gli scenari Quell’irresistibile
ascesa del debito sovrano
DI GIUSEPPE PENNISI
P er afferrare il significato dei negoziati paralleli in corso in queste ore a Washington e Tokyo sul debito pubblico nazionale, occorre porli in un contesto più vasto: quello dell’irresistibile ascesa del debito sovrano. I due negoziati differiscono a ragione delle diversità di sistema politico- istituzionale: nella capitale americana, l’esecutivo e il Congresso stanno cercando di giungere ad un accordo per non travalicare i limiti al debito pubblico posti da una legge federale; in quella giapponese, il governo si è impegnato, tramite il ministro delle Finanze Taro Aso, a presentare, entro il 7 gennaio, un programma che, simultaneamente, stimoli la crescita e riduca il peso del debito. Il consigliere speciale di Aso, Koichi Amada, ha anticipato ad una ristretta cerchia di specialisti che si potrebbe porre la Banca nazionale del Giappone sotto la guida del ministero delle Finanze (togliendole l’indipendenza, peraltro limitata, di cui gode) al fine di assicurare una maggiore sinergia tra politica di bilancio e politica della moneta. Le giornate di tensione a Washington e a Tokyo hanno come fondale uno studio della Bri, la Banca dei regolamenti internazionali (ne sono autori Stephen Cecchetti, Madusudan Mohanty e Fabrizio Zampolli) in cui si presentano stime del debito pubblico in rapporto al Pil sino al 2040: senza correttivi energici, allora il debito pubblico di Francia, Italia, Spagna Grecia supererebbe il 400% del prodotto nazionale, quello della Germania (il Paese relativamente più virtuoso) il 300% e quello del Giappone il 600%. Se tale scenario si verificasse, i titoli pubblici di gran Parte dei Paesi 'maturi' varrebbero quanto carta straccia, dato che sarebbe alta la probabilità di insolvenza o esplicita (consolidamento, allungamento pluridecennale delle scadenze) o implicita (strategie inflazionistiche per deprezzare il valore dei debiti). Un lavoro di David Rhodes e Daniel Stelter del Boston Consulting Group ha analizzato, quasi contemporaneamente, cosa si dovrebbe fare per non superare un tetto del 180% del Pil (sempre entro il 2040). Mentre gli Usa possono in parte contare su un aumento della produttività (grazie alla dinamica demografica e al forte accento su ricerca e sviluppo), le prospettive per l’Ue sono terrificanti: l’austerità degli ultimi anni sarebbe l’antipasto di un pranzo ancora più amaro, tale da poter aggravare la situazione se non si trovasse il modo di migliorare la produttività in misura significativa. Rhodes e Stelter si augurano che i Paesi emergenti del G20 vengano in aiuto dell’Europa e del Giappone per evitare il collasso dell’economia internazionale e il rifiorire del protezionismo. In questo quadro, quanto sta avvenendo a Washington e a Tokyo ha un grande impatto su tutti noi. Non solamente, nel breve periodo, se la trattativa Casa Bianca-Congresso ed il programma annunciato in Giappone fallissero ci sarebbero fibrillazioni sui mercati finanziari con un aumento di quella volatilità che comporta forti guadagni per pochi e maggiori difficoltà per molti. Ma, soprattutto, nel medio e lungo periodo, se due dei maggiori Paesi della comunità internazionale non riuscissero ad evitare il baratro del debito, sarebbe molto più arduo per altri individuare un percorso adeguato.
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I negoziati in corso in queste ore in Giappone e Usa sono cruciali anche (e soprattutto) per il futuro dei Paesi europei
di trovare un percorso adeguato.
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