mercoledì 24 ottobre 2012

LA PRESSIONE FISCALE AUMENTA IL PESO DEL DEBITO E SCATENA LA RIVOLTA in Il Velino 25 ottobre



LA PRESSIONE FISCALE AUMENTA IL PESO DEL DEBITO E SCATENA LA RIVOLTA
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Roma - Inizia in questi giorni il dibattito sulla ‘legge di stabilità’ ed il conseguente aumento della pressione fiscale. Il ministro dell’Economia e delle Finanze, Vittorio Grilli, è parso, nelle audizioni, un po’ come l’ultimo dei Mohicani: contro tutti, ha sostenuto – probabilmente per obbligo d’istituto (e senza crederci neanche lui), che per oltre il 90 per cento degli italiani, la norma (se approvata tale e quale come presentata dal Governo) ridurrà, non aumenterà, il carico tributario sui singoli, mentre, dati alla mano, Istat, Corte dei Conti ed i maggiori istituti di ricerca, hanno dimostrato che lo aggraverà, soprattutto sulle famiglie a basso reddito e con prole a carico. L’aumento della pressione fiscale non è né un bene né un male in sé stesso. Dipende da quali sono gli effetti sull’economia: di norma la rallenta. Un’analisi del Fondo monetario internazionale (non certo un’istituzione che ama gli spendaccioni) dimostra che in Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna, il maggiore fardello fiscale dal 2008, a ragione dei vari programmi di austerità, ha causato aumenti consistenti del rapporto tra debito pubblico e Pil. Per carità di Patria non parliamo dell’Italia: dal 2008 il Pil ha perso più di dieci punti percentuali con il risultato che oggi il debito pubblico ‘pesa’ molto di più di quando cominciammo a marciare per entrare nella pattuglia di testa dell’unione monetaria.

Lee Buchleit, l’esperto, che per conto dello studio legale internazionale Cleary, Gottfield, Steel & Hamilton, ha contribuito a risolvere i nodi del debito sovrano in numerosi Stati dell’America Latina, afferma che l’Europa si è messa sulla corsia sbagliata: “Occorrono misure per alleggerire il debito”, fornire nuovi finanziamenti e promuovere la crescita. In breve seguire la strada adottata alla fine degli anni Ottanta per l’America Latina non quelli presi per l’Asia negli Novanta. Ciò potrebbe comportare sospensione temporanea di alcune regole dell’unione monetarie od un transito (anche esso temporaneo) nello SME II per poi rientrare, quando si è su un chiaro percorso di crescita, nell’area dell’euro. Questo punto è condiviso sempre di più oltre Atlantico nonché dai Brics ed altri Paesi emergenti, ma ha un numero limitato di sostenitori tra i Governi (non tra gli esperti) europei. A far squillare il campanello della sveglia potrà essere la rivolta fiscale già in atto Francia, Portogallo, Spagna e Grecia e nell’aria in Italia.   (ilVelino/AGV)
(Giuseppe Pennisi ) 24 Ottobre 2012 18

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