglie del compositore: era l’antisemitismo della borghesia della Pomerania dell’epoca).
Wagner è sempre stato un convinto e praticamente uomo di Chiesa (in questo senso va letto anche il suo saggio anti-semita scritto proprio quando l’unico direttore d’orchestra a cui affidava il suo ultimo lavoro era Hermann Levi, di stirpe e religione ebrea e a volte giovane compagno di letto della più matura moglie del compositore: era l’antisemitismo della borghesia della Pomerania dell’epoca).
Da giovane, Wagner aveva composto una cantata per
coro ed orchestra sull’ultima cena (Das Liebesmahl Der Apostel) di cui
è difficile trovare una registrazione. Aveva cominciato, mentre lavorava ad
altri progetti e soprattutto al Ring, due opere a carattere religioso:
una sulla vita di Gesù di Nazareth (Jesus von Nazareth, iniziata nel
1849 quando cioè aveva le prime idee sul Ring) e una su quella di
Buddha (Die Sieger, iniziata nel 1855). Del primo è rimasto l’abbozzo
di un libretto in cinque atti (molto fedele ai Vangeli). Del secondo esiste il
testo completo in prosa. Nei due lavori, si intrecciano due temi fondanti: la
tolleranza e la rinuncia.
Essi sono presenti in vario modo nelle quattro
opere compiute. L’argomento di fondo Der fliegende
Holländer (strutturata come un’opera romantica tedesca tradizionale, con
arie, duetti, terzetti, cori ed anche una ballata che occupa buona parte della
seconda scena) è il sacrificio per redimersi dopo il peccato più grave (la
bestemmia). In Tannhäuser, ultima opera “tradizionale”, il tema è
ancora lo scontro tra il mondo del peccato (inteso come lussuria - la praticava
nella vita privata, anche dopo le seconde nozze con Cosima Listz, ma ne sentiva
il peso e il rimorso) dei vecchi Dei (in particolare Venere) e quello del
pentimento e dell’assoluzione data dal Papa in persona.
In Lohengrin, sottotitolato
“grande opera romantica in tre atti” ma in effetti il primo musikdramacaratterizzato
dal sinfonismo continuo (pur nella presenza di numeri “tradizionali” quali la
“cavatina” di Elsa nel primo atto ed il “racconto” del protagonista del terzo,
nonché del duetti nella stanza nuziale sempre nel terzo, vi è una vera e
propria guerra tra i seguaci delle antiche religioni germaniche (omicidi e
dediti alla stregoneria) e il mondo cristiano, di cui la forma più completa è
il lontano tempio del Graal. Questa guerra si svolge mentre si prepara un
conflitto tra i popoli e le genti di origine germanica e gli unni di matrice
uralica che, invasa quella che ora è la pianura dell’Ungheria, marciano verso
la conquista della Germania. Né la guerra tra paganesimo (Ortrud è chiaramente
una pagana dedita alla stregoneria) e cristianesimo (la Fede di Re Enrico, Elsa
e Lohengrin) né la difesa delle terre e della cultura tedesca sono presenti
nella lettura psicoanalitica in scena alla Scala - una lettura per di più che
svela il suo significato unicamente al terzo atto. Resta il terzo elemento
della “grande opera romantica”: l’amore. Mentre in Wagner, però, l’amore è
essenzialmente rapporto totalizzante di fiducia reciproca dei due protagonisti,
in questa versione scaligera Elsa e Lohengrin sono due ‘outsider’ al resto di
una società di capitalismo trionfante, che li annienta , giungendo alla
tragedia finale.
Ho grande stima di Guth di cui ricordo la bella
trilogia Da Ponte – Mozart a Salisburgo a “La Donna senz’ombra” di Richard
Strauss alla Scala la scorsa stagione. E’ pieno di idee per svecchiare il
teatro lirico e portarlo alle nuove generazioni. Temo però che questa volta non
abbia colto nel segno non tanto perché ha smarrito l’elemento patriottico e
religioso così forte in Wagner ma perché , nonostante l’abile recitazione, la
bella scena fissa, e gli ottimi giochi di luce ha reso oscuro un’opera lirica,
invece, limpidissima.
Tanto più che gli elementi fondanti di “Lohengrin”
come lo scrisse e compose Wagner sono colti pienamente nella parte musicale:
dalla concertazione maestosa di Barenboim, dagli accenti mistici ma anche
guerrieri del coro, dalla magnifica vocalità e recitazione di Jonas Kaufmann,
dalla purezza della linea canora di Ann Peterson, dalla forte drammaticità di
Evelyn Herlitzius, alla solennità di René Pape, e al fuoco (forse di fine
carriera) di Tómas Tómasson.
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