sabato 29 dicembre 2012

Quell’irresistibile ascesa del debito sovrano in Avvenire del 30 dicembre



gli scenari Quell’irresistibile ascesa del debito sovrano


DI GIUSEPPE PENNISI

P er afferrare il significato dei ne­goziati paralleli in corso in que­ste ore a Washington e Tokyo sul debito pubblico nazionale, occor­re porli in un contesto più vasto: quel­lo dell’irresistibile ascesa del debito sovrano. I due negoziati differiscono a ragione delle diversità di sistema po­litico- istituzionale: nella capitale a­mericana, l’esecutivo e il Congresso stanno cercando di giungere ad un accordo per non travalicare i limiti al debito pubblico posti da una legge fe­derale; in quella giapponese, il gover­no si è impegnato, tramite il ministro delle Finanze Taro Aso, a presentare, entro il 7 gennaio, un programma che, simultaneamente, stimoli la crescita e riduca il peso del debito. Il consi­gliere speciale di Aso, Koichi Amada, ha anticipato ad una ristretta cerchia di specialisti che si potrebbe porre la Banca nazionale del Giappone sotto la guida del ministero delle Finanze (togliendole l’indipendenza, peraltro limitata, di cui gode) al fine di assicu­rare una maggiore sinergia tra politi­ca di bilancio e politica della moneta. Le giornate di tensione a Washington e a Tokyo hanno come fondale uno studio della Bri, la Banca dei regola­menti internazionali (ne sono autori Stephen Cecchetti, Madusudan Mohanty e Fabrizio Zampolli) in cui si presentano stime del debito pub­blico in rapporto al Pil sino al 2040: senza correttivi energici, allora il de­bito pubblico di Francia, Italia, Spa­gna Grecia supererebbe il 400% del prodotto nazionale, quello della Ger­mania (il Paese relativamente più vir­tuoso) il 300% e quello del Giappone il 600%. Se tale scenario si verificasse, i titoli pubblici di gran Parte dei Pae­si 'maturi' varrebbero quanto carta straccia, dato che sarebbe alta la pro­babilità di insolvenza o esplicita (con­solidamento, allungamento pluride­cennale delle scadenze) o implicita (strategie inflazionistiche per deprez­zare il valore dei debiti). Un lavoro di David Rhodes e Daniel Stelter del Bo­ston Consulting Group ha analizzato, quasi contemporaneamente, cosa si dovrebbe fare per non superare un tetto del 180% del Pil (sempre entro il 2040). Mentre gli Usa possono in par­te contare su un aumento della pro­duttività (grazie alla dinamica demo­grafica e al forte accento su ricerca e sviluppo), le prospettive per l’Ue so­no terrificanti: l’austerità degli ultimi anni sarebbe l’antipasto di un pran­zo ancora più amaro, tale da poter ag­gravare la situazione se non si trovas­se il modo di migliorare la produtti­vità in misura significativa. Rhodes e Stelter si augurano che i Paesi emer­genti del G20 vengano in aiuto del­l’Europa e del Giappone per evitare il collasso dell’economia internaziona­le e il rifiorire del protezionismo. In questo quadro, quanto sta avvenen­do a Washington e a Tokyo ha un gran­de impatto su tutti noi. Non sola­mente, nel breve periodo, se la tratta­tiva Casa Bianca-Congresso ed il pro­gramma annunciato in Giappone fal­lissero ci sarebbero fibrillazioni sui mercati finanziari con un aumento di quella volatilità che comporta forti guadagni per pochi e maggiori diffi­coltà per molti. Ma, soprattutto, nel medio e lungo periodo, se due dei maggiori Paesi della comunità inter­nazionale non riuscissero ad evitare il baratro del debito, sarebbe molto più arduo per altri individuare un per­corso adeguato.

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I negoziati in corso in queste ore in Giappone e Usa sono cruciali anche (e soprattutto) per il futuro dei Paesi europei
di trovare un percorso adeguato.

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