Il 23 ottobre arriva alla Scala Siegfried,
terza giornata, o puntata, del wagneriano Il Ring.
Le quattro opere verranno presentate integralmente a Milano in giugno: è
una produzione in comune con la Staatsoper di Berlino.
Siegfried è forse, tra le quattro opere de Il Ring
wagneriano, la più difficile da allestire.
È la più breve delle tre “giornate” pur se il prologo, un atto unico,
dura due ore e mezza. Comporta una complicata produzione scenica con
draghi, nani e, come protagonista, un fanciullo quasi imberbe, coperto
solo di pelli (nonché in una lunga scena, quella del bagno nel sangue del
drago, totalmente nudo) ma con la voce da heldentenor (tenore
eroico) che anche i migliori tenori acquistano in piena maturità.
Ben Heppner, uno dei maggiori tenori wagneriani viventi, ha
debuttato nel ruolo a 54 anni ad Aix-en-Provence. Ancora più ardue di quelle
sceniche, le difficoltà musicali.
Con voci quasi interamente maschili nei primi due atti, è opera densa di
descrizioni (la foresta e i suoi misteri) che può essere interpretata (si
riascolti la versione diretta da Karajan) quasi come un dramma pastorale
o una commedia nera in stile fratelli Grimm. Ma ha forti pulsioni eroiche
(si riascolti Furtwangler o Kemp) pur nei toni talvolta di un idillio
quasi intimista (nelle letture di Solti, Boulez e Bohm). Inoltre, c’è uno
stacco netto tra i primi due atti e gran parte del terzo, dove domina
l’incredibilmente libidinosa (per metà Ottocento) scena finale.
Del resto trascorsero 12 anni prima che, completato il resto, Wagner
componesse questa parte conclusiva. L’analisi della struttura del terzo
atto e in particolare dell’ultima scena mostra, invece, che per trovare
note e accordi, Wagner sarebbe dovuto scendere nell’eros e thanatos di Tristan
und Isold, caratterizzato da una scrittura quasi interamente
cromatica con accenti tali da anticipare la dodecafonia. E risalire
nell’esplosione di gioia di vita e di tolleranza tutta diatonica dei
Meistersinger.
L’ultima scena di Siegfried ha un impasto cromatico su una
struttura diatonica, inconcepibile prima delle due opere pensate e
composte nei 12 anni di interruzione de Il Ring. Ucciso il drago,
bagnatosi nel suo sangue, conquistato l’anello che dona l’onnipotenza,
spezzata la lancia allo stesso re degli dei, attraversato un muro di
fiamme, il giovane Siegfried si trova davanti a qualcosa che non ha visto
prima: una donna addormentata (Brunhilde). Si accorge della differenza
quando le apre la corazza. Ha, per la prima volta nella sua vita, paura.
Al ragazzo in procinto di diventare uomo, Brunhilde spiega la differenza
tra generi e diventa la sua compagna.
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