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martedì 9 ottobre 2012
Tobin tax, un "bluff" che nasconde i guai dell’Europa in Il Sussidiario 10 ottobre
FINANZA/ Tobin tax, un "bluff" che nasconde i guai dell’Europa
Giuseppe Pennisi
mercoledì 10 ottobre 2012
Foto Fotolia
Approfondisci
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I mercati hanno reagito benino ieri alla visita del Cancelliere Merkel in giacca verde ad Atene, mentre la città era travagliata da dimostrazioni di ogni tipo. Ma non si sono curati dell’Ecofin. Il comunicato dell’Ecofin, da parte sua, è molto scarno: il primo e il secondo paragrafo riguardano alcune modifiche al programma europeo di assistenza al Portogallo (con rinnovati inviti a Lisbona di mettere la propria casa in ordine al più presto); il terzo riguarda l’imposta sulle transazioni finanziarie internazionali (la cosiddetta
Tobin Tax
, nonostante lo stesso James Tobin l’abbia ripudiata come “un errore giovanile”): verrebbe adottata, nell’ambito di una “cooperazione rafforzata”, da Austria, Francia, Grecia, Germania, Portogallo, Slovenia e, in un domani non lontano, da Estonia, Italia, Spagna e Slovacchia. Il comunicato include, in allegato, una “bozza di documento” su questioni specifiche e tecniche (dall’accordo con le Isole Mauritius sulla pesca all’applicazione dell’Iva sulle telecomunicazioni).
Così come consegnata, la
Tobin Tax
all’europea avrà l’effetto della somministrazione di un’aspirina (invece di una corsa al tavolo operatorio) per un ammalato di tumore maligno; infatti, viene imposta su trasferimenti bancari, obbligazioni e azioni, ma non su titoli “atipici” come i pacchetti di derivati.
Il comunicato è scarno perché la riunione è stata scarna e non ha toccato i problemi veri sul tappeto. In primo luogo, l’Ecofin di settembre è sempre stato quello in cui i 27 hanno forgiato la propria posizione per l’imminente assemblea del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale. Quest’anno l’Europa è sul banco degli accusati: le si addebita l’incapacità di risolvere la propria crisi di debito sovrano e di rallentare l’economia mondiale. Difficile vedere se ci sarà una risposta univoca, un coro a cappella o tanti voci separate. La terza ipotesi appare la più probabile, con il risultato di indebolire ulteriormente la “missione impossibile” datasi dall’Ue: difendere il “titolo” ad avere 5 seggi su 24 nei Consigli d’amministrazione di Banca mondiale e Fmi.
In secondo luogo, è da chiedersi se i Ministri convenuti all’Ecofin (o il fiume di “barracuda esperti” che li accompagna) abbiano letto l’ultimo “Rapporto” della Banca centrale europea con le deludenti prospettive di crescita, in gran parte collegate alle misure “non convenzionali” di politica monetaria adottate sia dalla Bce, sia dalla Federal Reserve.
Questo argomento avrebbe dovuto occupare l’intera sessione dell’Ecofin non tanto perché se ne sono interessati, in un malizioso editoriale, quei “ragazzacci” dell’
Economist
, ma perché la Bce e la Fed verranno messe sulla graticola a Tokio, dove stanno iniziando i lavori preparatori dell’assemblea di Fondo e Banca e l’11 ottobre si riunirà il G7. In breve, l’efficacia delle misure “non convenzionali” è sul banco degli imputati. Lo scrive anche il Working Paper n. 384 della Banca dei Regolamenti Internazionali (Bri), di cui sono autori oltre a Leonardo Gambacorta della Bri e Gert Peersman della Università di Ghent anche Boris Hofmann del servizio studi della stessa Bce. Il lavoro ammette con franco candore che le misure non hanno avuto effetti di sostanza sulla produzione, non maggiore di quelli che si sarebbero potuti attendere da “misure convenzionali” .
Un altro studio Bri, il Working Paper n. 388, sulla base dell’esperienza in 24 paesi Ocse mostra che effetti ci sarebbero stati se il settore privato avesse ridotto il proprio indebitamento - ciò è avvenuto soltanto in alcuni paesi. Nel frattempo, proprio come sostengono i “boys” dell’
Economist
, le misure “non convenzionali” hanno distorto i segnali provenienti dai mercati finanziari e rendono più difficili non solo la gestione della politica economica, ma anche la conduzione delle imprese.
Che i ministri se la vogliano cavare, mandando Draghi e Bernanke a fare la fine di Santo Stefano? Sono stati proprio loro a incoraggiare le banche centrali sulla via delle misure “non convenzionali”. Le poche parole del comunicato forse celano l’imbarazzo di non avere né una politica, né una strategia, né un programma comune.
© Riproduzione Riservata.
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