sabato 8 dicembre 2012

All’unione bancaria rimane un solo (fragile) pilastro in Avveniire 9 dicembre



All’unione bancaria rimane un solo (fragile) pilastro


DI GIUSEPPE PENNISI L’ aspetto più visibile della riunione del 13 dicembre dei ministri economici e finan­ziari dell’Unione Europea è l’operazione di riscatto ( buy back) per facilitare la riduzio­ne del peso del debito pub­blico della Grecia e l’even­tuale programma di suppor­to delle banche cipriote 'con­tagiate' dei titoli tossici degli istituti ellenici. L’Italia, che ha già contribuito potenzial­mente con circa 65 miliardi di euro ai 'salvataggi' della zona euro, si attende una contropartita al momento della definizione del bilancio Ue per i prossimi 7 anni. Lu­nedì e martedì, Piazza Affari, già nervosa per il complicato quadro politico interno, sarà ancora più in fibrillazione in attesa delle decisioni che si prenderanno a Bruxelles.

L’aspetto più significativo, e di cui meno si parla in quan­to è anche il più complesso, è il futuro dell’unione banca­ria, cioè l’insieme di misure per uniformare alcune chia­vi del funzionamento delle banche dell’eurozona e rafforzarne le difese recipro­che. Nelle intenzioni iniziali, l’unione bancaria avrebbe dovuto avere tre pilastri: un sistema comune di supervi­sione affidato alla Banca cen­trale europea; un meccani­smo comune di tutela del de­positi; procedure comuni per la risoluzione di crisi banca­rie nella zona euro e, meglio ancora, nell’intera Ue.

Dall’inizio della trattativa è parso evidente che oggi non c’è la volontà politica di pro­cedere verso azioni comuni per la soluzione di crisi ban­carie: il fondo salva-Stati Esm (European stability mecha­nism) è stato concepito e di­mensionato per i debiti 'so­vrani'. Non è la Germania a frenare (al contrario Berlino spinge per un accordo che potrebbe aiutare alcune sue banche). Sono un po’ tutti i Paesi dell’Eurozona a temere il pullulare di nuove crisi ban­carie (in Spagna, Irlanda, Gre­cia) non appena siano state definite procedure per inter­venti comuni. Anche in materia di tutela co­mune dei depositi, il cammi­no è parso tanto lungo ed ac­cidentato che la trattativa concreta è stata rinviata a tempi migliori. I depositi bancari nella zona euro am­montano a circa 6mila mi­liardi di euro (il 75% è al di sotto dei 100.000 di euro, la soglia mediamente garanti­ta). Una garanzia comune, quindi, richiederebbe un no­tevole impegno finanziario: gli Stati e le banche dell’Ue, guardando ai propri conti, sono parsi generalmente ben lieti di accantonare discus­sioni concrete. Quindi, dei tre pilastri uno so­lo è rimasto in ballo: la su­pervisione. Le proposte della Commissione Europea trac­ciano un percorso di gradua­le accentramento delle fun­zioni di supervisione dalle autorità nazionali (le diverse banche centrali) alla Bce. Ci sono varie alternative tecni­che. All’Eurogruppo del 4 di­cembre c’è stato un vero e proprio scontro tra Germa­nia e Francia sul ruolo della B­ce in materia di supervisione. Serpeggia l’eventualità di un ricorso della Repubblica fe­derale alla Corte di Giustizia Europea sulla compatibilità delle funzioni che si vorreb­bero attribuire alla Bce ri­spetto al trattato di Maastri­cht, al Fiscal Compact e via discorrendo. Quindi, pure il terzo pilastro pare molto tra­ballante.

Questi i nodi. L’Eurogruppo deve però porsi un interroga­tivo decisamente politico: creata la zona euro (forse non nel migliore dei modi) sino a quando potrà sopravvivere senza regole comuni nei de­licati comparti delle garanzie per i depositi e la supervisio­ne bancaria e senza un mec­canismo per fare fronte alle crisi?

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verso l’Eurogruppo


Il progetto di garanzie sui depositi e meccanismi anti-crisi è subito morto E si litiga sulla supervisione alla Bce



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