sabato 13 ottobre 2012

I custodi dei conti si convertono alla crescita in Avvenire 14 ottobre



I custodi dei conti si convertono alla crescita


DI GIUSEPPE PENNISI P ochi se lo aspettavano: una luce verso la risoluzione dei nodi più acuti del debito sovrano europeo è venuta dall’assemblea del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale di Tokyo. Segni concreti si sono avuti alla tavola rotonda (quindi un seminario tecnico al di fuori delle riunioni ufficiali) a cui commentatori e giornalisti europei hanno potuto assistere in

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Già nei giorni precedenti, però, il direttore generale del Fondo, Christine Lagarde, aveva ammonito che «senza crescita in Europa, l’economia mondiale sarà in seria difficoltà». Le aveva fatto eco il ministro delle Finanze del Brasile: «Misure draconiane sono controproducenti e hanno la tendenza di operare come un boomerang ».

Numerose voci ufficiali, pure degli Stati Uniti, si sono levate in favore di una dilazione temporale del programma di riassetto della Grecia (irritando il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, il quale insiste perché si aspetti almeno il rapporto della troika). Più importanti di queste informazioni di cronaca è esaminare cosa ha indotto il Fondo monetario, di solito presentato come arcigno difensore dell’ortodossia e dell’austerità, a mutare atteggiamento. Una risposta sta nella analisi del servizio studi, diretto da Olivier Blanchard.

Ricerche recenti mostrano che il «moltiplicatore fiscale» (il cambio di passo nella crescita del Pil risultante da modifiche strutturali del bilancio pubblico) è molto più forte di quanto si ritenesse in passato: si aggirerebbe non sullo 0,5% (come generalmente ritenuto) ma su un range che va dallo 0,9% all’1,7%.

Di conseguenza una riduzione del disavanzo strutturale di un punto percentuale del Pil potrebbe provocare una contrazione della crescita quasi del 2%. Lo stesso Blanchard sussurra che il consolidamento della finanza pubblica in Europa è «ampio e significativo, ma anche negativo». E tale, quindi, da avere ripercussioni sull’intera economia internazionale. Un’altra risposta sta nel fatto che, nella crisi dell’euro, il Fondo monetario si gioca la faccia.

L’istituzione pareva aver perso ruolo e funzioni all’inizio del terzo millennio, la crisi dell’euro lo riporta al centro della scena e gli offre l’opportunità di acquistare una credibilità che sembrava avere perduto. «È essenziale – sottolinea Esward Prasad dell’Università di Cornell – che Fondo e Banca, dopo avere mostrato la loro utilità in tanti anni, dimostrino di sapere essere efficaci ed efficienti in un mondo in rapido cambiamento e che i Paesi emergenti ne apprezzino il loro ruolo: la crisi dell’Eurozona è un importante banco di prova perché gli emergenti rischiano di essere fortemente danneggiati da una depressione in Europa».

C’è infine un terzo elemento. Il rapporto annuale del Fondo ( World Economic Outlook, Weo), presentato questa settimana, pone l’accento sulla distribuzione dei redditi e sulla crescita «inclusiva». Come si concilia con un’Europa le cui piazze sono in fiamme? E ci sono indicazioni specifiche per l’Italia? Gli inviati al seguito della delegazione italiana hanno riferito gli apprezzamenti ricevuti per il programma di riassetto iniziato. C’è, però, un punto essenziale: il terzo capitolo del Weo analizza la dinamica dei debiti sovrani mondiali nell’ultimo secolo sulla base sia di dati aggregati sia di «casi di studio». Il messaggio è chiaro: misure straordinarie per abbatterlo hanno il fiato corto. L’analisi è stata presentata a un seminario in Banca d’Italia lo scorso 10 ottobre.

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Il Fondo cambia atteggiamento e dopo il rigore adesso spinge sulle politiche per lo sviluppo E spunta un report che boccia le misure straordinarie per abbattere il debito pubblico



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Christine Lagarde

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