Musica Inadatta la regia della Traviata al San Carlo, svetta la direzione
musicale
Ozpetek delude Violetta
Manca l'eros tra i due giovani e non convince la Istanbul ottomana
di Giuseppe Pennisi
Il 5 dicembre è stata
inaugurata la stagione 2012-2013 del Teatro San Carlo di Napoli con una nuova
produzione de La Traviata di Verdi, in scena fino al 15 dicembre. Lo spettacolo
è co-prodotto con il Petruzzelli di Bari, dove approderà fra alcuni mesi. La
regia è affidata a Ferzan Ozpetek, le scene a Dante Ferretti e i costumi ad
Alessandro Lai.
L'allestimento è
il richiamo mediatico dello spettacolo. Tuttavia, pur se applaudito dal
pubblico, lascia perplessi non tanto per lo spostamento d'epoca (all'inizio del
Novecento) quanto per avere ambientato la vicenda in una lasciva Istanbul al
crepuscolo dell'Impero Ottomano, mentre la musica evoca una Parigi nebbiosa
(con neve al terzo atto). Non sono solo il quadro mediterraneo e le mezzelune,
presenti nel primo e nel secondo atto, a non essere adatte a La Traviata, ma
anche la mancanza dell'amore fisico tra i due giovani. L'opera è infatti una
delle rare composizioni di Verdi in cui c'è spazio per questo tipo di eros.
Nella visione di Ozpetek, l'Istanbul inizio Novecento è peccaminosa, Violetta fuma
la pipa (nonostante abbia una tisi avanzata), nella festa a casa sua si
intravedono rapporti saffici, ma i due giovani innamorati si sfiorano
unicamente nel momento del commiato al secondo atto e in quello dell'addio
finale, quando la protagonista muore. La recitazione è da anni cinquanta con
Alfredo che si dichiara a Violetta guardando il pubblico; la giovane e il padre
del suo amato (Germont) restano a 20 metri di distanza nello struggente duetto
del secondo atto. Non mancano finezze cinematografiche quali la disinvoltura
con cui Germont, entrato a casa di Violetta, si siede a gambe incrociate nel
giardino-salotto. Risalterebbero in un primo piano o in un piano all'americana,
ma solo pochi specialisti le notano nel vasto palcoscenico del San Carlo. Nonostante
la regia, sono belli ma fuori luogo le scene di Dante Ferretti e i costumi di
Alessandro Lai. L'esecuzione musicale dello spettacolo è di alto livello. Il
merito è principalmente della direzione del trentatreenne Michele Mariotti, che
offre una Traviata integrale (senza i tagli di tradizione), in piena sintonia
con l'orchestra, ottenendone splendide sonorità (specialmente nei violoncelli e
nei fagotti che danno la tinta appropriata alla tragicità del lavoro). L'eros
che manca in scena palpita in buca fin dall'ouverture e diventa un mesto
rimpianto del preludio al terzo atto. Si sentono particolari che di solito
passano inosservati: alcune strane ma preziose armonie dell'ouverture, i
pizzicati dell'aria di Alfredo al secondo atto, le sincopi di clarinetto e
fagotto che accompagnano il pianto di Violetta prima di Amami Alfredo. La
direzione musicale delinea così, con tragica intensità, la metamorfosi della
prostituta che, attraverso l'amore disinteressato, diventa prima donna, poi
eroina, e infine angelo che vola in cielo. Anche prima dell'addio, il Parigi, o
cara è imbevuta di vera passione. Nel cast primeggiano i tre protagonisti: la
Violetta di Carmen Giannattasio passa agevolmente dalla coloratura del primo
atto alla mezza voce del duetto con Germont padre nel secondo prima di
esplodere in un travolgente Amami Alfredo, il 'sì naturale' che è climax
dell'opera. Saimur Pirgu è un Alfredo di bell'aspetto, dal timbro chiaro e
l'acuto generoso. Vladimir Stoyanov, un Germont padre struggente specialmente nel
sofferto Di Provenza il mare, il suol. (riproduzione riservata)
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