COME
ADATTARSI AD UN MONDO CHE CAMBIA
Edizione completa
Roma - II prossimo governo, quale che
sia la maggioranza parlamentare, dovrà affrontare in primo luogo il problema
della crescita. In materia si è fatto molta confusione: non è un problema
mondiale (anzi l’economia mondiale promette di crescere a tassi attorno al 3,5
per cento l’anno per i prossimi dieci anni), è un problema dell’eurozona e
soprattutto italiano. L’eurozona arranca dal 2005 o giù di lì. E l’Italia è
stata al palo per dieci anni e dal 2008 al 2013 perderà 12-14 punti di Pil. Le
determinanti sono tante: si possono riassumere nella constatazione che l’Italia
ha bassa “efficienza adattiva”. Non sa “adattarsi” al mondo che cambia oppure
non riesce a farlo.
Il mondo è sempre in fase di cambiamento. Chi difende l’esistente perde sempre. Chi si aggrappa al passato perde ancora di più. Il cambiamento di solito porta maggior benessere oppure porta benessere a persone che ne erano escluse. Uno studio appena diramato di Branko Milanovic della Banca mondiale (World Bank Policy Research Working Paper n. 6259) contiene un’analisi rigorosamente quantitativa dell’andamento della distribuzione del reddito dal 1988 al 2008, venti anni caratterizzati dalla globalizzazione. La conclusione è che in questo arco di tempo, per la prima volta dai tempi della rivoluzione industriale si è avuto un declino delle diseguaglianze mondiali (tra l’altro, circa un miliardo e mezzo di persone sono uscite dalla povertà assoluta – un reddito pro-capite di meno di due dollari al giorno). Tale tendenza (un netto miglioramento rispetto a quanto avvenuto, in tema di distribuzione del reddito dal 1830 o giù di lì) continuerà - avverte Milanovic - unicamente se i Paesi a reddito intermedio proseguiranno sul solco della convergenza come hanno fatto specialmente negli ultimi vent’anni e se verrà ripensato lo stato sociale nei Paesi che ancora oggi si considerano “ricchi”. In breve il mondo sta diventando più moderno e più giusto ma pare che non riusciamo ad agganciarsi.
Il recente rapporto No. 3 /2012 del Centro Europa Ricerca (CER) sottolinea che nel 2030 il 40 per cento del Pil mondiale verrà da India e Cina. Lo studio non ricorda un importante lavoro di Angus Maddison: nel 1830, il 41 per cento del Pil mondiale veniva d India e Cina. In sintesi, per circa due secoli, un gruppo relativamente piccolo di Paesi ha fruito del monopolio del progresso tecnologico. Un monopolio gradualmente finito negli Anni Novanta, soprattutto a ragione della tecnologia dell’informazione e della comunicazione.
Cosa fare? Strapparsi i capelli e rotolarsi per terra per la disperazione? Il rapporto CER fornisce alcune indicazioni perché le imprese colgano i frutti del cambiamento dando prova di una maggiore “efficienza adattiva”. Ciò, però, comporta anche una più chiara, più decisa e meno ingarbugliata politica pubblica per l’internazionalizzazione. (ilVelino/AGV)
Il mondo è sempre in fase di cambiamento. Chi difende l’esistente perde sempre. Chi si aggrappa al passato perde ancora di più. Il cambiamento di solito porta maggior benessere oppure porta benessere a persone che ne erano escluse. Uno studio appena diramato di Branko Milanovic della Banca mondiale (World Bank Policy Research Working Paper n. 6259) contiene un’analisi rigorosamente quantitativa dell’andamento della distribuzione del reddito dal 1988 al 2008, venti anni caratterizzati dalla globalizzazione. La conclusione è che in questo arco di tempo, per la prima volta dai tempi della rivoluzione industriale si è avuto un declino delle diseguaglianze mondiali (tra l’altro, circa un miliardo e mezzo di persone sono uscite dalla povertà assoluta – un reddito pro-capite di meno di due dollari al giorno). Tale tendenza (un netto miglioramento rispetto a quanto avvenuto, in tema di distribuzione del reddito dal 1830 o giù di lì) continuerà - avverte Milanovic - unicamente se i Paesi a reddito intermedio proseguiranno sul solco della convergenza come hanno fatto specialmente negli ultimi vent’anni e se verrà ripensato lo stato sociale nei Paesi che ancora oggi si considerano “ricchi”. In breve il mondo sta diventando più moderno e più giusto ma pare che non riusciamo ad agganciarsi.
Il recente rapporto No. 3 /2012 del Centro Europa Ricerca (CER) sottolinea che nel 2030 il 40 per cento del Pil mondiale verrà da India e Cina. Lo studio non ricorda un importante lavoro di Angus Maddison: nel 1830, il 41 per cento del Pil mondiale veniva d India e Cina. In sintesi, per circa due secoli, un gruppo relativamente piccolo di Paesi ha fruito del monopolio del progresso tecnologico. Un monopolio gradualmente finito negli Anni Novanta, soprattutto a ragione della tecnologia dell’informazione e della comunicazione.
Cosa fare? Strapparsi i capelli e rotolarsi per terra per la disperazione? Il rapporto CER fornisce alcune indicazioni perché le imprese colgano i frutti del cambiamento dando prova di una maggiore “efficienza adattiva”. Ciò, però, comporta anche una più chiara, più decisa e meno ingarbugliata politica pubblica per l’internazionalizzazione. (ilVelino/AGV)
(Giuseppe Pennisi) 14 Dicembre 2012
13:23
Nessun commento:
Posta un commento